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Cronache

I colpi della lotta alla mafia, da Buscetta a Riina

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Da Giovanni Brusca a Totò Riina, da Bernardo Provenzano a Tommaso Buscetta è lunga la lista dei boss che per anni si sono dati alla macchia entrando di diritto tra i latitanti più pericolosi e più ricercati in Italia. Una lista che, con l’arresto di Matteo Messina Denaro, conta oggi appena quattro nomi: Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella, Pasquale Bonavota e Attilio Cubeddu, il bandito sardo coinvolto nel sequestro Soffiantini e fuggito nel 1997 dal carcere di Badu e Carros dove era detenuto. Uno dei casi che fece il giro del mondo fu, senza dubbio, l’arresto – esattamente 30 anni fa, il 15 gennaio 1993 – di Totò Riina. La fuga del capo dei capi finì dopo 24 anni di latitanza, bloccato in auto dai carabinieri a Palermo.

Le immagini del fermo fecero il giro del mondo, e Riina restò in carcere fino alla sua morte, il 17 novembre 2017, senza mai fare alcuna ammissione. Poi nel 2006 l’arresto dell’ultimo boss dei corleonesi, Bernardo Provenzano, primula rossa per ben 43 anni e noto per la sua ferocia che gli valse il soprannome di Binnu’u tratturi. Ma, in ordine temporale, l’ultimo latitante a finire in manette prima di Messina Denaro è stato, nel 2021, Graziano Mesina. La primula rossa del banditismo sardo, autore di una lunga serie di evasioni, è stato fermato in piena notte all’interno di una piccola abitazione di Desulo, comune di poco più di 2.000 anime in provincia di Nuoro. Bisogna poi tornare indietro nel tempo per per rintracciare la cattura di un esponente mafioso. Nel 2012 venne arrestato a Bangkok Vito Roberto Palazzolo, considerato il cassiere di Cosa Nostra.

Lo stesso anno dalla lista del Viminale dei latitanti più pericolosi venne rimosso il nome di Vito Badalamenti. Ricercato dal 1995, il boss mafioso, riuscì a godere dell’estinzione della pena, dopo il via libera della corte d’Appello di Palermo. Nel 2010, dopo 11 anni di latitanza, venne arrestato, a Favara, Gerlandino Messina, il reggente di Cosa Nostra ad Agrigento. Lo stesso anno, a Marsiglia, finì la fuga del suo ‘delfino’, Giuseppe Fasone, anche lui ricercato da 11 anni. Dal 1992 ad oggi sono oltre 50 gli arresti di latitanti considerati tra i più pericolosi d’Italia.

Prima di Riina, nel 1992, toccò a Giuseppe Madonia finire in manette dopo nove anni di latitanza. L’anno successivo venne rintracciato Nitto Santapaola, tra i boss più sanguinari di Cosa Nostra e considerato il mandante della strage di Capaci e di via D’Amelio. Venne arrestato in un casolare nelle campagne del Catanese. Tra i nomi di spicco figura anche quello di Tommaso Buscetta, tra i primi mafiosi collaboratori di giustizia. Nel 1980, in piena ‘seconda guerra di mafia’, si diede alla latitanza nascondendosi in Brasile con la moglie e i figli. Venne rintracciato e arrestato nel 1983, dopo mesi di appostamenti e pedinamenti, a San Paolo.

Un altro celebre collaboratore di giustizia è Giovanni Brusca, esponente di spicco dei Corleonesi ricercato dal 1991 e arrestato il 20 maggio 1996 ad Agrigento. Tra gli omicidi per cui venne condannato figura anche quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido a soli 15 anni. Nel 2021 è tornato in libertà dopo aver scontato la sua pena, anche se dal 2022 è sottoposto a obbligo di firma perché ritenuto socialmente pericoloso. Ma la lista dei boss criminali che negli anni si sono dati alla fuga e sono stati poi riacciuffati è resa ancora più lunga dalla presenza di esponenti di Camorra e ‘Ndrangheta, quella criminalità organizzata che da decenni macchia di sangue l’Italia intera.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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