Capire quanti degli accessi alle banche dati, presunti illegali, si siano trasformati in veri e propri dossier su politici, manager e vip è l’obiettivo al quale punta ora l’indagine della procura di Perugia nella quale è indagato un ufficiale della Guardia di Finanza, che all’epoca dei fatti contestati faceva parte del gruppo di lavoro deputato allo sviluppo delle Segnalazioni di operazioni sospette presso la procura nazionale antimafia e ora trasferito ad altro reparto. Un flusso che stanno ricostruendo i magistrati guidati dal procuratore Raffaele Cantone. Gli accessi alle banche dati sono stati numerosi, probabilmente centinaia, ma gli inquirenti intendono ora capire quante di quelle informazioni siano state utilizzate per fini non istituzionali e chi ne abbia fatto uso. Se cioè si possa configurare una vera e propria attività di dossieraggio (al momento il reato contestato è di accesso abusivo a sistema informatico) e se eventualmente ci sia stata una regia. E in questo caso di chi. Anche perché, secondo Repubblica, il finanziere spesso faceva le sue ricerche non dal computer della Dna ma da un terminale della finanza, dove sono accessibili tutte le 135 mila sos e non solo quelle di potenziale interesse per i magistrati antimafia.
Al momento, la procura di Perugia non avrebbe ancora un dato preciso sul numero dei presunti dossier e il riserbo viene mantenuto su quali categorie (politici, uomini d’affari o personaggi di altri ambiti) siano state oggetto della presunta attività di dossieraggio. Presunta, anche perché lo stesso appartenente alla Guardia di Finanza ha rivendicato la correttezza del proprio operato sostenendo di essersi attenuto al protocollo previsto nell’ufficio nel quale lavorava. E anche su questo aspetto ci saranno degli accertamenti, anche in considerazione del fatto che già ieri lo stesso Cantone ha sottolineato nel comunicato stampa che il procuratore nazionale antimafia “aveva, già prima dell’avvio dell’indagini, provveduto a riorganizzare radicalmente il servizio Sos”. Il quotidiano La Verità riporta poi che ad alcuni colleghi, l’indagato ha spiegato di avere in passato seguito “l’andamento criminale e sociale del Paese”. “Per esempio – è stato riportato – ho fatto degli appunti riservati su come la criminalità organizzata si stava infiltrando nelle varie attività durante il periodo della pandemia. È chiaro che ho dovuto fare mille interrogazioni per capire i loro business con i dispositivi anticovid e i canali di riciclaggio”. E sempre secondo quanto riporta La Verità, in alcuni casi avrebbe agito su “precisi input” dei vertici dell’ufficio, che gli avrebbero chiesto dei report riservati su alcuni personaggi.
Altri accessi avrebbero riguardato Giuseppe Conte, Matteo Renzi e Matteo Salvini. L’indagine registra intanto anche l’annuncio di una querela “per violazione del segreto istruttorio”, dopo le ultime notizie, da parte del ministro della Difesa Guido Crosetto. Colui che ha fatto partire l’indagine con una denuncia presentata nell’ottobre 2022 dopo la pubblicazione su alcuni giornali di notizie riservate relative alla sua precedente attività professionale. In una lettera al Corriere della Sera, Crosetto si è detto “orgoglioso” di avere dato la possibilità alla magistratura “di fare piena luce sul rischio che soggetti che dovrebbero garantire la normale vita democratica la mettano in pericolo”. Ha quindi parlato di “vicenda oscura ai danni di un ministro e di un politico, che, se colpito con dossier costruiti ad arte, avrebbe potuto mettere in crisi la nascita dell’intero governo Meloni, fin dal suo esordio”. Fabrizio Cicchitto, presidente di Riformismo e libertà, ha ricordato di avere sollevato “mesi fa” “con grande preoccupazione il tema della sicurezza delle nostre strutture anti riciclaggio”.