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Politica

De Luca è già in campagna elettorale e il Pd balla il minuetto dell’accordo col M5S che dice: mai un’alleanza

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Quale è l’idea del M5S per la Campania? E soprattutto chi ha una idea su cosa debba fare in futuro il M5S in Campania? Proviamo a capire. La base del M5S (quasi il 90 per cento), da quel che hanno detto nel corso di una assemblea con 400 tra attivisti e portavoce in un albergo di Napoli, non andrebbe al voto alle regionali alleandosi col Pd probabilmente nemmeno se questi dicessero al presidente della giunta regionale uscente Vincenzo De Luca di accomodarsi gentilmente in panchina.

Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Nelle trattative c’è anche l’accordo possibile con DemA (foto Salvatore Laporta)

Lo sponsor di un accordo largo per le regionali tra Pd, M5S e anche DemA, il movimento arancione del sindaco Luigi de Magistris, è quel Roberto Fico (oggi presidente della Camera) che ha anche in mente due candidati che potrebbero essere vincenti. Dei nomi parliamo dopo, ora spieghiamo perchè Roberto Fico ha una posizione nettamente minoritaria in Campania e perchè all’assemblea dei Cinquestelle della Campania è stato silenziato con garbo ma con fermezza.  Il 90 per cento di no al Pd in Campania non è una piccola bega locale ma un problema politico serio nazionale. I 5Stelle in Campania, gli  attivisti, gli iscritti ed i portavoce sono il mondo di quel Luigi Di Maio che quando ha capito che lo stavano cuocendo a fuoco lento si è dimesso da capo politico ed ha lasciato tanti leader e leaderini  a giocare al tutti contro tutti, senza aver più il cosiddetto capo politico da bersaglio facile da impallinare.

Gruppo Consiliare del M5S. I portavoce dei Cinquestelle in consiglio regionale sono tutti contrari ad un accordo con Pd

Fino al congresso sarà così. E più tardi si farà, peggio sarà per il Movimento Cinquestelle. La partita campana posta nei termini più semplici è già risolta. Niente alleanza col Pd. Così vogliono iscritti e eletti. Ma c’è chi come Fico potrebbe premere per un voto sulla piattaforma web Rousseau. Così si potrebbe aggirare il problema, si allargherebbe  la platea degli utenti, si uscirebbe dal confine campano e si potrebbe ragionevolmente pensare di ribaltare quel NO. Certo chi vuole una soluzione del genere dovrà chiederla e metterci la faccia. Non lo farà Fico, ovviamente.  Per ora resta l’esito del voto dell’assemblea di domenica a Napoli, in cui è stato detto un No secco all’intesa con i dem. Da mesi lavora a questa intesa Roberto Fico. Da mesi non solo Fico ma molti parlamentari e qualche ministro lavorano per un accordo largo in Campania che coinvolga non solo il Pd ma anche Luigi de Magistris. Chi ci lavora di più sotto traccia in accordo con Fico è Sergio Costa, il ministro dell’Ambiente.  Costa è il possibile candidato comune. Lui non dice nulla di questa ipotesi, ma fa sapere che è interessato a capire con quale idea e con quale progetto si va alle elezioni regionali in Campania. Tenendo presente che “per vincere bisogna stare assieme, non da soli” sostiene Costa. Ebbene allora che il generale-ministro Costa sappia che tra gli oltre 400 tra eletti e attivisti dell’assemblea di Napoli hanno detto che non se ne parla nemmeno. L’unica soluzione per provare a superare questo muro invalicabile è dunque la famosa (o famigerata) piattaforma Rousseau.

Roberto Fico. Il presidente della Camera lavorava per un accordo col Pd ma alla assemblea regionale del M5S si è ritrovato con un 90 per cento di attivisti che dice NO

Il presidente della Camera Fico spinge per questa soluzione. Il capo politico reggente, Vito Crimi, potrebbe non avere la forza di impedirlo. Oppure potrebbe concedere questo voto perchè venga sancito il no al Pd anche su Rousseau. Sia come sia, si battaglierà, eventualmente, se il voto su Rousseau debba essere nazionale o limitato agli iscritti della Campania, come pure sembrerebbe più equo.  Al momento chi tira le fila di questa posizione ortodossa, o se vi piace di più delle origini, è la consigliera regionale Valeria Ciarambino. Che cosa vuole la Ciarambino? Il suo è solo un No al Pd aprioristico o c’è dietro un ragionamento politico? Lo scopriremo presto. Di sicuro la strada per chi vuole l’accordo tra M5S e Pd è molto in salita. E nel frattempo che questi discutono, Vincenzo De Luca è già da mesi in campagna elettorale. De Luca vede gente, fa casting di candidati, arruola fratelli di grossi nomi della sanità campana che hanno vasto seguito elettorale, imbarca matusalemme come l’ex premier Ciriaco De Mita, l’ex ministro Paolo Cirino Pomicino, l’ex presidente della Commissione di Vigilanza Rai Riccardo Villari e tantissimi altri vecchi della politica che hanno già scelto dove stare e con chi stare alle prossime elezioni regionali. Insomma per De Luca avere o meno l’appoggio del Pd, aspettare che decidano di fare un accordo con il M5S non è importante. Per lui conta fare liste civiche, chiudere accordi con partiti e conventicole varie che producono consenso.

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Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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Politica

Mattarella: sull’antifascismo unità del popolo è doverosa

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Un regime “disumano” che “negava l’innegabile” attraverso una strettissima censura dei giornali, che “non conosceva la pietà”, che educava i bambini “all’obbedienza cieca ed assoluta”. Un regime, quello fascista, “totalmente sottomesso” a quello hitleriano nonostante le velleità di grandezza, inginocchiato ai nazisti che “ci consideravano un popolo inferiore”. Sergio Mattarella si spende il suo 25 aprile per una contundente lezione di storia che non lascia alcuno spazio ai revisionismi. Il presidente della repubblica ha scelto la cittadina toscana di Civitella Val di Chiana, dove i nazisti uccisero a freddo quasi 250 civili per ritorsione compiendo così un “gravissimo crimine di guerra”.

Mentre le piazze italiane ospitavano tra le tensioni una serie di manifestazioni nelle quali il ricordo del nazifascismo si sbiadiva nella contestazione ad Israele per i suoi sanguinosi attacchi sulla striscia di Gaza, il capo dello Stato almanaccava gli orrori compiuti dal fascismo, le sue codardie, il collaborazionismo con i nazisti fino all’ultimo tragico errore della repubblica di Salò, “il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il controllo totale di Hitler”. Una serie potente di ricordi e citazioni per chiudere la porta, evidentemente Mattarella ne sentiva la necessità anche in questo turbolento 2024, a quei venticelli che soffiano distinguo e giustificazioni da e verso i palazzi della politica, quasi a voler mettere sullo stesso piano chi combattè per la libertà e chi quella libertà l’aveva svenduta ai nazisti. Un discorso tutto teso quindi alla “memoria” senza la quale, ha sottolineato, “non c’è futuro”.

Al presidente della Repubblica è stato necessario ripercorrere con crudezza la realtà storica per arrivare al cuore del messaggio di questo suo intervento per la Festa della “liberazione” che non è una festa della “libertà” genericamente intesa. C’è stato chi ha liberato e chi ha collaborato con i nazisti. “L’antifascismo” dovrebbe far parte del dna degli italiani, sembra dire Mattarella, ed è forse frustrante doverlo ripetere ad ogni 25 aprile. La costituzione nasce dalla Liberazione, da quanti la resero possibile, e non ci dovrebbero essere divisioni sulla giustezza dei valori che compongono e strutturano la parola “antifascista”, peraltro “fondanti” della stessa Costituzione. “Intorno all’antifascismo – ha spiegato il presidente – è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

Se l’anno scorso da Cuneo Mattarella chiuse il suo discorso con una frase ad effetto ed altamente simbolica, “ora e sempre Resistenza!”, dalla Toscana ha articolato il ragionamento parlando del “riscatto morale” che rimise in piedi l’Italia: “L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità.

La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”. Ed anche, è il non detto, il coraggio di prendere le armi per ritrovare una dignità che si era perduta sin dal lontano 1924. L’anno dell’omicidio di Giacomo Matteotti voluto da Mussolini, eseguito dai suoi sgherri, coperto proprio da quel fascismo nascente che con l’uso compiacente dei media di allora, coprì, depistò ed insabbiò. Il coraggioso politico socialista ed antifascista del quale si celebrano i 100 anni dell’omicidio e la cui figura il presidente ha voluto ricordare perchè già allora il fascismo svelò “i suoi veri tratti brutali e disumani”.

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Politica

Vannacci, il parà sospeso si lancia in politica

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Per la Difesa ha mostrato “carenza del senso di responsabilità” e compromesso “il prestigio e la reputazione dell’Amministrazione di appartenenza”. Secondo Matteo Salvini è invece il nome buono da spendere alle Elezioni europee di giugno. Roberto Vannacci fa il suo 25 aprile e si libera dagli indugi, accettando la candidatura della Lega. Si apre così la prospettiva di una terza vita per il generale – sospeso dal servizio dallo scorso 28 febbraio – dopo quella in divisa e la carriera da scrittore: lotterà per affermare “i valori di Patria, tradizioni, famiglia, sovranità e identità” nelle aule di Strasburgo e Bruxelles.

Con l’annuncio di oggi si chiude quindi la lunga telenovela – “mi candido/non mi candido” – durata svariati mesi. Vannacci, toscano, 56 anni, 37 passati in divisa con il basco amaranto dei parà, al suo attivo missioni in teatri ad alto rischio come la Somalia, l’Afghanistan, l’Iraq, è diventato un personaggio appetibile per la politica nell’agosto scorso, con la pubblicazione del suo libro autoprodotto, ‘Il mondo al contrario’, caso letterario da oltre 200mila copie sull’onda delle polemiche per alcuni controversi passaggi: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!”, i gay pride sono dominati da “sconcezze, stravaganze, blasfemie e turpitudini”, “se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce – ammazzandolo – perché dovrei rischiare di essere condannato per eccesso colposo di legittima difesa visto che il povero malcapitato tentava solo di rubarmi l’orologio da polso?”. E ancora, il ricordo della sua curiosità nel 1975 a Parigi per le persone di colore: “nel metrò, fingevo di perdere l’equilibrio per poggiare accidentalmente la mia mano sopra la loro, per capire se la loro pelle fosse al tatto più o meno dura e rugosa della nostra”.

Concetti che hanno scatenato l’ostilità da parte del centrosinistra, ma anche stima e apprezzamento da parte di Salvini. Il best seller ha anche attirato l’attenzione del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha convocato il generale per contestargli le “farneticazioni personali” che “screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione”. E’ partita quindi un’inchiesta disciplinare che si è conclusa nel febbraio scorso con la sospensione in servizio per 11 mesi. Da militare può candidarsi dopo aver chiesto una licenza, ma al momento è sospeso, dunque può evitarlo. Se sarà eletto dovrà chiedere l’aspettativa.

Per Vannacci – molto attivo sui social, nel suo profilo Facebook un’immagine di Corto Maltese sdraiato a guardare il cielo – ci sono anche guai giudiziari: deve rispondere infatti delle accuse di peculato e truffa, in relazione alle spese sostenute nel suo periodo da addetto militare italiano a Mosca, tra il 2021 ed il 2022. Tutti ‘contrattempi’ che non hanno impedito all’ufficiale di lavorare alacremente alla sua seconda fatica letteraria, ‘Il coraggio vince’, uscita a marzo e promossa con un lungo tour che ha toccato diverse regioni. L’ultima polemica, durante una delle sue ultime uscite promozionali, proprio sul 25 aprile: “non scendo in piazza, me ne vado al mare con le mie figlie. Non mi dichiaro antifascista perché sono cose successe ottanta anni fa”. Per il generale è comunque una data da ricordare: quella della sua discesa in campo da politico.

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