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Politica

Braccio di ferro nel centrodestra, sospetti su Forza Italia

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Sguardo fisso al Quirinale, il centrodestra aspetta la fine del Conte bis, a poche ore dal sigillo delle dimissioni del premier. All’occasione si proclama “unito e compatto”, pronto a un nuovo vertice (anche con i centristi) ma le strategie non vanno nella stessa direzione. E i sospetti sono su a Forza Italia. L’ipotesi di un terzo governo dell’Avvocato del popolo potrebbe aprire una breccia pericolosa tra Silvio Berlusconi e gli altri due alleati. A separarli e’ la strada del governo di unita’ nazionale che il Cavaliere indica come la migliore, contro quella del voto anticipato, da sempre scudo di Giorgia Meloni, brandito ora anche da Matteo Salvini. “Una terza via non esiste”, e’ il commento spiccio del leghista incontrando gli albergatori a Torino, dove insiste: “Le imprese hanno bisogno di certezze, non di un governo che tira a campare su quattro senatori in vendita”. Per Forza Italia pero’ il raggio d’azione e’ piu’ largo, tanto quanto la maggioranza che potrebbe sostenere il Conte ter, compresi quindi gli azzurri ma anche il figliol prodigo Renzi, se tornasse nella squadra di Conte. E chissa’ che in realta’, ricomprendere Italia viva, non si riveli una tattica del Cavaliere per abbassare cresta e rivendicazioni al Matteo di Rignano. Di certo potrebbe essere un modo per arginare le fughe di parlamentari verso l’avvocato pugliese. Insomma, angoli tutti da smussare e non facilmente. Non a caso, a sera la Lega richiama l’attenzione sul ‘fronte unico’: “Centrodestra unito e compatto. Salvini ha chiamato gli altri leader, compresi i gruppi centristi, e domani e’ previsto un vertice”, annuncia in una nota che tiene pero’ il punto: “La linea della coalizione resta quella espressa pochi giorni fa al Quirinale”. E’ ancora cosi’ per FdI: di fronte al balletto del ‘dimissioni si’ o dimissioni no’, Meloni si sfoga su Facebook: “L’Italia non si merita questo schifo”. Eppure, giovedi’ scorso scendendo dal Colle, la voce dei tre leader del centrodestra fu all’unisono: un capolavoro di diplomazia. “Con questo Parlamento e’ impossibile lavorare. Il centrodestra ha ribadito al presidente la fiducia nella sua saggezza”, scrissero i tre partiti, senza mai pronunciare la parola ‘voto’. Non e’ cambiata di una virgola la Posizione che non cambia per FdI Da vera crisi al buio, i giochi sono ancora aperti e legati alle condizioni della ‘resa’ di Conte e soprattutto della sua ripartenza, dopo il confronto con il capo dello Stato. Ma e’ sul dopo Conte ter che rischiano di incrinarsi le opposizioni. Un esecutivo di larghe intese giustificato dalla morsa della pandemia, ancora stretta, dai ritardi nelle vaccinazioni e dal pochissimo ossigeno ancora rimasto per imprese e lavoratori, convince solo FI e l’area centrista. Cosi’ alle parole ancora piu’ nette di Berlusconi sulla via maestra (“un nuovo governo che rappresenti l’unita’ sostanziale del Paese in un momento di emergenza”), seguono le componenti Idea-Cambiamo, e in parte dell’Udc. Per i primi si schiera Paolo Romani: “Sono per un governo di unita’ nazionale o come si voglia chiamare, di salvezza mi sembra eccessivo”, ricorda il senatore, che fu storico forzista, e che quindi osserva positivamente la posizione di Forza Italia a differenza del fronte unico, pro voto, mostrato dopo il colloquio con Mattarella. D’accordo con la proposta del Cav anche Antonio Saccone dell’Udc (“Potrebbe essere un viatico interessante, Berlusconi e’ persona saggia a proporlo”). Del resto il partito del dimissionario (e indagato) Lorenzo Cesa sbatte la porta all’operazione ‘costruttori’. “L’Udc rimane fuori dai giochi dei ‘responsabili'”, sentenzia dopo una riunione che ha espresso, sottolinea il partito, “la posizione condivisa dai parlamentari Udc”, ricordando che i suoi 3 senatori hanno negato la fiducia a Conte in Aula il 19 gennaio e altrettanti diranno no alla relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Un voto che, con le dimissioni di Conte, non ci sara’ piu’.

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Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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Politica

Mattarella: sull’antifascismo unità del popolo è doverosa

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Un regime “disumano” che “negava l’innegabile” attraverso una strettissima censura dei giornali, che “non conosceva la pietà”, che educava i bambini “all’obbedienza cieca ed assoluta”. Un regime, quello fascista, “totalmente sottomesso” a quello hitleriano nonostante le velleità di grandezza, inginocchiato ai nazisti che “ci consideravano un popolo inferiore”. Sergio Mattarella si spende il suo 25 aprile per una contundente lezione di storia che non lascia alcuno spazio ai revisionismi. Il presidente della repubblica ha scelto la cittadina toscana di Civitella Val di Chiana, dove i nazisti uccisero a freddo quasi 250 civili per ritorsione compiendo così un “gravissimo crimine di guerra”.

Mentre le piazze italiane ospitavano tra le tensioni una serie di manifestazioni nelle quali il ricordo del nazifascismo si sbiadiva nella contestazione ad Israele per i suoi sanguinosi attacchi sulla striscia di Gaza, il capo dello Stato almanaccava gli orrori compiuti dal fascismo, le sue codardie, il collaborazionismo con i nazisti fino all’ultimo tragico errore della repubblica di Salò, “il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il controllo totale di Hitler”. Una serie potente di ricordi e citazioni per chiudere la porta, evidentemente Mattarella ne sentiva la necessità anche in questo turbolento 2024, a quei venticelli che soffiano distinguo e giustificazioni da e verso i palazzi della politica, quasi a voler mettere sullo stesso piano chi combattè per la libertà e chi quella libertà l’aveva svenduta ai nazisti. Un discorso tutto teso quindi alla “memoria” senza la quale, ha sottolineato, “non c’è futuro”.

Al presidente della Repubblica è stato necessario ripercorrere con crudezza la realtà storica per arrivare al cuore del messaggio di questo suo intervento per la Festa della “liberazione” che non è una festa della “libertà” genericamente intesa. C’è stato chi ha liberato e chi ha collaborato con i nazisti. “L’antifascismo” dovrebbe far parte del dna degli italiani, sembra dire Mattarella, ed è forse frustrante doverlo ripetere ad ogni 25 aprile. La costituzione nasce dalla Liberazione, da quanti la resero possibile, e non ci dovrebbero essere divisioni sulla giustezza dei valori che compongono e strutturano la parola “antifascista”, peraltro “fondanti” della stessa Costituzione. “Intorno all’antifascismo – ha spiegato il presidente – è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

Se l’anno scorso da Cuneo Mattarella chiuse il suo discorso con una frase ad effetto ed altamente simbolica, “ora e sempre Resistenza!”, dalla Toscana ha articolato il ragionamento parlando del “riscatto morale” che rimise in piedi l’Italia: “L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità.

La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”. Ed anche, è il non detto, il coraggio di prendere le armi per ritrovare una dignità che si era perduta sin dal lontano 1924. L’anno dell’omicidio di Giacomo Matteotti voluto da Mussolini, eseguito dai suoi sgherri, coperto proprio da quel fascismo nascente che con l’uso compiacente dei media di allora, coprì, depistò ed insabbiò. Il coraggioso politico socialista ed antifascista del quale si celebrano i 100 anni dell’omicidio e la cui figura il presidente ha voluto ricordare perchè già allora il fascismo svelò “i suoi veri tratti brutali e disumani”.

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Politica

Vannacci, il parà sospeso si lancia in politica

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Per la Difesa ha mostrato “carenza del senso di responsabilità” e compromesso “il prestigio e la reputazione dell’Amministrazione di appartenenza”. Secondo Matteo Salvini è invece il nome buono da spendere alle Elezioni europee di giugno. Roberto Vannacci fa il suo 25 aprile e si libera dagli indugi, accettando la candidatura della Lega. Si apre così la prospettiva di una terza vita per il generale – sospeso dal servizio dallo scorso 28 febbraio – dopo quella in divisa e la carriera da scrittore: lotterà per affermare “i valori di Patria, tradizioni, famiglia, sovranità e identità” nelle aule di Strasburgo e Bruxelles.

Con l’annuncio di oggi si chiude quindi la lunga telenovela – “mi candido/non mi candido” – durata svariati mesi. Vannacci, toscano, 56 anni, 37 passati in divisa con il basco amaranto dei parà, al suo attivo missioni in teatri ad alto rischio come la Somalia, l’Afghanistan, l’Iraq, è diventato un personaggio appetibile per la politica nell’agosto scorso, con la pubblicazione del suo libro autoprodotto, ‘Il mondo al contrario’, caso letterario da oltre 200mila copie sull’onda delle polemiche per alcuni controversi passaggi: “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!”, i gay pride sono dominati da “sconcezze, stravaganze, blasfemie e turpitudini”, “se pianto la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce – ammazzandolo – perché dovrei rischiare di essere condannato per eccesso colposo di legittima difesa visto che il povero malcapitato tentava solo di rubarmi l’orologio da polso?”. E ancora, il ricordo della sua curiosità nel 1975 a Parigi per le persone di colore: “nel metrò, fingevo di perdere l’equilibrio per poggiare accidentalmente la mia mano sopra la loro, per capire se la loro pelle fosse al tatto più o meno dura e rugosa della nostra”.

Concetti che hanno scatenato l’ostilità da parte del centrosinistra, ma anche stima e apprezzamento da parte di Salvini. Il best seller ha anche attirato l’attenzione del ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha convocato il generale per contestargli le “farneticazioni personali” che “screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione”. E’ partita quindi un’inchiesta disciplinare che si è conclusa nel febbraio scorso con la sospensione in servizio per 11 mesi. Da militare può candidarsi dopo aver chiesto una licenza, ma al momento è sospeso, dunque può evitarlo. Se sarà eletto dovrà chiedere l’aspettativa.

Per Vannacci – molto attivo sui social, nel suo profilo Facebook un’immagine di Corto Maltese sdraiato a guardare il cielo – ci sono anche guai giudiziari: deve rispondere infatti delle accuse di peculato e truffa, in relazione alle spese sostenute nel suo periodo da addetto militare italiano a Mosca, tra il 2021 ed il 2022. Tutti ‘contrattempi’ che non hanno impedito all’ufficiale di lavorare alacremente alla sua seconda fatica letteraria, ‘Il coraggio vince’, uscita a marzo e promossa con un lungo tour che ha toccato diverse regioni. L’ultima polemica, durante una delle sue ultime uscite promozionali, proprio sul 25 aprile: “non scendo in piazza, me ne vado al mare con le mie figlie. Non mi dichiaro antifascista perché sono cose successe ottanta anni fa”. Per il generale è comunque una data da ricordare: quella della sua discesa in campo da politico.

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