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Cronache

Delitto Caccia, per figli del pm accertata ‘mezza verità’

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Un passo avanti sulla strada della verita’, anche se non ancora sufficiente. A 37 anni dall’omicidio di Bruno Caccia, il procuratore di Torino prima vittima di mafia al Nord, i figli chiedono alla giustizia di “fare definitivamente chiarezza su tutte le responsabilita’”. La condanna all’ergastolo in Cassazione di Rocco Schirripa, il panettiere legato alla ‘ndrangheta accusato di far parte del gruppo di fuoco che sparo’ al magistrato sotto casa, e’ solo un capitolo di una vicenda dalle trame “ampie e complesse”. “Noi famigliari non possiamo accontentarci: quanto e’ stato fin qui accertato dai processi e’ solo una mezza verita’”, dicono Guido, Paola e Cristiana Caccia. All’ergastolo dal 1989, che ora sta scontando ai domiciliari per gravi ragioni di salute, c’e’ Domenico Belfiore, 68 anni, boss della ‘Ndrangheta ritenuto mandante del delitto. La famiglia Caccia non si e’ mai rassegnata: impossibile che Belfiore avesse deciso da solo, impossibile che non saltassero fuori i nomi dei killer, impossibile che non si sapesse con precisione il vero movente. “Mancano ancora i nomi degli altri esecutori e non e’ stata fatta piena luce su movente e mandante”, sostengono i tre figli, che con il loro avvocato di fiducia, Fabio Repici, si battono da anni per ottenere piena giustizia. Ci sono ancora due procedimenti sull’omicidio, una delle pagine piu’ buie della storia di Torino. Quello aperto nel 2015, e ancora pendente presso il gip di Milano, segue piste gia’ presenti negli atti del primo processo. L’altro, sempre a Milano, e’ in fase di indagini preliminari presso la Procura generale, che ha avocato a se’ il fascicolo nel quale l’ex presunto terrorista dei Colp Francesco D’Onofrio viene indicato come killer da un pentito di ‘ndrangheta, il 28enne Domenico Agresta. “Ci ha fatto piacere che il Procuratore generale della Corte di Cassazione, Alfredo Viola, nella sua requisitoria abbia riconosciuto ‘il lavoro encomiabile delle parti civili per fare piena luce su ogni anfratto del delitto'”, sostengono i figli di Bruno Caccia, esprimendo “profonda gratitudine” per l’avvocato Repici e per Mario Vaudano, 75 anni, ex collega del magistrato assassinato e consulente della famiglia. In questi anni, dicono, hanno profuso “lavoro, impegno e intelligenza per aiutarci nella ricerca della verita’”. “Ora auspichiamo che collaborino a questo sforzo tutte le forze in campo – concludono – e l’intera societa’ civile, da cui forse potrebbe giungere un aiuto decisivo nella ricostruzione dei fatti”.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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