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Esteri

Attesa sulla tregua ma Hamas alza la posta

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Sono ore di attesa nello sforzo diplomatico per gli ostaggi a Gaza. La bozza di intesa, negoziata da Israele, Stati Uniti, Egitto e Qatar a Parigi, è stata sottoposta a Hamas ed è pronta a passare anche sotto l’esame del gabinetto di guerra israeliano. Lo Stato ebraico resta cauto, c’è “ancora una lunga strada davanti”. Ma nelle ultime ore si sono comunque registrati progressi: il quadro discusso prevede una prima pausa di 30 giorni che porterebbe al rilascio delle donne, dei bambini e degli anziani ancora in ostaggio. Durante questa fase, seguirebbero discussioni su una seconda fase di altri 30 giorni per la liberazione di soldati israeliani e civili adulti di sesso maschile.

Altri elementi dell’accordo rimangono invece poco chiari, compreso il numero di prigionieri palestinesi scambiati per ogni ostaggio e la quantità di aiuti umanitari da far entrare ogni giorno a Gaza. E soprattutto, non è chiaro se Hamas sarà disposto ad accettare una nuova pausa che non includa clausole per un cessate il fuoco permanente, o se stia ancora una volta giocando al rialzo per prendere tempo. Mentre Israele si sarebbe detto “disponibile” a una durata complessiva di 60 giorni, a poche ore dall’incontro a Parigi i miliziani hanno invece smorzato le aspettative ribadendo che per loro “il successo” di questa iniziativa “dipenderà dal fatto che Israele accetti di porre fine all’aggressione globale alla Striscia di Gaza” una volta per tutte.

Dichiarazioni a parte, ora la palla passa al gruppo palestinese, chiamato a valutare la proposta sponsorizzata anche dai loro negoziatori arabi, mentre si fa sempre più impellente la necessità di una svolta che porti sollievo alla popolazione di Gaza martoriata da mesi di bombardamenti. La crisi umanitaria nell’enclave si fa sempre più profonda e l’Unrwa lancia l’ennesimo allarme sul futuro degli aiuti umanitari per due milioni di palestinesi, mentre si allarga la platea di Paesi che hanno deciso di sospendere i fondi per l’agenzia Onu travolta dallo scandalo che vede almeno 12 dipendenti sospettati di coinvolgimento negli attacchi del 7 ottobre. “Se i finanziamenti non verranno ripristinati, non saremo in grado di continuare i servizi e le operazioni in tutta la regione, inclusa Gaza, oltre la fine di febbraio”, ha riferito un portavoce dell’agenzia. Parole che scivolano addosso al ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, che si scaglia nuovamente contro il capo dell’Unrwa Philippe Lazzarini.

“Impiegati dell’Unrwa – ha denunciato – hanno partecipato al massacro del 7 ottobre. Lazzarini dovrebbe trarre le conclusioni e dimettersi”, ha chiesto ancora il ministro dopo aver annullato tutti gli incontri col commissario dell’agenzia. “I sostenitori del terrorismo non sono benvenuti qua”, ha tuonato. Nel frattempo emergono nuovi dettagli drammatici sui 12 impiegati accusati di aver partecipato ai crimini di Hamas nel sud di Israele. Secondo un dossier dell’intelligence israeliana ottenuto dal New York Times, 10 di loro erano membri di Hamas e uno della Jihad islamica.

Tra le accuse, uno dei dipendenti – secondo il dossier – sarebbe implicato nel rapimento di una donna israeliana, un altro avrebbe distribuito munizioni e portato a Gaza il corpo senza vita di un militare. Un terzo avrebbe preso parte al massacro in un kibbutz dove morirono 97 persone. Accuse pesantissime, che non fanno altro che alimentare la bufera sull’agenzia e spingere sempre più Paesi a sospendere i finanziamenti. Una decisione presa nelle ultime ore anche da Giappone, Austria e Romania mentre l’Ue, che non prevede nuovi stanziamenti fino alla fine di febbraio, “deciderà alla luce delle gravissime accuse”. Tra i grandi Paesi occidentali, solo la Spagna ha deciso di “non modificare il proprio rapporto con l’Unwra”, sottolineando che le indagini riguardano una decina di dipendenti su 30.000 lavoratori. Madrid ritiene inoltre “indispensabile” il ruolo dell’agenzia per “alleviare” la “terribile catastrofe umanitaria” a Gaza.

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Uomo giustiziato in Alabama tramite inalazione di azoto

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Demetrius Frazier, un cittadino americano di 52 anni condannato a morte circa 30 anni fa per lo stupro e l’omicidio di una donna, è stato giustiziato in Alabama tramite inalazione di azoto. Il metodo causa l’ipossia, cioè carenza di ossigeno, fino a portare al decesso del condannato, è stato fin qui utilizzato 4 volte, soltanto in questo Stato degli Usa, ed è aspramente criticato dall’Onu – secondo cui è “non provato” e potrebbe “costituire tortura o trattamento crudele, inumano o degradante” – e l’Ue, che lo definisce “particolarmente crudele”. In altri Stati degli USA si ricorre all’iniezione letale. Demetrius Frazier era stato trasferito in Alabama nel 2011. I suoi appelli per essere imprigionato nel Michigan e contro il metodo di esecuzione mediante inalazione di azoto sono stati respinti dal sistema giudiziario americano. La pena di morte è stata abolita in 23 dei 50 Stati americani. Altri tre, California, Oregon e Pennsylvania, hanno adottato delle moratorie.

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Servizi di Mosca arrestano 4 agenti ucraine in Russia

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Il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa, l’FSB ha arrestato quattro agenti donne dei servizi speciali ucraini a Sebastopoli, Voronezh e Rostov sul Don, reclutate per commettere attacchi terroristici contro alti ranghi dell’esercito russo e sabotaggi presso impianti di produzione di carburante ed energia. Lo ha riferito, riporta la Tass, il Centro per le Relazioni Pubbliche dell’FSB russo. Secondo il Servizio, l’obiettivo delle azioni erano alti ufficiali del Ministero della Difesa russo e impianti di rifornimento di carburante ed energia. Le agenti, prosegue la nota, hanno confessato di essere state state addestrate in Ucraina all’uso di armi leggere, mine ed esplosivi, oltre che al controllo di droni e a metodi di individuazione di soggetti sorvegliati.

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La Francia consegna a Kiev i primi caccia Mirage 2000

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La Francia ha consegnato i primi caccia Mirage 2000 all’Ucraina: lo fa sapere il governo di Parigi. Il Mirage 2000 sarà il secondo caccia di fabbricazione occidentale ad entrare nelle forze armate di Kiev dopo l’F-16. Il ministro francese delle Forze armate, Sébastien Lecornu, ha annunciato nei mesi scorsi su X che i Mirage 2000 per l’Ucraina saranno equipaggiati con sistemi elettronici di autodifesa e subiranno modifiche specifiche che consentiranno loro di condurre missioni aria-terra.

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