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Cronache

Il magistrato poeta che non scriveva le sentenze ha 800 fascicoli arretrati, attesa per la decisione del Csm

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Per il presidente del tribunale di sorveglianza di Perugia Antonio Minchella il magistrato del suo ufficio Ernesto Anastasio “sicuramente non è impreparato” ma questo non gli ha impedito di accumulare circa 800 procedimenti d’arretrato da quando è in servizio nel capoluogo umbro, cioè dal 2021 . Un carico quello del “giudice poeta”, come è definito anche in un comunicato dei vertici degli uffici giudiziari della regione, per fare fronte al quale il presidente del Tribunale di sorveglianza Antonio Minchella ha predisposto un piano di smaltimento che prevede l’assegnazione dei fascicoli a se stesso e agli componenti dell’ufficio. Del magistrato di sorveglianza si occuperà anche il Csm, all’inizio del prossimo mese, dopo che lo stesso presidente e i vertici degli Uffici giudiziari umbri, oltre un anno fa, hanno segnalato la situazione alle autorità competenti ad esercitare l’azione disciplinare sui magistrati, cioè il ministero di Giustizia e la procura generale presso la Cassazione. I circa 800 procedimenti accumulati dal magistrato di sorveglianza riguardano i detenuti nelle carceri dell’Umbria (per varie esigenze, dai permessi alla liberazione anticipata) e coloro che sono sottoposti ad esecuzione penale. “In questi anni avevo già attuato, in accordo con la Corte d’appello e la procura generale, due piani di rientro per il dottor Anastasio ma ogni tentativo è stato vano” ha detto Minchella.

“L’ho richiamato al dovere più volte” ha aggiunto. Anastasio, 54 anni, originario della provincia di Napoli subì già un procedimento disciplinare quando era alla sorveglianza di Santa Maria Capua a Vetere. I procedimenti accumulati a Perugia, dove continua a essere regolarmente in servizio, riguardano le questioni più varie. “Si va dalla richiesta di concessione della messa in prova – spiega il presidente del tribunale di sorveglianza -, ai colloqui, ad altre che toccano anche la libertà dei detenuti. E talvolta la mancata risposta può far pensare a una scarsa attenzione alle loro istanze e quindi creare nervosismo in un contesto già di per sé difficile”. Il presidente ha più volte chiesto conto dei ritardi ad Anastasio ma sulle spiegazioni fornite dal magistrato sceglie di mantenere il riserbo.

“Sicuramente non è impreparato – sottolinea Minchella -, ha anzi un’ottima cultura. E’ una persona appassionata di discipline umanistiche, di poesia e di letteratura antica e latina in particolare ma non ha mai utilizzato questi argomenti per spiegare la scarsa produzione di provvedimenti”. “Dispiace – conclude il presidente Minchella – perché questo caso rischia di far passare in secondo piano il lavoro imponente che fanno ogni giorno i magistrati di sorveglianza smaltendo un notevolissimo numero di procedimenti e dando alla popolazione carceraria l’attenzione che merita”.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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