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Meloni “basita” da Catania, scontro con la magistratura

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E’ di nuovo scontro aperto fra Palazzo Chigi e i magistrati. Questa volta Giorgia Meloni affida ai social, anziché alle “fonti” anonime che tante critiche hanno sollevato a inizio estate, la sua irritazione davanti alla sentenza di Catania con cui la giudice Iolanda Apostolico non ha convalidato il trattenimento di tre tunisini ritenendo le nuove regole, appena varate dal governo, in contrasto con la normativa europea. Ma di fronte alle parole della premier, “basita” per la sentenza dalle motivazioni “incredibili”, prima l’Anm e poi 10 togati del Csm si schierano a difesa della collega, finita nel mirino anche di tutto il centrodestra che vuole portare il caso in Parlamento.

Mentre le opposizioni condannano l’ennesimo “scontro istituzionale”, oramai, secondo i Dem, “anticamera dell’eversione”. Accanto alla giudice si schiera fin da subito l’Associazione nazionale magistrati di Catania (cui si affianca anche l’Anm di Milano), che definisce Apostolico “persona perbene” e osserva che “il rapporto tra potere esecutivo e giudiziario andrebbe improntato a ben altre modalità”. Mentre la stessa giudice si chiama fuori dalle “polemiche” perché la questione è giuridica, e “impugnabile” e non deve essere trasformata in una “questione personale”. Si tratta di una “grave delegittimazione professionale” fanno intanto quadrato i consiglieri del Csm che hanno avviato una raccolta di firme a tutela della giudice di Catania, che secondo la premier si è “scagliata” contro un provvedimento del governo “democraticamente eletto”. Non si ferma lì, Meloni, che torna a puntare il dito contro quel “pezzo di Italia”, non meglio identificato, che “fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale. E non parlo solo della sinistra ideologizzata e del circuito che ha i propri ricchi interessi nell’accoglienza”.

Senza contare gli “altri Stati” che “lavorano nella direzione diametralmente opposta” a quella del governo italiano, impegnato a fronteggiare gli sbarchi illegali. La premier, che finora non si era espressa sulla vicenda, scrive su tutti i suoi social di primo mattino. Mentre a Pozzallo il Cpr si sta svuotando proprio in conseguenza di quella sentenza. E ad alimentare la reazione muscolare di governo e maggioranza – mentre al ministero dell’Interno stanno studiando gli estremi per il ricorso in Cassazione – contribuisce anche la ricostruzione del Giornale di alcuni post contro Matteo Salvinicondivisi sulla bacheca Fb della giudice che avrebbe poi cancellato il suo profilo. Una chiusura “a orologeria”, attacca la responsabile migranti di Fdi Sara Kelany, preannunciando una iniziativa (ancora si sta valutando tra gli strumenti a disposizione dei parlamentari se procedere con una interrogazione, una interpellanza urgente o altro) per capire “se siano stati travalicati i limiti” fissati dalla Costituzione che “impone che ogni processo si svolga di fronte ad un giudice terzo ed imparziale”.

La Lega annuncia intanto una “interrogazione al ministro della Giustizia” Carlo Nordio, “alla luce di quanto letto sui giornali”. “Meloni la smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il Paese”, risponde a caldo Elly Schlein, additando il governo di cercare “un nemico al giorno per nascondere le proprie responsabilità”. E le sue parole, le fa eco il capogruppo al Senato Francesco Boccia, “fanno il paio con quelle di Salvini di ieri che dice interverremo sulla magistratura. Questo è l’anticamera dell’eversione”. E’ “così, scagliandosi contro migranti e giudici, che Polonia e Ungheria si sono poste fuori dallo Stato di diritto”, incalzano anche da +Europa, mentre Giuseppe Conte sottolinea i “bluff” della premier che di fatto ha “fallito” sulle politiche migratorie.

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Pioli più lontano, forse è Conte il nuovo allenatore del Napoli

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La panchina del Napoli potrebbe presto vedere un cambio significativo con due grandi nomi del calcio italiano in lizza per il ruolo di allenatore capo: Antonio Conte e Stefano Pioli. Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha un chiaro favorito tra i due: l’ex allenatore di Inter e Juventus, Antonio Conte, considerato l’uomo ideale per avviare un nuovo ciclo vincente al club.

Secondo quanto riportato da “La Repubblica”, De Laurentiis è disposto a offrire a Conte un contratto triennale con un compenso sostanzioso e piena libertà di manovra sul mercato, nella speranza di sedurre il tecnico toscano, che sembra attendere offerte da club di maggior prestigio europeo.

Nonostante l’interesse per Conte, il Napoli non ha escluso altre opzioni. Stefano Pioli, che recentemente sembrava perdere terreno, rimane una valida alternativa. Anche Gian Piero Gasperini è stato menzionato come possibile candidato, sebbene per ora rimanga solo un’ipotesi.

Il Napoli, dopo una stagione al di sotto delle aspettative, è alla ricerca di un rinascimento che possa rinvigorire la squadra e riacquistare la fiducia dei tifosi. La rosa attuale è considerata competitiva, e Conte, se dovesse accettare l’incarico, ha richiesto di mantenere i giocatori chiave, ad eccezione di quelli in partenza come Zielinski e Osimhen.

Il futuro allenatore del Napoli avrà il compito di ripristinare il morale e ottimizzare le prestazioni di una squadra che, nonostante le difficoltà, lotta ancora per un posto nelle competizioni europee. La decisione finale sull’allenatore sarà probabilmente annunciata al termine della stagione, quando il club avrà un quadro più chiaro delle sue prospettive europee e potrà pianificare con maggiore certezza il futuro.

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Britney Spears patteggia col padre Jamie, paga le spese legali

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Britney Spears e il padre Jamie non andranno al processo sul pagamento delle spese legali che lui ha sostenuto nella pluriennale battaglia per mantenere la figlia sotto tutela legale. Secondo il sito di gossip Tmz, alla cantante non toccherebbe neanche un centesimo, mentre starebbe ora a lei pagare i costi degli avvocati di lui, pari, secondo alcune fonti, a due milioni di dollari.

L’intesa, siglata dai legali delle parti presso la Superior Court di Los Angeles e i cui termini economici non sono stati in realta’ ufficialmente resi noti, arriva piu’ di due anni dopo la liberazione di Britney dal ferreo controllo legale che dal 2008, dopo un paio di molto pubblicizzati episodi di crollo mentale, Jamie aveva esercitato su ogni aspetto della sua vita. Sempre secondo Tmz, che per primo ha dato la notizia dell’accordo, la cantante sarebbe furiosa: il suo avvocato Mathew Rosengart le aveva assicurato di avere la vittoria in tasca, mentre sarebbe lei adesso a dover aprire il portafogli.

Sembra dunque lontana una riconciliazione sul fronte degli affetti. “Jamie ama moltissimo Britney e non vorrebbe altro che tornare ad essere una famiglia con lei”, ha detto l’avvocato de padre, Alex Weingarten. Ufficialmente pero’ un altro capitolo della vita di Britney e’ finalmente chiuso. “Anche se la tutela legale e’ stata revocata nel novembre 2021, il desiderio di Britney di liberta’ e’ ora veramente completo”, ha detto Rosengart: “La liberta’ include anche non dover piu’ avere a che fare con i tribunali a causa di questa vicenda”.

Jamie Spears aveva chiesto alla magistratura di far pagare a Britney le spese legali da lui sostenute nel contenzioso. La pop star si era opposta sostenendo che il padre si era autostipendiato per oltre sei milioni di dollari durante i 13 anni della custodia legale, aveva impropriamente messo la figlia sotto sorveglianza e compiuto vari pasticci finanziari. “Le parti hanno risolto le questioni in sospeso”, ha detto Weingarten, mentre Jamie si e’ detto “felice che ora sia tutto finito”, pur essendo “dispiaciuto delle accuse irresponsabili fatte nei suoi confronti in pubblico”.

Il patteggiamento chiude dunque senza troppo clamore una vicenda per anni sotto i riflettori dei media in cui accuse e vetriolo erano state scambiate tra padre e figlia con Britney che a un certo punto aveva dichiarato in tribunale che avrebbe voluto vedere Jamie in prigione. Un nuovo processo, che avrebbe dovuto cominciare in maggio, e’ stato a questo punto evitato. Dalla fine della tutela legale Britney Spears si e’ sposata e ha divorziato. Ha pubblicato un libro di memorie intitolato The Woman in Me che ha venduto oltre due milioni di copie ma, con l’eccezione di un duetto con Elton John (Hold Me Closer) e un altro con Will.i.am (Mind Your Business), non e’ piu’ tornata a cantare.

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Superbonus, detrazione in 10 anni e controlli ai Comuni

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Estendere la detrazione del Superbonus da 4 a 10, o anche 15 anni. Coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri, con in cambio un ‘premio’ pari al 50% dei maggiori incassi. Poter usare il credito della detrazione per pagare le tasse. Ed estendere le deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura anche ad altre aree colpite da eventi sismici, o alluvionali. Sono alcune delle principali richieste con cui è partito l’assalto dei partiti al decreto Superbonus. Ma dopo gli allarmi piovuti da più parti sull’impatto sul debito della spesa ormai abnorme per il maxi incentivo e sui rischi di un nuovo allentamento, si restringono gli spazi per eventuali modifiche. Su una cosa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è già detto favorevole: l’ipotesi di spalmare le detrazioni sul Superbonus su 10 anni, anziché i 4 attuali.

E proprio in questa direzione vanno diversi emendamenti, anche bipartisan, presentati alla commissione Finanze del Senato, in cui figura anche l’ipotesi di allungare i tempi a 10 o anche a 15 anni. In particolare, alcune proposte avanzate da Fi, Lega, Iv e M5s, riguardano le detrazioni, prevedendo, per le spese sostenute nel 2023, la possibilità di ripartirle in “dieci quote annuali di pari importo”. Opzione possibile attraverso la dichiarazione dei redditi di quest’anno. L’altra strada proroga uno strumento già previsto per le spese del 2022 nel dl Aiuti quater, che agiva sul fronte dei crediti di imposta: gli emendamenti prevedono la possibilità di usarlo anche per i crediti comunicati entro il “4 aprile 2024”, spalmandone così l’utilizzo su dieci anni, anziché sui quattro ordinari. Se la prima strada consentirebbe un ampliamento della platea dei beneficiari, la seconda avrebbe invece un impatto positivo sul debito.

Che, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, resterebbe abbondantemente sotto quota 140%. Riguarda le detrazioni anche la proposta, in due emendamenti uguali di Fi e Iv, di poter trasformare l’importo della detrazione per gli interventi con i bonus edilizi in credito d’imposta: questo permetterebbe al contribuente di usare il credito per pagare non solo l’Irpef ma anche l’Iva, le ritenute, l’Imu, la cedolare secca; salvando così l’ammontare eccedente i limiti dell’imposta (Irpef o Ires) con cui la detrazione è oggi ammessa in dichiarazione. Ma le richieste dei partiti si concentrano anche sull’estensione delle deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura, che il decreto limita alle zone colpite dal sisma del 6 aprile 2009 e 24 agosto 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Una proposta bipartisan chiede di estendere (ma con un tetto alla deroga di 100 milioni per il 2024) la deroga anche alle aree – per cui sia stato dichiarato lo stato d’emergenza – colpite dagli eventi sismici verificatisi dal primo aprile 2009 e dagli alluvioni del 2022 nelle Marche.

Ma le richieste di deroga sono molte e interessano diversi territori colpiti da eventi sismici o alluvionali, dall’Emilia Romagna a Ischia, dal Molise a Calabria e Basilicata, dai Campi Flegrei all’area etnea. E’ firmata dalla Lega, ma nasce da un’idea della commissione, infine, la proposta di coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus. L’emendamento, del presidente della Finanze Massimo Garavaglia, ha l’obiettivo di “potenziare” il contrasto alle frodi e prevede per i Comuni un incentivo pari al 50% delle somme e sanzioni eventualmente incassate. In attesa della scrematura dei 355 emendamenti depositati in commissione, l’esame riprenderà martedì 30 aprile: si partirà dall’emendamento del governo che proroga di 2 mesi (dal 30 aprile al 30 giugno) il termine per i Comuni per approvare i piani finanziari e le tariffe relativi alla Tari. Insieme al subemendamento del Pd che – spiega la senatrice Cristina Tajani, che lo firma – punta a “far salve le delibere già adottate tra maggio 2024 e la data di entrata in vigore del decreto”.

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