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Economia

Generali, i grandi fondi si schierano con Mediobanca: Donnet verso la riconferma

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A cinque giorni dall’assemblea che rinnoverà il consiglio di amministrazione di Generali, cominciano a delinearsi con chiarezza gli orientamenti dei grandi fondi istituzionali, che detengono circa il 30% del capitale della compagnia assicurativa. La prima mossa arriva dal fondo sovrano norvegese Norges Bank Investment Management, titolare dell’1,5% del capitale, che ha annunciato il proprio voto a favore della lista di maggioranza proposta da Mediobanca, lista che ricandida il ceo Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) e il presidente Andrea Sironi.

Una presa di posizione rilevante, seguita da altri fondi come Calpers, New York City Comptroller, State Board of Administration Florida e Calvert (gruppo Morgan Stanley), che pur con quote minori (insieme lo 0,2%) appoggeranno la stessa lista. A rafforzare l’asse con Mediobanca potrebbero esserci anche BlackRock e Vanguard (entrambe attorno al 3%) e Amundi (1%).

Il ruolo dei proxy advisor e i numeri del piano al 2027

Tutti i principali proxy advisor – da Iss a Glass Lewis, fino alla svizzera Ethos – si sono espressi a favore della lista Mediobanca, lodando la stabilità della governance e i risultati del triennio appena concluso: 6,5 miliardi distribuiti agli azionisti tra dividendi e buyback. Il piano al 2027 prevede 7 miliardi di dividendi e 1,5 miliardi di buyback aggiuntivi.

Resta da capire quale sarà la posizione di altri soci rilevanti come Crt (2%) ed Edizione (4,8%), mentre gli azionisti di minoranza Caltagirone (7%) e Delfin (9,8%) non sembrano puntare tutto sull’assemblea del 24 aprile, ma guardano più in là, alla possibile conclusione dell’ops di Mps su Mediobanca, da cui dipenderà il futuro assetto del Leone.

L’incognita Unicredit

Un’altra variabile cruciale sarà Unicredit, che detiene almeno il 5,29% di Generali. Dopo aver ricevuto dal governo il via libera – seppure condizionato – all’ops su Banco Bpm grazie ai poteri speciali (golden power), il ceo Andrea Orcelpotrebbe ora muoversi con maggiore libertà. La sua decisione sul voto potrebbe essere decisiva non solo per l’equilibrio del board, ma anche per eventuali intese industriali tra Unicredit e Generali nel campo della bancassurance e dell’asset management.

Uno sguardo al futuro

Oltre al rinnovo del consiglio, i soci potrebbero già influenzare le strategie industriali della compagnia. In particolare, l’assemblea potrebbe ostacolare il progetto di joint venture tra Generali e Bpce (proprietaria di Natixis) nell’asset management, su cui i soci critici nutrono perplessità.

In attesa del voto, una cosa è chiara: il mercato istituzionale si muove compatto verso la conferma dell’attuale management, segnalando fiducia nella continuità e nella strategia proposta da Donnet. Ma l’ultima parola spetterà all’assemblea del 24 aprile.


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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

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Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

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Ricavi Essilux corrono anche nel 2025, affronta dazi Usa

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I ricavi di EssilorLuxottica crescono con forza anche nel primo trimestre dell’anno: l’aumento è del 7,3% contro il 4,7% dell’intero 2024. Confermati tutti gli obiettivi, con il gruppo che sta studiando “misure per contrastare l’impatto dei dazi statunitensi sulle importazioni”. Cosa che non sorprende, visto che il Nord America rappresenta una fetta cruciale dei ricavi del gigante delle lenti e dell’occhialeria. “Negli Usa ci stiamo muovendo verso un adeguamento dei prezzi a una sola cifra per le diverse linee di prodotto e per il nostro canale di distribuzione”, spiega Stefano Grassi, direttore finanziario del gruppo, rispondendo agli analisti sui dazi durante la conference call sui conti.

“Ovviamente non siamo immuni ai venti contrari delle tariffe: il 43% del nostro fatturato è realizzato negli Stati Uniti, ma direi che i principali” problemi “al momento riguardano le montature prodotte in Cina e importate negli Usa”, spiega. Nel dettaglio, nei primi tre mesi dell’anno i ricavi consolidati per EssilorLuxottica sono stati di 6.848 milioni di euro, con un aumento che arriva all’8,1% a cambi correnti. Il Nord America è in crescita del 4%, mentre l’Asia e Pacifico aumenta a doppia cifra, “con la solida performance delle soluzioni per la gestione della miopia in Cina”

. Il gruppo, nonostante il momento internazionale incerto, conferma l’obiettivo di crescita del fatturato annuo ‘mid-single digit’ dal 2022 al 2026 a cambi costanti, puntando a un range di 27-28 miliardi di euro. “Nel primo trimestre abbiamo mantenuto una solida traiettoria di crescita grazie al contributo di tutte le aree geografiche e di tutti i business”, commentano Francesco Milleri (foto Imagoecoomica in evidenza), presidente e amministratore delegato, e Paul du Saillant, vice amministratore delegato. Ma Milleri vuole anche ricordare Papa Francesco, con il quale ha recentemente collaborato. “Siamo concentrati sui risultati del gruppo ma, mentre continuiamo a portare avanti il nostro lavoro, i nostri pensieri vanno anche al Santo Padre. Ho avuto il privilegio di realizzare con lui un progetto visionario che oggi è una realtà tangibile nel cuore di Roma: l’Ospedale Isola Tiberina. Ci uniamo al cordoglio per la sua scomparsa, ricordandolo come un esempio di vita per milioni di persone nel mondo”, conclude il numero uno del gruppo nato dalla fusione con la Luxottica fondata da Leonardo Del Vecchio.

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