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Cronache

Mattarella ricorda Falcone e Borsellino come “motori della riscossa del Paese”

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E’ stata scandita dalle polemiche per motivi politici ma anche dai richiami all’unita’ nella lotta alle mafie, da parte di chi invece si è ritrovato nell’aula bunker del carcere Ucciardone, la commemorazione dell’anniversario della strage di Capaci, dove 27 anni fa furono assassinati, dal tritolo di Cosa nostra lungo l’autostrada, il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i poliziotti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Una cerimonia, come di consueto, animata dalle migliaia di bambini e ragazzi, 1.500 dei quali giunti a Palermo, da Civitavecchia, con la nave della legalita’ per la manifestazione ‘PalermoChiamaItalia’, organizzata dal Miur e dalla Fondazione Falcone, guidata dalla sorella del giudice, Maria Falcone. A dare il segno dell’iniziativa e’ stato il capo dello Stato, Sergio Mattarella che, ricordando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ha sottolineato che “il loro sacrificio e’ divenuto motore di una riscossa di civilta’, che ha dato forza allo Stato nell’azione di contrasto e ha reso ancor piu’ esigente il dovere dei cittadini e delle comunita’ di fare la propria parte per prosciugare i bacini in cui vivono le mafie”. “Riscossa che ha gia’ prodotto risultati importanti, ma deve proseguire fino alla sconfitta definitiva della mafia”, ha esortato. Parole condivise da premier Giuseppe Conte, che ha deposto una corona d’alloro nelle stele che ricorda l’eccidio, gesto compiuto anche dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini: “L’obiettivo del governo e’ chiaro: fare terra bruciata alla mafia”. Ma a segnare la cerimonia sono state le assenze. A quelle annunciate alla vigilia dal governatore della Sicilia Nello Musumeci e dal presidente dell’Antimafia siciliana Claudio Fava s’e’ aggiunta quella di Leoluca Orlando. Dopo aver accolto il premier e il presidente della Camera, Roberto Fico, il sindaco ha lasciato il bunker senza entrare nell’aula per rimarcare la distanza dal ministro Salvini, preferendo raggiungere alcuni giovani radunati in piazza Magione, dove nacque Falcone.

“Chi si divide sulla lotta alla mafia sbaglia, chi usa una giornata di memoria e di futuro per fare la sua piccola battaglia politica sbaglia e fa un torto a Falcone”, la reazione di Salvini. Per il ministro “sono incomprensibili le polemiche e le assenze di certa sinistra, che non sono un’offesa a me ma alla memoria di Giovanni Falcone e di tutte le eroiche vittime della mafia”. Definendo “poveretti” gli assenti. Comprendendo “alcune delle motivazioni addotte per giustificare la propria assenza”, il presidente dell’Antimafia, Nicola Morra, ha ricordato “a tutti il dovere dell’unita’ per fronteggiare una bestia che si chiama mafia”. Ha richiamato alla “compattezza” anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, mentre per Maria Falcone “le polemiche sono inutili, proprio in quest’aula che rappresenta la prima vittoria dello Stato”. “Uniti tutti dalla stessa parte ma con lungimiranza” l’auspicio del presidente della Camera, Roberto Fico, che ha lanciato l’idea di “un piano Marshall contro le mafie, per chiudere con questa storia” attraverso “un’azione congiunta di tutti i ministeri”. Perche’, ha sottolineato Salvini, “la mafia ormai e’ ovunque, non appartiene piu’ solo a pochi luoghi, e bisogna saper denunciare perche’ chi tace e’ complice”. Ricordando sempre Falcone e Borsellino, “due super eroi – ha affermato il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti – che non avevano i super poteri”. Chi ha deciso di non prendere parte alla cerimonia per contestare la presenza di Salvini, ha organizzato un’altra manifestazione alla Casina “No mafia” di Capaci, da dove i mafiosi innescarono l’ordigno che esplose il 23 maggio del 1992. La giornata della commemorazione si e’ chiusa sotto l’albero Falcone con il minuto di silenzio scattato alle 17.58, ora in cui 27 anni fa ci fu la strage di Capaci.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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