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La “squadra Stato” che cattura il latitante, i gatti del latitante, “i video e le foto pirata” dell’arresto del latitante e il giornalismo latitante

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Cominciamo con i ringraziamenti a tutte le donne e a tutti gli uomini che, in divisa o senza, per anni hanno lavorato alla cattura di Marco Di Lauro ovvero F4 ovvero il figlio numero 4 del narcotrafficante Paolo Di Lauro alias Ciruzzo ‘o milionario. Dietro questa cattura, come quelle di tanti altri mafiosi della stessa caratura criminale, c’è quella che con linguaggio complicato, burocratico e freddo chiamiamo sinergia tra forze di polizia e magistratura inquirente. Lo Stato quando lavora in questo modo non lascia scampo a latitanti. È implacabile.

La notizia importante, quella che interessa agli italiani, è questa: l’arresto di un criminale latitante tra i più pericolosi d’Italia. Poi, accanto a questa cattura, c’è la legittima soddisfazione per il buon lavoro svolto da parte di poliziotti, carabinieri, finanzieri, magistrati. Vederli sorridenti, applauditi da un centinaio di persone che li aspettavano fuori la questura rientrare col camorrista catturato, darsi pacche sulle spalle, complimentarsi tra loro, dare qualche colpo di clacson in più, tenere un po’ di più l’audio di una sirena alto in funzione fa parte di quella che si chiama legittima soddisfazione di chi per conto dello Stato ha masticato amaro per anni prima di arrestare Marco Di Lauro. 

Pure queste immagini raccontano la bellezza della squadra Stato che quando lavora in sinergia fa bene. E fa molto male alle organizzazioni criminali.  Forse nessun giornalista potrà mai capire il senso di frustrazione patito da chi è spesso ad un passo da una cattura importante che poi salta per delle inezie. Forse nessun giornalista saprà mai restituire con nitidezza e nettezza la gioia che prova un poliziotto, un carabiniere o un finanziere quando riesce a portare in una patria galera chi si è fatto beffe delle leggi per anni. E però, forse, le immagini che i giornalisti riescono a recuperare di quei momenti di gioia anche privata di uomini e donne in divisa dopo un arresto importante, riescono in qualche modo a far sentire gli italiani tutti partecipi di quel successo. Vedere il poliziotto col volto stravolto dalla fatica sorridere o il finanziere urlare “l’abbiamo preso” o il carabiniere abbracciare il suo collega è il vero racconto di quanto di buono riesce a fare questo Paese. Domani, quando le luci della ribalta si spegneranno anche sull’arresto di Marco Di Lauro, non ricorderemo gli sproloqui scritti (compreso questo) di alcuni giornalisti che confondono Napoli con Miano o Marano con Merano ma ci ricorderemo di quelle immagini del boss seduto a terra che si preoccupa del suo futuro da galeotto. Ricorderemo il boss che si è arreso agli uomini dello Stato e che chiede ed ottiene con cortesia dal poliziotto prima l’acqua minerale e poi una sigaretta. 

Queste immagini di gioia, di felicità, di soddisfazione di uomini e donne dello Stato viste a Napoli non sono una novità. Chi non ha la memoria corta di una crisalide mononeuronale ricorderà le stesse scene per gli arresti di Totò Riina, Bernardo Provenzano, i fratelli Russo, Michele Zagaria, Giuseppe Setola, Antonio Iovine. E sono immagini bellissime che vedremo a breve anche quando lo Stato arresterà Matteo Messina Denaro. Per fortuna in Italia ci sono i giornalisti che raccontano oltre a quelli che aspettano che qualcuno racconti loro qualcosa in una conferenza stampa. Leggere dunque di proteste per la diffusione di “immagini pirata”, “foto pirata” che sarebbero finite sui giornali senza passare per il vaglio dei giornalisti con la tessera di giornalisti fa sorridere. Quelle foto che qualche sventurato definisce pirata sono l’essenza stessa del giornalismo. Anche trovare quelle immagini è giornalismo. Offrire quelle voci, restituire quel clima di gioia della squadra Stato che vince e sbatte in galera un latitante è giornalismo. Lo è, forse, anche allungare un microfono e tenerlo sotto la bocca di chi in una conferenza stampa non può andare oltre la declamazione della propria soddisfazione per la cattura di un mafioso o raccontare della preoccupazione del latitante per i due gatti che non potevano stare da soli già che il loro padrone da questo momento in poi sarà ospite di un carcere. Ma vuoi mettere la differenza? E allora chiudiamo questo articolo che nessuno ricorderà domani ancora con un grazie alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri, alla Guardia di Finanza e ai giornalisti che non aspettano l’arrivo della notizia ma raccontano il Paese reale in tempo reale.   

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Il lettore perduto, giornalismo sempre meno rilevante

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Il giornalismo perde sempre più la propria rilevanza e nuove fonti si stanno consolidando nel ruolo di informatori nel pubblico. E’ uno degli spunti che emerge dall’edizione 2024 del Report annuale dell’Osservatorio sul giornalismo digitale, progetto del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nell’ambito di competenza della Commissione Cultura.

“Abbiamo la percezione di un panorama che si muove a velocità incostante, con accelerazioni e rallentamenti – ha detto il presidente dell’Ordine Carlo Bartoli alla presentazione del testo -. Vogliamo trasformare questo rapporto in un patrimonio condiviso per tutti i colleghi, uno strumento prezioso per comprendere i fenomeni in corso ed orientarsi nel vortice delle continue trasformazioni che interessano la nostra professione”.

La presidente della Commissione Cultura dell’Ordine, Elena Golino, ha invece ripercorso l’attività portata avanti dall’organismo, a partire dal bando con il Ministero dell’Istruzione e del Merito per capire la diffusione dell’intelligenza artificiale nelle scuole. “Occorre rivolgere la massima attenzione ai ragazzi per comprendere dove vanno”, ha sottolineato. Il Report, dal titolo ‘Il lettore perduto’, sottolinea il consolidarsi di tre processi già evidenziati nella passata edizione: il crollo delle vendite e della distribuzione, sia per quanto riguarda il giornale di carta, che per il digitale; la “rivoluzione” dell’intelligenza artificiale che in maniera repentina e rapidissima sta modificando lo scenario dell’informazione; il pluralismo dell’informazione che langue, sia a livello globale che locale, a seguito del calo della fiducia dei lettori nei confronti dei media tradizionali e nuovi.

Anche alla luce del nuovo Regolamento europeo sui servizi digitali – come emerge da un’analisi di Ginevra Cerrina Feroni, vice presidente del Garante per la privacy – sono le stesse norme che, consegnando alle grandi piattaforme il compito di essere contemporaneamente soggetto controllato e controllore, annichiliscono la possibilità di un pluralismo effettivo ed efficace.

Sullo sfondo c’è il fenomeno della “News Avoidance”, ovvero la sistematica fuga dalle notizie che sono ormai portatrici solo di eventi drammatici, ma soprattutto quello della perdita di rilevanza del giornalismo. Con la polverizzazione delle fonti di informazione, la nascita dell’economia dei “creators”, nuove fonti si sono candidate ad assumere il ruolo di informatori nel pubblico e sono gli influencer, i siti di marketing che creano contenuti ad hoc per scopi assolutamente diversi da quelli del giornalismo che è e resta uno dei pilastri della democrazia.

Questi siti, queste pagine social, utilizzano i linguaggi più appropriati per comunicare con il pubblico, un format informale e diretto, che adopera l’audiovisivo come contenitore primario per i propri messaggi. Ed è qui che il giornalismo – si evidenzia nel Report – dovrebbe soffermarsi, individuando, o forse ritrovando, la propria identità in un processo di selezione e presentazione dell’informazione basato su principi etici e deontologici specifici.

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Toti e gli altri: tutti i nomi e le accuse ai 10 indagati raggiunti da misure cautelari del gip di Genova

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Sono dieci gli indagati, raggiunti da provvedimenti cautelari di diverso tipo, nell’ inchiesta della Dda di Genova che ha travolto il governatore della Liguria Giovanni Toti. Si tratta di persone del suo stretto entourage, imprenditori, e anche anelli di collegamento con Cosa Nostra. Nei loro confronti, sono state emesse misure cautelari e reali dal gip del Tribunale del capoluogo ligure, eseguite dalla Guardia di Finanza, in base a diverse ipotesi di reato. A richiederle è stata la Procura di Genova, lo scorso 27 dicembre. Ecco quanto risulta dalla nota di oggi della Procura genovese.

GIOVANNI TOTI – Il presidente della Regione Liguria è accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio, per lui la misura cautelare degli arresti domiciliari.

PAOLO EMILIO SIGNORINI – Ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, è accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio. A suo carico è stata disposta la misura restrittiva più severa, quella della custodia cautelare in carcere.

ALDO SPINELLI – Imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, è accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini e del presidente della Regione Liguria. Arresti domiciliari anche per lui.

ROBERTO SPINELLI – Figlio di Aldo, e come lui è imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, è accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria. Gli è stata applicata la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.

MAURO VIANELLO – Imprenditore operante nell’ambito del Porto di Genova, è accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini, anche a lui è stata applicata la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.

FRANCESCO MONCADA – Consigliere di amministrazione di Esselunga, è accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria. Come per Spinelli jr e Vianello, a suo carico la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.

MATTEO COZZANI – Capo di gabinetto del presidente della Regione Liguria, è accusato di corruzione elettorale, con l’aggravante mafiosa di aver agito in favore di Cosa Nostra, in particolare a vantaggio del clan Cammarata del ‘mandamento’ di Riesi (Caltanissetta) con proiezione nella città di Genova, è accusato anche di corruzione per l’esercizio della funzione. Per lui gli arresti domiciliari.

ARTURO ANGELO TESTA e ITALO MAURIZIO TESTA – I due fratelli sono accusati di corruzione elettorale, aggravata dal fine di aver agevolato Cosa Nostra, entrambi sono sottoposti all’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere (Bergamo). Alle regionali in Liguria del 20 e 21 settembre 2020, avrebbero promesso posti di lavoro per far convogliare i voti degli elettori, appartenenti alla comunità riesina di Genova e comunque siciliani, verso la lista ‘Cambiamo con Toti Presidente’ e verso il candidato Stefano Anzalone, indagato ma non colpito da ‘misure’. Iscritti a Forza Italia, sono stati sospesi dal partito. Arturo Testa lavora al Consiglio regionale della Lombardia come collaboratore del gruppo di FI.

VENANZIO MAURICI – Ex sindacalista della Cgil in pensione, è accusato di corruzione elettorale, aggravata dal fine di aver agevolato Cosa Nostra, in particolare il clan Cammarata di Riesi con proiezione su Genova, è destinatario dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La Cgil lo ha sospeso. SEQUESTRO – Nei confronti di Signorini e di Spinelli padre e figlio, il gip ha disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per un importo complessivo di oltre 570 mila euro, ritenuti profitto dei reati di corruzione contestati.

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Sequestrati 48 milioni di euro falsi, 7 fermi a Napoli

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Non è mai stata sfiorata dal senso di colpa che invece frenò ‘la banda degli onesti’ di Totò, la cricca guidata dall’espertissimo falsario 70enne Alfredo Muoio, in grado di stampare senza sosta banconote da 50 euro perfettamente contraffatte. Il nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli ha scoperto un vero tesoro di euro falsi: ben 48 milioni, in un capannone del quartiere Ponticelli, dove gli imponenti macchinari off-set, provenienti dall’hinterland, precisamente da Casavatore, erano stati trasferiti di recente. Il blitz delle fiamme gialle, coordinato dalla Procura di Napoli Nord, è scattato all’alba. Sette, alla fine, le persone sottoposte a fermo dai pubblici ministeri.

Oltre al capobanda, Alfredo Muoio, sono stati presi i suoi due abili falsari e il vivandiere, che si occupava dei loro bisogni e che teneva in piedi i contatti con Muoio, visto che gli instancabili Alessandro Aprea e Ciro Di Mauro da quel capannone non si spostavano quasi mai. La qualità delle banconote ha indotto il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma a ritenere che fossero riconducibili all’ormai notissimo “NapoliGroup”, cartello tra i più efficienti al mondo, che opera anche in modalità itinerante tra Caserta e Napoli. E infatti, il loro prezzo di smercio è altissimo: 20 euro veri per ogni pezzo da 50 falso, come dimostrato di recente.

Da aprile scorso i due falsari hanno vissuto praticamente in isolamento per non interrompere la produzione: nel capannone c’erano circa 80.000 fogli ritraenti ciascuno 12 banconote da 50 euro del tipo Europa che dovevano essere solo tagliati per apporre la banda verticale argentata. Muoio è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine: tipografo di professione e titolare della ‘Muoiocartedagioco’, si è sempre dedicato, fin dai tempi delle lire, alla contraffazione monetaria. Più volte ha allestito stamperie clandestine e nel 2006 venne arrestato in flagranza in un capannone di Castel Volturno (Caserta) mentre stampava banconote false da 50 euro.

Non ha mai smesso di dedicarsi alla produzione e commercializzazione di valuta contraffatta e a lui sono riconducibili le riproduzioni più insidiose sia per quanto riguarda il taglio da 100, sia per quelle da 50 euro, peraltro sequestrate in tutta Europa. Dopo il primo arresto, però, il falsario ha deciso di variare il suo modus operandi: ha deciso di non esporsi più in prima persona ma di delegare la produzione a suoi “fedelissimi”, rimanendo sempre – almeno fisicamente – distaccato e distante dal laboratorio clandestino. Espediente che però non ha impedito ai finanzieri di notificargli un fermo emesso dall’ufficio inquirente coordinato dal procuratore Maria Antonietta Troncone. Fermati dalle Fiamme gialle anche i tre autotrasportatori grazie ai quali è stato possibile trasferire i macchinari dal deposito dell’azienda di Muoio, a Casavatore, al capannone preso in affitto da una società di bonifiche a Napoli, del tutto estranea alle contestazioni.

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