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Il killer confessa: ho ucciso io Luca Sacchi, ma non era una rapina. Poi fa scena muta davanti al Pm

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“Volevo spaventarlo. Non volevo ucciderlo”. Valerio Del Grosso avrebbe usato queste parole per giustificarsi  con l’amico e con la fidanzata, mentre cercava di nascondersi. Scappava, perché sapeva di  avere ucciso Luca Sacchi. Un colpo alla nuca che ha trapassato il cranio del venticinquenne. Qualche ora dopo, Del Grosso lo dirà anche ai carabinieri e poliziotti che lo arrestano, mentre li accompagna nei luoghi dove ha nascosto le prove dell’omicidio. C’è anche lo zainetto di Anastasia Kylemnyk, quello che conteneva oltre duemila euro divisi in mazzette da 20 e 50. Davanti al pm Nadia Plastina, invece, sceglierà di avvalersi della facoltà di non rispondere. Tra poche ore c’è la udienza di convalida del fermo che lo ha spedito a Regina Coeli. Qui potrà  raccontare il perché di questa tragedia. Potrà spiegare che cosa è successo la sera del 23 ottobre. Per ora l’unica ricostruzione è quella che gli investigatori hanno messo su grazie al racconto dei testimoni. Ed è una ricostruzione contenuta nel fermo a carico di Del Grosso e del suo amico Paolo Pirino.

In attesa della confessione o della “verità” che vorranno raccontare gli indagati per l’omicidio Sacchi, ci accontentiamo di quella che è stata la verità emersa dalle indagini. Che resta pur sempre una verità processuale di parte, ma è l’unica possibile per ora. Mediatori e procacciatori di clienti. Gli amici di del Grosso lo precedono al pub John Cabot per piazzare marjuana. Sono almeno in tre. Davanti agli inquirenti faranno la stessa ricostruzione. Valerio R. arriva alle 21.30 con Simone P. È stato incaricato da Del Grosso “di verificare se persone in zona Tuscolana avessero il denaro per acquistare, come convenuto, merce”. E i clienti ci sono. Perché davanti al pub, Giovanni P., “inviato di Del Grosso”, è con Anastasia, la fidanzata di Sacchi, che poco dopo subirà il furto dello zainetto. Suscitando una serie di reazioni a catena che porteranno all’incredibile morte di Sacchi. La ragazza mostra ai “mediatori” lo zaino: ha i soldi e vuole comprare. All’interno mazzette da 20 e 50 euro. Il calcolo lo faranno poi gli inquirenti, sono almeno duemila euro. Con lei ci sono altri due ragazzi. Del Grosso arriva a bordo di una Smart. È con Pirino. Ma lo scambio non avviene. Prima domanda. Ammesso che sia vero questo racconto, che cosa voleva acquistare la fidanzata del povero Luca Sacchi? Perché aveva tutti quei soldi in contanti? Erano davvero suoi quei soldi? Servivano davvero a comprare droga?

Ma andiamo avanti col racconto. Fino alla tragedia. Il pusher promette di tornare poco dopo. Così Valerio, Simone e Giovanni entrano nel locale, lasciando fuori Anastasia, Sacchi e il terzo amico. Alle 22,55 Del Grosso telefona a uno degli amici, dice che sta tornando con la droga. Il resto è cronaca: Simone, Valerio e Giovanni non assistono al delitto. Sentono l’esplosione del colpo e le urla della ragazza. Escono. La vedono a terra accanto a Luca Sacchi in un lago di sangue.

Il giorno successivo all’omicidio, Del Grosso si presenta al lavoro. Ma a metà mattinata va via. Non ce la fa, intorno a mezzogiorno chiama Simone, gli chiede di incontrarsi. Usa il pretesto di avere indietro la sua tuta da ginnastica. All’appuntamento si presenta con Giorgia, la sua fidanzata. Poi abbraccia l’amico: “Ho fatto un macello volevo solo spaventarli”. È la stessa versione che qualche ora dopo dirà a Giorgia. È lei che porterà gli investigatori sulle sue tracce, svelando anche il nome del complice. Ma i genitori e il fratello di Valerio Del Grosso avevano già capito, le voci del quartiere li avevano raggiunti. E loro, coraggiosamente, si erano presentati in commissariato. Polizia e carabinieri lo stavano già cercando. Più o meno è questa la storia che gira intorno all’omicidio di Luca Sacchi. E se dovesse essere confermata dalle dichiarazioni dei due arrestati, la fidanzata della vittima, la ragazza Ucraina che in Tv, senza guardare in camera raccontava un’altra storia, avrà anche lei tante cose da spiegare. Ed è bene che le spieghi bene. Ecco perché il capo della Polizia Franco Gabrielli, pur manifestando il suo dolore per la perdita di un ragazzo di 26 anni, ha detto che la storia che si sta raccontando non è esattamente quella di un omicidio a Gotham City. Ma la storia vera, se ci riuscirà, sarà il giudice della convalida che se la farà raccontare dai due arrestati per l’omicidio di Luca Sacchi.

 

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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