Punteggi “inseriti” prima del test, una relazione firmata da chi non era presente alle valutazioni, effettuate anche da chi, poi, non le certificò. Il tutto con variazioni nei documenti in corso d’opera. C’è tutto questo nelle nuove accuse contestate dal pm di Milano Francesco De Tommasi nel filone di indagine parallelo sul caso Pifferi, che vede indagate quattro psicologhe e l’avvocatessa Alessia Pontenani, legale della 38enne imputata per aver lasciato morire di stenti la figlia. Altre due professioniste, infatti, dopo essere state iscritte nel registro degli indagati anche loro per falso e favoreggiamento, hanno ricevuto un invito a comparire per gli interrogatori fissati per il 4 aprile. La tranche di indagine ipotizza una “manipolazione” per aiutare Alessia Pifferi ad ottenere la perizia psichiatrica e corre a fianco al processo in corso, che proseguirà il 12 aprile.
Col pm pronto a chiedere la condanna all’ergastolo per la donna accusata di omicidio volontario aggravato, anche dalla premeditazione, per aver abbandonato a casa per sei giorni Diana, di meno di 18 mesi. Il nuovo fascicolo, che coinvolge il difensore dell’imputata, ha scatenato polemiche, tanto che gli avvocati della Camera penale oggi hanno scritto al procuratore Marcello Viola, dopo aver scioperato per protesta il 4 marzo, chiedendo un “momento di incontro” e prendendo “atto della mancanza, allo stato, di iniziative” della Procura dopo i “fatti gravi” che si sono verificati “nel processo a carico di Alessia Pifferi”.
Intanto, dagli accertamenti del pm, passati per intercettazioni anche di colloqui in carcere e perquisizioni alle prime due psicologhe a fine gennaio, viene a galla, come si legge negli atti, che una delle due nuove indagate, 44 anni e in servizio all’ospedale San Paolo e nel carcere di San Vittore, avrebbe predisposto “i relativi protocolli con i ‘punteggi già inseriti'” nella somministrazione del “test di Wais” che servì, per l’accusa, a segnalare un grave deficit cognitivo della 38enne e a farle ottenere la perizia psichiatrica. Perizia che, poi, nel dibattimento ha stabilito che Pifferi era capace di intendere e di volere.
La 44enne avrebbe preso parte a quel test, che per pm e consulenti non poteva essere effettuato e non aveva valenza scientifica, come messo nero su bianco pure dal perito nel processo. E avrebbe redatto, assieme all’altra (non presente al test), la “relazione del 3 maggio 2023”. Relazione, però, “materialmente” firmata da un’altra delle due professioniste già indagate e che, tra l’altro, sarebbe stata modificata e revisionata rispetto alla “versione originaria”, pure “‘cambiando’ alcuni grafici”. La firma l’avrebbe apposta anche l’altra psicologa già indagata nelle perquisizioni di due mesi fa, la quale, però, “era assente anche in occasione della somministrazione del test”. Per il pm, che sta approfondendo la gestione di altre detenute, le psicologhe avrebbero portato avanti una “vera e propria attività di consulenza difensiva”, mentre Pifferi era “lucida” e “determinata”. Dopo che un altro pm, non condividendo la linea, ha lasciato il processo, Viola ha dovuto rispondere a chiarimenti richiesti sui fascicoli dalla procuratrice generale Francesca Nanni, pronta ad inoltrare gli atti al pg della Cassazione per valutazioni su profili disciplinari.