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Maradona, ancora omaggi e liti per l’eredità

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Atmosfera carica di commozione allo stadio del Bosque, dove il Gimnasia y Esgrima di La Plata, la squadra che era allenata da Diego Armando Maradona ha affrontato l’Huracan in un match del torneo intitolato all’ex fuoriclasse morto il 25 novembre scorso. Per il Gimnasia e’ stata la prima partita giocata in casa da quando il suo tecnico non c’e’ piu’, e anche se il pubblico non era ammesso per via delle restrizioni da Covid c’erano ugualmente due spettatrici d’eccezione, Dalma e Giannina, le due figlie del ‘Pibe’. Prima del fischio d’inizio sono scese in campo e hanno ricevuto delle maglie della squadra su cui c’era anche il volto del padre e, com’era prevedibile, si sono commosse fino alle lacrime. Poi ci sono stati anche inni, striscioni e perfino fuochi di artificio. La partita e’ finita 0-0 e il Gimnasia ha dato l’impressione di non esserci ancora ripreso dallo shock emotivo della perdita subita. Qualcuno ha definito questa partita, e il risultato “un penoso patto di non aggressione”. Intanto, a proposito di Dalma e Giannina, il quotidiano ‘La Nacion’ continua a scrivere sulla saga dell’eredita’, alla quale le due ragazze non avrebbero diritto se e’ vero che il padre le aveva diseredate, e delle pretese portate avanti da presunti figli non riconosciuti che vorrebbero far valere i loro diritti.

Secondo alcuni media locali, tra loro ci sarebbe chi, pur di portare avanti la richiesta, sarebbe pronto a chiedere di riesumare la salma di Maradona per poter fare il test del Dna, eventualita’ che comunque non sembra probabile. Invece da Cuba, dove l’ex capitano del Napoli avrebbe avuto tre figli da due donne diverse, non giungono notizie. In ogni caso, l’avvocato Matias Morla, nemico giurato di Dalma e Giannina, ha smentito di voler assumere la difesa di coloro che sostengono di essere i figli naturali di Maradona. Quanto all’indagine della magistratura sulle modalita’ con cui l’ex ‘Pibe de oro’ e’ stato assistito dopo essere stato dimesso dalla clinica in cui era stato operato per un ematoma subdurale, non ci sono per ora nuove persone ‘a conoscenza dei fatti’ oltre al neurochirurgo Leopoldo Luque e alla psichiatra Agustina Cosachov. Prima di andare avanti si attendono i risultati degli esami tossicologici e istopatologici affidati a un panel di esperti. E commozione hanno destato anche le parole di Pedro Monzon, difensore all’epoca dell’Independiente e in campo con Maradona nella finale dei Mondiali di Italia ’90. Si e’ fatto tatuare il volto dell’ex compagno sul braccio destro perche’, ha spiegato commosso, “e’ stato il piu’ grande anche come uomo, e a me ha salvato la vita. Avevo problemi di alcol e depressione, un giorno lo chiamai, lui venne subito e le sue parole mi convinsero a non farla finita”.

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Allarme di Macron: l’Europa è accerchiata, può morire

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Un grido di riscossa contro il rischio che l’Europa muoia: a meno di due mesi dalle elezioni europee del 9 giugno, Emmanuel Macron invoca un sussulto collettivo per l’affermazione di un’Unione più forte, prospera e fedele a quegli stessi valori umanistici che l’hanno resa grande nel mondo. Un appello alla mobilitazione generale, quello del presidente francese eletto nel 2017 sulle note dell’Inno alla Gioia, per la definitiva uscita dall’ingenuità e l’avvento di una “Europa potenza”, in grado di rispondere alle sfide del nuovo millennio, a cominciare da un necessario “cambio di passo” sulla difesa comune.

A sette anni dal suo primo discorso per “un’Europa sovrana, unita e democratica” alla Sorbona, solo pochi mesi dopo la sua prima vittoria all’Eliseo, Macron è tornato nell’antica università parigina per tracciare un bilancio dei progressi realizzati finora (tra cui il piano di rilancio NextGenerationEU che ha introdotto per la prima volta una forma di mutualizzazione del debito al livello dei Ventisette) e definire gli orientamenti da lui auspicati per l’avvenire. Un intervento fiume durato quasi due ore e nel corso del quale ha citato più volte tre ex premier italiani, Enrico Letta, Mario Draghi e anche Matteo Renzi. Nell’auditorium gremito della Sorbonne, di fronte allo Square Painlevé dove sorge l’antica lupa capitolina simbolo del gemellaggio tra Roma e Parigi, erano presenti 500 invitati, tra cui il premier Gabriel Attal, i principali ministri del governo, il commissario Ue Thierry Breton, nonché gli ambasciatori degli altri 26 Stati membri dell’Unione.

“La nostra Europa è mortale, può morire”, scongiurare questa prospettiva “dipende unicamente dalle nostre scelte, ma vanno fatte ora”, ha ammonito il leader francese, descrivendo un’Unione “accerchiata” davanti alle potenze regionali e i venti di guerra tornati a soffiare sul Vecchio continente dopo l’aggressione russa in Ucraina. Dinanzi a questi scenari, ha avvertito, serve “un cambio di paradigma profondo, essenziale”, con un programma strategico “credibile” sulla difesa. Macron è tornato ad insistere sulla necessità di nuove forme di debito comune per investire nel settore militare, nonché l’introduzione di una “preferenza europea”, una sorta di clausola ‘Made in Europe’ per lo spazio e della difesa. Il consolidamento della nostra industria difensiva “è una necessità”, ha martellato, deplorando che oggi l’Europa continui ad acquistare l’80% del suo arsenale da potenze straniere tipo Usa o Corea del Sud.

Quanto alle politiche migratorie, cavallo di battaglia dell’estrema destra in vista del voto Ue (oggi il Rassemblement National di Marine Le Pen stacca di almeno dieci punti il partito presidenziale Renaissance), Macron ha esaltato il patto sull’asilo recentemente approvato a Strasburgo e invocato un’Europa che riprenda “il controllo delle proprie frontiere”, proponendo una “struttura politica” continentale, un “consiglio Schengen” che decida “efficacemente” su migranti, criminalità e terrorismo. Sul fronte economico, il presidente bersagliato in questi ultimi mesi dalle opposizioni per lo stato allarmante delle finanze pubbliche francesi (con un rapporto deficit/Pil schizzato al 5,5% nel 2023, ben al di sopra delle previsioni) ha chiesto “uno shock di investimenti comuni”, ma anche l’introduzione di un “obiettivo di crescita”, oltre al contenimento dell’inflazione. Dinanzi alla concorrenza di Usa e Cina, che “non rispettano” le regole, il leader francese propone “una deroga alla libera concorrenza” su alcuni settori strategici, come l’intelligenza artificiale e le tecnologie verdi.

Evocando il rischio di un distacco economico rispetto a Pechino e Washington, Macron si è detto tra l’altro “favorevole” all’ultimo rapporto di Enrico Letta sul futuro mercato unico, in particolare rsipetto all’ampliamento del single market a settori come “l’energia, le telecomunicazioni e i servizi finanziari”. Macron si è appellato infine all’Europa affinché riannodi il filo della propria antica tradizione umanistica, forgiando i cittadini di domani attraverso “il sapere, la cultura e la scienza”. Promuovendo, tra l’altro, “un’Europa della maggiore età digitale a 15 anni”, prima dei quali non può esserci accesso ai social network senza il controllo dei genitori, ma anche “un’alleanza dei musei e delle biblioteche europee”. Oltre all’introduzione di un pass cultura Ue (“un’idea che in Francia, per non essere sciovinisti, abbiamo ripreso all’Italia di Matteo Renzi. E anche questa è l’Europa”, ha detto) e di un “pass interrail” per contribuire alla mobilità dei giovani, come già proposto da Letta. Secondo gli osservatori, il cosiddetto discorso ‘La Sorbonne 2’ voleva segnare in qualche modo l’ingresso di Macron nella campagna per il voto europeo, anche se all’Eliseo respingono seccamente questa versione, ripetendo che si tratta solo di indicare una rotta per il dopo voto e “pesare” sull’agenda strategica della futura Commissione.

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Putin a maggio in Cina da Xi, ‘un amico e un vero uomo’

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Vladimir Putin ha annunciato che si recherà il mese prossimo in Cina per nuovi colloqui con il presidente Xi Jinping, che ha definito un “amico” e un “vero uomo”. Affermazioni che giungono mentre il segretario di Stato americano Antony Blinken è a Pechino con il compito dichiarato di cercare di convincere la leadership cinese a mettere fine al sostegno militare alla Russia, di cui gli Usa accusano il Dragone.

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato ad esempio di essere a conoscenza di “rapporti credibili e open source” secondo cui una nave russa sanzionata dagli Stati Uniti e implicata in trasferimenti di armi nordcoreane alla Russia, l’Angara, è attualmente ormeggiata in un porto cinese.

La Reuters scrive di avere ottenuto e ha pubblicato sul suo sito immagini satellitari del cargo, che si troverebbe all’ancora nel porto della provincia orientale di Zhejiang. Il think tank britannico Royal United Services Institute (Rusi) afferma che la nave ha già trasferito in passato nei porti russi migliaia di container che si ritiene contengano munizioni nordcoreane. Prima dell’arrivo di Blinken, la Cina ha respinto le affermazioni degli Usa, definendo “estremamente ipocrita e del tutto irresponsabile” l’approccio di Washington, che ha approvato “una legge sugli aiuti su larga scala per l’Ucraina lanciando allo stesso tempo accuse infondate contro il normale commercio tra Cina e Russia”.

Sulla questione ucraina, “la Cina ha sempre mantenuto una posizione obiettiva e giusta, ha sostenuto attivamente i colloqui di pace e ha spinto per la soluzione politica”, ha rincarato Pechino. La visita annunciata in Cina in maggio sarà per Putin l’occasione per il terzo incontro in presenza in poco più di un anno con Xi, in coincidenza con un deciso sviluppo dei rapporti commerciali che hanno visto l’interscambio bilaterale toccare il record dei 240 miliardi di dollari nel 2023. L’annuncio è stato dato dal presidente russo durante il congresso dell’Unione degli industriali e imprenditori a Mosca. Un partecipante gli ha chiesto di portare in dono al leader cinese una copia del romanzo ‘Che fare?’ dell’esponente rivoluzionario democratico del XIX secolo Nikolai Chernyshevsky, che in una visita a Mosca Xi aveva definito il suo libro preferito.

“Lo porterò sicuramente con me e lo darò al nostro amico, che è un governante forte e un vero uomo”, ha risposto il capo del Cremlino. Chernyshevsky è stato tra l’altro tra gli ispiratori di Lenin, autore a sua volta di un pamphlet politico con lo stesso titolo del romanzo. Che le tensioni internazionali attorno al conflitto ucraino rimangano a livelli di guardia è testimoniato da dichiarazioni fatte dal presidente ucraino Alexander Lukashenko, secondo il quale ormai “diverse decine” di testate nucleari russe sono schierate nel suo Paese. Armi che Minsk e Mosca sono pronte ad usare in caso di attacco alla Bielorussia. Lukashenko ha messo in guardia da possibili “provocazioni armate” dell’Ucraina, che ha accusato di avere ammassato non meno di 120.000 soldati alla frontiera bielorussa.

Un’affermazione che suscita un certo scetticismo tra gli osservatori, a fronte delle evidenti carenze di truppe con cui Kiev si trova a fare i conti anche lungo la linea di contatto con le forze russe. Mosca ha intanto risposto all’annuncio fatto da Washington di aver già inviato segretamente all’Ucraina missili balistici Atacms affermando che ciò conferma che gli Stati Uniti sono “direttamente coinvolti” nel conflitto. Ma le nuove forniture non potranno cambiare la situazione sul terreno e “causeranno ulteriori problemi alla stessa Ucraina”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Lettura opposta quella fornita dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che in visita a Berlino ha affermato “che non è troppo tardi per far prevalere l’Ucraina”, a patto che gli alleati mantengano le promesse sulle armi.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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