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Cronache

Filippo Turetta solo in cella, attesa per l’udienza di estradizione

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“Se domani sono io, se domani non torno, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”: scritto a mano su un foglio a quadretti che avvolgeva un piccolo mazzo di fiori bianchi, leggibile fra gocce di pioggia imprigionate da un cellophane, questo “j’accuse” ha inseguito Filippo Turetta fino ai piedi di un ingresso secondario della prigione di Halle dove è rinchiuso da domenica sera per l’uccisione di Giulia Cecchettin. E dove rischia di rimanere almeno ancora qualche giorno perché il rinvenimento del corpo martoriato della sua ex-fidanzata, oltre aggiungere strazio allo strazio dei genitori, sta rallentando le rigorose procedure di una sua “consegna”, e non estradizione, alla giustizia italiana.

La frase dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres, già utilizzata in un messaggio che Elena Cecchettin, la sorella di Giulia, aveva affidato alle storie di Instagram, ha attirato per tutto il giorno l’attenzione dei media, accendendo i loro riflettori fino a sera. Spiccando accanto alle erbacce cresciute sui mattoni rossi del muro di cinta dell’istituto di pena della città principale della Sassonia-Anhalt, quei fiori sono stati una delle poche alternative all’altra immagine del giorno: l’edificio dell’Oberlandesgericht della vicina Naumburg, dove fin verso le tre del pomeriggio numerosi giornalisti italiani hanno atteso che parlasse il portavoce di questo Alto tribunale regionale che dovrà pronunciarsi sulla consegna di Turetta.

Il portavoce, Henning Haberland, in un comunicato scritto in tedesco ha affermato, in pratica, che la Procura generale della stessa Naumburg deve incaricare il tribunale di esaminare la richiesta di consegnare Filippo Turetta all’Italia. Nel testo, e nelle chiose ufficiose fatte a voce da Haberland ma protette da ripetuti “nessuna informazione”, si spiega che lo sviluppo della procedura seguita dalla Procura generale non può essere resa pubblica né tantomeno verranno formulate previsioni ufficiali sui tempi che occorreranno per la decisione. In teoria, trattandosi di un mandato di cattura europeo, istituto di recente introduzione che ha snellito le lunghe procedure di estrazione, il termine è di dieci giorni.

Dal testo emerge che alla Procura non è arrivata ancora nessuna richiesta dal ministero della Giustizia italiano: e da altra fonte si è appreso che, dato che la Germania è uno Stato di diritto anche se amico dell’Italia, le procedure non possono essere saltate e la domanda italiana deve essere aggiornata con il nuovo titolo di “omicidio volontario” (e non più solo tentato omicidio come era nei primi giorni di questa vicenda) a causa del ritrovamento del corpo della giovane avvenuto sabato scorso. Un aggiornamento che, come ha spiegato la Procura di Venezia, comporta una nuova comparizione di Turetta davanti ai giudici tedeschi per confermare la volontà di essere consegnato all’Italia anche con questo nuovo capo d’accusa.

A Halle è sera, e inizia per Turetta una terza notte in cella, in compagnia di pensieri che assomigliano a tormenti: “Sappiamo che Filippo è stato trovato in grande sofferenza, scosso”, ha detto ai giornalisti Emanuele Compagno, legale del giovane. Per ora nessun interrogatorio: il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi ha spiegato “se i tempi della procedura tedesca fossero lunghi potremmo pensare di andare a sentirlo in Germania. Però questo lo vedremo nei prossimi, dunque fino a quando è nella disponibilità della polizia tedesca”.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Cronache

Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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