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Ambiente

Ecomafie, la Campania maglia nera nel rapporto di Legambiente nonostante la pandemia

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Una cosa è certa, la pandemia non ha frenato i reati ambientali: le ecomafie continuano a prosperare e la maglia nera per questo tipo di reati secondo l’ultimo rapporto di Legambiente tocca ancora alla Campania che precede le altre regioni del Sud.

Nel 2020, nonostante i lockdown causa Covid, è stata registrata una media di
oltre 95 reati ambientali accertati al giorno, 4 ogni ora: sono stati 34.867, +0,6% rispetto al 2019.

Nel rapporto Ecomafia 2021 si evidenzia che la Campania è in testa con 5.457 reati ambientali accertati nel 2020, al ritmo di 15 al giorno. In generale, il 46,6% del totale nazionale degli illeciti (16.262) si sono
verificati in Sicilia, Campania, Puglia e Calabria, quattro regioni dove la criminalità organizzata è storicamente radicata con le sue mafie (134 gli arresti, contro 86 nel 2019). A queste si aggiunge il
Lazio, con 3.082 reati (+14,5%). La Lombardia è  la regione con il maggior numeri di arresti.

Scende il  numero complessivo dei controlli (da 1.694.093 del 2019 a 1.415.907 del 2020, con un -17%), ma aumentano le persone denunciate (33.620, +12%), le ordinanze di custodia cautelare eseguite (329, +14,2%), i sequestri effettuati (11.427, +25,4%).

Per il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani il quadro è ha definito “preoccupante”: “C’e’ un livello di attenzione troppo basso, a maggior ragione in un momento storico in cui dovremo spendere ingenti risorse pubbliche previste dal Pnrr. Alzare il livello dei controlli è fondamentale. Va aggiornato il Codice penale inserendo tra i delitti anche le agromafie, il traffico di opere d’arte e di reperti archeologici
e il racket degli animali”.
Il periodo di pandemia non ha bloccato gli incendi boschivi: 4.233, +8,1% rispetto al 2019. Poco meno di uno ogni ora i reati contro gli animali (8.193, il 23,5% del totale) con 6.792 persone denunciate, oltre 18 al giorno, 5.327 sequestri e 33 arresti.


In calo con la pandemia sono stati soltanto gli illeciti relativi al ciclo dei rifiuti: -12,7% rispetto al 2019, ma più arresti (+15,2%).  Il valore complessivo del fatturato illegale sul traffico di rifiuti è stimato nel 2020 in 10,4 miliardi di euro (-09 sul 2019), mentre aumenta quello sugli investimenti a rischio in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, dagli appalti alla gestione dei rifiuti urbani (11,2 miliardi di euro).
“Il primato e’ sempre in quelle regioni in cui sono radicate le mafie: sono specchio di quanto sia importante non contrastar piu’ il singolo reato, perche’ questi sono illeciti che nascono da precisi programmi criminali”, ha affermato il Procuratorenazionale antimafia Federico Cafiero De Raho.
Fermi gli abbattimenti degli abusi edilizi: dal 2004 al 2021emesse 57.250 ordinanze di demolizione, ma ne sono state eseguite solo il 32,9%, con significative differenze tra Nord e Sud. Aumentano i controlli sulle archeomafie (+32%) e diminuiscono i furti (-18%), le persone denunciate e gli arresti. Il Lazio e’ la regione dove si registra il maggior numero di furti. Per quanto riguarda le agromafie: prime per numero di infrazioni accertate le importazioni di prodotti alimentari (8.786), seguite dai prodotti ittici in generale
(6.844). Nel 2020 sono stati 293 i reati di caporalato accertati.

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Maxi incendio nei boschi del Casertano, indagata una donna

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Ha dato fuoco ad una porzione di bosco di 10 ettari a Monticello di Centurano, Caserta, una 68 enne: i Carabinieri Forestali di Caserta hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G., emessa dal GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della locale Procura della Repubblica. La donna è indagata del delitto di incendio boschivo doloso.

Il provvedimento riflette gli esiti di un’attività investigativa, coordinata dai magistrati della IV Sezione della Procura di Santa Maria Capua Vetere, specializzata nel settore della criminalità ambientale, che ha riguardato l’ incendio boschivo di vaste proporzioni – oltre 10 ettari – che ieri si è sviluppato il 21 agosto 2023 ai piedi del versante collinare denominato “Monticello” della frazione Centurano del comune di Caserta.

Carabinieri, incendio boschivo nel Casertano. VIDEO

Per domare le fiamme del vasto incendio si è reso necessario l’intervento di un Canadair inviato dalla Protezione Civile Nazionale di Roma e di un elicottero della Regione Campania, oltre a squadre antincendio dei Vigili del Fuoco di Caserta
Si precisa che il destinatario del provvedimento cautelare adottato nel contesto investigativo illustrato è da ritenersi presunto innocente sino a sentenza definitiva e, in ogni caso, le misure precautelari sono state assunte senza il contraddittorio con le parti e le difese; contraddittorio che avverrà davanti al giudice terzo, che potrà valutare anche l’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli indagati ovvero imputati.

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Ambiente

Rischio innalzamento mari, un metro in più nel 2100

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Se le emissioni di gas serra continueranno al ritmo attuale, nel 2100 il livello del mare sulla Terra potrebbe aumentare anche fino a un metro, con danni sempre maggiori per mareggiate e fenomeni estremi. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Earth System Science Data a cui hanno partecipato i docenti Matteo Vacchi dell’Università di Pisa e Alessio Rovere dell’Università Ca’ Foscari di Venezia come primo autore. “La ricerca – spiega l’Ateneo pisano – ha messo insieme tutti i dati esistenti relativi al livello del mare durante l’ultimo periodo interglaciale, 125mila anni fa, in cui la Terra è stata lievemente più calda rispetto ad oggi, circa 1-1,5 gradi su scala globale e 3-5 ai poli. Secondo l’atlante on line creato dai ricercatori, il livello dei mari all’epoca era tra i 3 e i 9 metri più alto di adesso”.

Secondo Matteo Vacchi, “il riscaldamento climatico odierno deriva invece, in larga parte, dall’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera dovuto all’effetto antropico e a livello globale le zone più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare sono gli atolli nel Pacifico e le gradi piane costiere del sud-est asiatico, mentre nel Mediterraneo sono particolarmente vulnerabili la laguna di Venezia, l’alto Adriatico, e in generale le grandi piane costiere, per esempio il Volturno di Napoli, ma anche la piana pisana in Toscana, e per il nord Africa le zone costiere pianeggianti della Tunisia, del Marocco e il Delta del Nilo”. I dati messi assieme dallo studio, sottolinea l’Ateneo, “sono fondamentali per delineare dei modelli climatici futuri e se infatti si dovesse fondere tutta la calotta glaciale che copre attualmente la Groenlandia, il livello globale del mare salirebbe di circa 7 metri, mentre se si dovesse fondere tutta la calotta antartica l’aumento sarebbe di ulteriori 58 metri”. Ciò che preoccupa oggi, conclude Vacchi, “sono i tassi di risalita, ovvero l’accelerazione avvenuta negli ultimi 150 anni, in concomitanza con l’inizio della rivoluzione industriale che ha aumentato enormemente le emissioni di gas serra nell’atmosfera”.

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Ambiente

La Terra del futuro come Dune, un supercontinente arido

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Un nuovo unico supercontinente chiamato Pangea Ultima arido e desertico, con una CO2 doppia rispetto ad oggi e con temperature impossibili per la sopravvivenza di gran parte dei mammiferi, compresi noi umani. È come sarà la Terra tra 250 milioni di anni secondo la simulazione pubblicata sulla rivista Nature Geoscience e fatta dal geografo Alexander Farnsworth, dell’Università britannica di Bristol.

A trasformare la Terra in una sorta di Arrakis, il pianeta della fantascienza di Dune, non saranno le attività umane ma le dinamiche geologiche. Anche se in modo lento e quasi impercettibile, la superficie della Terra è in continua trasformazione: spostamenti generati dalle enormi forze attive all’interno del pianeta fanno sì che i continenti siano in movimento. È la cosiddetta deriva dei continenti, movimenti che portano i continenti a ‘vagare’ fino a incontrarsi a formare un unico supercontinente per poi separarsi di nuovo e poi riunirsi ancora in modo ciclico, come indica lo studio del 2021 guidato da Ross Mitchell, dell’Accademia delle Scienze Cinese e pubblicato sulla rivista Nature Review.

Oggi viviamo nel mezzo di uno di questi grandi cicli: l’ultimo supercontinente chiamato Pangea si frantumò circa 200 milioni di anni fa, e usando tutti i dati al momento disponibili, i ricercatori britannici hanno realizzato una simulazione di come potrebbe essere il suo clima fra 250 milioni di anni. È emerso uno scenario radicalmente diverso da quello di oggi: “sembrerebbe che per la vita ci sarà in futuro un periodo ancora più difficile”, ha commentato sul sito di Nature la geologa del Centro di ricerca tedesco per le geoscienze a Potsdam, Hannah Davies.

“È un po’ deprimente”, ha aggiunto. Secondo la simulazione, il prossimo supercontinente Pangea Ultima si posizionerà all’equatore e di fatto sarà una sorta di enorme deserto, caratterizzato da temperature altissime: “mediamente più calde di 25-30 gradi centigradi rispetto a quelle attuali”, ha dichiarato Farnsworth alla rivista Newsweek. A determinare temperature così alte sarà una combinazione di fattori, non solo la dimensione del supercontinente, che non permetterebbe l’arrivo della pioggia nelle zone centrali, ma anche la maggiore attività vulcanica, che porterebbe al possibile raddoppio della CO2 nell’atmosfera, e un’attività solare più intensa (dovuta all’invecchiamento della nostra stella) che renderà ancor più secca l’aria. E il tutto, sottolinea la ricerca, senza tenere in considerazione l’impatto umano sul clima perché giudicate ininfluenti su previsioni di così lungo periodo.

Un ambiente simile renderebbe impossibile la vita per molte specie di mammiferi, che vedrebbero ridursi le potenziale aree abitabili ad appena l’8% della superficie terrestre rispetto all’attuale 66%. Uno scenario che trasformerebbe radicalmente l’albero della vita, obbligando i mammiferi a nuove soluzioni evolutive e che probabilmente porterebbe alla comparsa di nuove specie dominanti. Se l’uomo dovesse ancora esistere, aggiungono i ricercatori, vivrebbe forse nelle caverne e diventerebbe notturno, in modo simile alla vita descritta sul pianeta Arrakis di Dune, ma “immagino che, se potessimo – ha detto Farnsworth – sarebbe meglio lasciare il pianeta per trovarne uno più vivibile”.

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