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Comunali, in Campania si vota in 163 comuni oltre a Casoria, Aversa, Castellammare, Torre Annunziata

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A meno di cento giorni dalla presentazione delle liste per le amministrative per i prossimi 8 e 9 giugno, in Campania centrodestra e centrosinistra sono in pieno dialogo per provare a tenere insieme le principali forze politiche dei due schieramenti. Il sistema elettorale delle Europee, per le quali si votera’ negli stessi giorni, porterebbe nella direzione opposta, ma a livello locale si prova a costruire alleanze larghe. Il centrosinistra guarda al ‘modello Napoli’, la coalizione con Pd, M5s, sinistra e alcune forze di centro che ha portato alla vittoria Gaetano Manfredi nel capoluogo campano. Il centrodestra si muove invece per riproporre l’alleanza vincente a livello nazionale. Sono 167 i comuni campani che andranno al voto il 9 giugno per scegliere il sindaco e rinnovare il Consiglio comunale, quasi un terzo dei 550 complessivi.

Nelle 18 citta’ con oltre 15mila abitanti e’ previsto il ballottaggio se uno dei candidati sindaco non dovesse ottenere piu’ del 50% dei voti. Tra queste, Avellino, l’unico capoluogo di provincia chiamato alle urne. In provincia di Napoli l’attenzione e’ concentrata sulle quattro realta’ piu’ popolose, ovvero Casoria (77mila abitanti), Castellammare di Stabia (66mila), Aversa (53mila) e Torre Annunziata (42mila). Ad Avellino l’uomo da battere e’ il sindaco uscente Gianluca Festa, con un passato burrascoso nel Pd e attualmente alla guida della compagine civica ‘Davvero’. Festa punta a riproporre il raggruppamento di sigle di cinque anni fa, forte anche della situazione di stallo tra gli avversari. Il centrosinistra si era mosso in anticipo con l’idea di presentarsi unito e individuando come candidato l’avvocato Benedetto De Maio, che pero’ al momento della presentazione ufficiale si e’ sfilato.

Il campo largo che comprende Pd, M5s, Sinistra italiana e altri movimenti civici ha riaperto le trattative per il sostituto di De Maio e, in questi giorni, circola il nome di Antonio Limone, direttore dell’Istituto zooprofilattico del Mezzogiorno, ma la quadra sembra ancora lontana. Anche nel centrodestra le interlocuzioni sono apertissime, con FdI, FI, Lega, Democrazia cristiana, Udc e Noi Moderati, al lavoro per individuare una soluzione da portare ai tavoli nazionali. Le figure piu’ quotate sono quelle del giornalista Rai Rino Genovese e dell’avvocato Giovanni D’Ercole, nome storico della destra irpina. Il primo si e’ detto disponibile alla candidatura con una lista civica che vada oltre il centrodestra.

Le quotazioni di D’Ercole sono invece calate negli ultimi giorni, dopo che al congresso provinciale di FdI la sua mozione e’ risultata sconfitta. In provincia di Napoli il Pd e’ al lavoro per tessere la tela del campo largo. Tra i dem filtra ottimismo sulla riuscita dell’operazione, almeno nei comuni principali, anche se la situazione e’ molto frammentata e nel M5s non tutti remano in questa direzione. Per comprendere meglio la posizione dei pentastellati, si attende la convocazione del tavolo provinciale, che seguira’ quelli locali. La chiave di volta potrebbe essere la scelta di figure super partes, come e’ avvenuto a Napoli, anche se bisognera’ mediare con le legittime ambizioni di alcune figure locali che sarebbero pronte a scendere in campo.

E’ il caso, per esempio, di Roberto Elefante, presidente del circolo Pd di Castellammare, che nel suo schieramento dovra’ vincere la concorrenza di Luigi Vicinanza, gradito anche al ‘governatore’ Vincenzo De Luca, ma anche dell’ex sindaco e deputato Salvatore Vozza. Sempre in casa centrosinistra, c’e’ frammentazione anche a Torre Annunziata, comune sciolto per infiltrazioni mafiose nel 2022. Lo spiraglio positivo arriva dall’incontro che si e’ svolto qualche giorno fa e che ha visto al tavolo le principali forze dello schieramento progressista.

Ancora piu’ complessa la situazione a Casoria, dove Pd e M5s sono all’opposizione, mentre l’amministrazione e’ guidata da Campania Libera (lista ispirata da Vincenzo De Luca), che vede in maggioranza anche pezzi di centrodestra. Qui il Pd prova a individuare un nuovo candidato dialogando anche con Campania Libera ed e’ l’unico comune in Campania dove non sono escluse le primarie. Sul fronte opposto, l’imperativo e’ quello di riproporre in scala locale lo schieramento che ha portato Giorgia Meloni alla guida del Governo, per creare una filiera con Roma e per “liberare le citta’ occupate da amministrazioni di sinistra fallimentari e dal giogo imposto da De Luca”, come ripete piu’ volte un esponente di spicco della Lega.

Proprio dal Carroccio assicurano che il partito di Salvini presentera’ le proprie liste in tutti i principali comuni e si dicono certi che, nei tavoli in programma nelle prossime settimane, si riuscira’ a fare sintesi per non perdere l’invitante opportunita’ e per individuare candidati che siano tra le migliori espressioni dei territori. E’ certo che FdI fara’ valere il ruolo di leadership ottenuto a livello nazionale per riconquistare terreno in Campania, garantire un buon risultato anche per le Europee e lanciare la volata per le Regionali, in programma il prossimo anno.

Forza Italia ha invece eletto da poco gli organismi territoriali. Forte dell’enorme aumento degli iscritti, frutto anche di un rinnovato impegno legato alla scomparsa di Berlusconi, FI mira a difendere il fortino della Campania, che e’ la regione piu’ azzurra d’Italia. Come nel centrosinistra, anche in questo schieramento non mancano pero’ i problemi sui nomi.

Ne e’ un esempio Castellammare, dove il Consiglio di Stato ha annullato lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, decretato nel 2022. Dopo la sentenza di incandidabilita’ per l’ex sindaco Gaetano Cimmino, in casa centrodestra si vagliano nuove strade. La piu’ suggestiva porta a Catello Maresca, in corsa nel 2021 per la poltrona di sindaco di Napoli e magistrato assegnato alla Corte d’Appello di Campobasso. In lizza anche un altro Maresca, Gennaro, primario di Cardiologia dell’ospedale San Leonardo. Il gradimento di FdI sarebbe invece per un altro magistrato, Luigi Bobbio, gia’ senatore e sindaco dal 2010 al 2012.

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Intenzioni di voto degli italiani: Meloni stabile, M5s in risalita

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Il mese appena trascorso è stato caratterizzato da numerosi eventi di rilievo, sia a livello internazionale che nazionale, che hanno avuto un impatto sulle intenzioni di voto degli italiani. Tra gli eventi più significativi, il fallito attentato a Donald Trump negli Stati Uniti e la sostituzione della candidatura di Joe Biden con quella di Kamala Harris. Inoltre, l’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione UE ha evidenziato una divisione nel centrodestra italiano, con Forza Italia a favore e Fratelli d’Italia e Lega contro.

La premier Giorgia Meloni ha assicurato che il ruolo dell’Italia in Europa non subirà contraccolpi, ma la divisione tra gli alleati è evidente. Il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, ha dichiarato che “l’Autonomia non è un dogma” e ha espresso preoccupazioni per le regioni del Sud. Ha inoltre sottolineato che il commercio estero deve rimanere una competenza nazionale, contrastando ulteriormente la posizione della Lega.

La questione dell’Autonomia differenziata, le riforme della giustizia e l’aggressione di militanti di CasaPound a un giornalista hanno suscitato ampie polemiche. Il presidente del Senato, La Russa, è stato criticato per le sue posizioni che sembravano giustificare l’aggressione.

Nonostante questi eventi, le ricadute sugli orientamenti di voto sono state limitate.

Di seguito, le intenzioni di voto per le Politiche:

  • Fratelli d’Italia (FdI): 27,9%
  • Partito Democratico (PD): 22,6%
  • Movimento 5 Stelle (M5S): 13,0%
  • Forza Italia (FI): 8,8%
  • Lega: 8,0%
  • Alleanza Verdi e Sinistra (Avs): 6,4%
  • +Europa: 1,6%
  • Italia Viva (Iv): 2,3%
  • Azione: 3,0%

La valutazione dell’esecutivo e della premier Meloni ha subito lievi cali. Il governo ha un indice di approvazione del 43%, un punto in meno rispetto al mese scorso, mentre Meloni ha un indice di 44, anch’esso in calo di un punto. L’indice di approvazione dei leader politici è rimasto sostanzialmente stabile, con l’eccezione di Antonio Tajani, il cui indice è sceso di due punti a causa delle recenti polemiche con Matteo Salvini.

La politica internazionale sembra influire poco sulle opinioni degli elettori italiani, con i cambiamenti nelle intenzioni di voto che rimangono minimi. Tuttavia, le dinamiche interne ai partiti e le divisioni nel centrodestra potrebbero avere implicazioni future sulla stabilità del governo e sulle alleanze politiche. ​

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Antonio Tajani: l’autonomia non è un dogma

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Negli ultimi tempi, si sono moltiplicati i segnali di un’offensiva all’interno di Forza Italia. Oggi, il segretario del partito, Antonio Tajani, ha chiarito la sua posizione affermando che “l’Autonomia non è un dogma”. Questa dichiarazione, resa durante un confronto in Consiglio dei ministri con Roberto Calderoli, padre della riforma, sembra rappresentare quella scossa che Pier Silvio Berlusconi aveva chiesto a Forza Italia, passando da un “partito di resistenza a uno più di sfida”.

Dopo numerose critiche mosse da alcuni membri di Forza Italia, in particolare dal governatore calabrese Roberto Occhiuto, al provvedimento bandiera della Lega, Tajani ha assunto una posizione più decisa rispetto al passato. Serrando i ranghi anche rispetto a una fronda interna, di cui la battaglia in nome del Sud condotta da Occhiuto è un esempio, Tajani ha affermato: “L’Autonomia differenziata non è un dogma di fede, è una riforma voluta dalla sinistra nel 2001 e spinta dalla Regione Emilia-Romagna: ora vigiliamo sull’applicazione. Vigilare non vuol dire mettersi di traverso ma fare le cose fatte bene”.

Tajani ha aperto alla posizione di Occhiuto, riconoscendo le preoccupazioni delle regioni del Sud: “La riforma deve essere a vantaggio di ogni cittadino italiano”. Ha chiarito che non mette in discussione “l’impegno preso da FI” con gli alleati, ma ha sottolineato che “serve un’ulteriore riflessione”. Tajani ha anche espresso preoccupazioni in quanto ministro degli Esteri, affermando che “il commercio estero deve restare competenza nazionale, le Regioni non possono sostituire lo Stato”.

Queste dichiarazioni segnano un cambio di ritmo per Forza Italia, il cui ruolo all’interno del governo appare ora più dialettico e di pungolo. Prima di Tajani, altri dirigenti del partito avevano preso le distanze dall’Autonomia. Licia Ronzulli, ad esempio, ha criticato il decreto sulle liste d’attesa appena convertito, definendolo “una misura tampone, ma insufficiente”.

Un altro fronte aperto è quello del decreto Carceri: il compromesso raggiunto dalla maggioranza ha sacrificato ben sette emendamenti forzisti su nove. La linea securitaria di Fratelli d’Italia e Lega, che nega anche la semilibertà per chi ha ancora quattro anni da scontare, ha prevalso. In commissione, i dirigenti forzisti hanno abbozzato: “Non si può ottenere tutto subito”, ha detto Maurizio Gasparri. Tuttavia, lunedì sarà illustrata l’iniziativa comune di FI con i Radicali per affrontare “la questione penitenziaria”.

Recentemente, fonti forziste hanno sbarrato la strada alla proposta della Lega di aumentare la raccolta pubblicitaria Rai per abbassare il canone, affermando che “non è nel programma”.

Le parole di Tajani arrivano mentre il consiglio dei ministri affronta il nodo dell’Autonomia con una informativa del ministro Roberto Calderoli. “Ad oggi sono state trasmesse al governo le richieste delle Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria”, ha riferito Calderoli. Tajani ha chiesto di visionare la relazione e Calderoli, in tono gelido, ha assicurato: “La invio a tutti”.

In conclusione, le dichiarazioni di Tajani rappresentano un tentativo di Forza Italia di ritagliarsi un ruolo più critico e costruttivo all’interno del governo, affrontando temi delicati come l’Autonomia differenziata e la questione penitenziaria, cercando al contempo di mantenere un equilibrio con gli alleati.

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Svolta sulle Autostrade, allo Stato parte dei pedaggi

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Una parte dei pedaggi autostradali andrà nelle casse dello Stato anziché in quelle delle società concessionarie. E’ con questa novità che si sblocca la partita delle concessioni, che aveva tenuto il stallo per qualche giorno il disegno di legge annuale sulla concorrenza. Il provvedimento, che spazia dalla proroga dei dehors alle sanzioni per taxi e Ncc abusivi, incassa così il via libera del consiglio dei ministri.

Che suggella anche un nuovo tassello della delega fiscale. Ottiene infatti il via libera definitivo l’undicesimo decreto attuativo, che contiene nuove scadenze per le dichiarazioni e qualche nuovo aggiustamento al concordato preventivo, il meccanismo con cui il governo conta di incassare risorse da usare per la manovra. In particolare, slitta dal 30 settembre al 31 ottobre la scadenza per l’invio delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’Irap. Viene inoltre ampliato da 30 a 60 giorni il termine per il pagamento degli avvisi bonari ricevuti a seguito del controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni.

Per favorire l’adesione al concordato, invece, arriva la flat tax incrementale sul maggior reddito concordato, con aliquote variabili dal 10 al 15% in base al punteggio Isa (che indica l’affidabilità fiscale). Vengono anche rivisti gli acconti, con una minore maggiorazione. Approvato anche il “superamento definitivo del redditometro”, annuncia il vicepremier Matteo Salvini, intestando alla Lega questa “grande vittoria”, che dà lo “stop al Grande Fratello fiscale”. Un risultato su cui cui rivendica il proprio merito anche Fi.

“Viene introdotta una nuova misura, che stanerà i grandi evasori”, spiega da FdI il capogruppo alla Camera Tommaso Foti ricordando l’impegno del partito di Giorgia Meloni per un “fisco amico”. Il viceministro dell’Economia, esponente di FdI e ‘regista’ della delega, Maurizio Leo, che un paio di mesi fa aveva firmato un decreto che lo reintroduceva, poi sospeso, non ne fa menzione nel suo commento: illustra le altre misure e parla di “passo significativo verso una maggiore efficienza e semplificazione del sistema fiscale”.

Nel ddl concorrenza, che è uno dei 69 obiettivi per ottenere la settima rata del Pnrr, la principale novità è la riforma delle concessioni autostradali: arriva – per quelle in scadenza dal 2025 – un nuovo modello tariffario, già sperimentato in 4 concessioni (Ativa, Satap A21, Salt e A10 Fiori), che distingue la tariffa in 3 componenti, di cui due di competenza del concessionario e una, il cosiddetto extragettito, destinata al concedente e i cui proventi saranno utilizzati per realizzare gli investimenti, senza incrementare i pedaggi.

Il nuovo modello prevede anche che le future concessioni non supereranno i 15 anni. “L’obiettivo è realizzare opere pubbliche e tenere sotto controllo i pedaggi”, spiega Salvini, che in cdm porta anche una delibera che dà mandato all’avvocatura per depositare il ricorso contro i divieti unilaterali di Vienna al Brennero. Tante le altre misure del ddl concorrenza, dalla portabilità delle scatole nere alle start up innovative, dalle sanzioni per fronteggiare l’abusivismo nel settore dei taxi e Ncc alle misure per contrastare la cosiddetta ‘shrinkflation’, la pratica che consiste nel ridurre la quantità di prodotto, mantenendo inalterato il confezionamento. Ci sono anche la portabilità delle scatole nere e la proroga (per un anno, in attesa delle norme di riordino del settore) dei dehors, che incassa il plauso delle sigle di categoria ma su cui i consumatori minacciano ricorsi. “Con il ddl – commenta il ministro delle Imprese Adolfo Urso – compiamo un altro significativo passo nella giusta direzione, a supporto delle imprese e a tutela dei consumatori”.

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