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‘Ndrangheta in Lombardia, frodi e rifiuti: l’ombra della cosca dei Morabito dietro 18 arresti e sequestri per 34 milioni di euro

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Circa 160 milioni l’ammontare complessivo della frode, di cui 34 sono quelli recuperati dalla Guardia di finanza; un reticolo di società, alcune collocate anche in Svizzera e Croazia, che emettevano fatture false per aggirare le tasse italiane e consentire il riciclaggio di somme illecite. E l’ombra di uno dei clan piu’ potenti della Lombardia, con nomi notissimi: Morabito-Bruzzaniti-Palamara e Novella-Gallace. E’ il risultato dell’operazione ‘Garpez’ della Gdf milanese, partita da un’indagine della tenenza di Cernusco Lombardone (Lecco), che ha dimostrato ancora una volta come gli interessi della criminalita’ organizzata calabrese sono sempre piu’ rivolti ad affari “puliti” come la girandola di societa’ fraudolente scovate in questo caso.

  Al centro dell’indagine c’e’ la figura di Alessandro Magnozzi, 53enne del Lecchese, considerato capo dell’organizzazione criminale; imprenditore nel campo delle telecomunicazioni, in grado di movimentare milioni di euro, ma con una dichiarazione dei redditi che non superava i 40 mila. La tecnica utilizzata era quella della creazione di scatole di societa’ a capo della quale c’era la ‘Digiconnect’, per auto-riciclare i proventi di usura ed estorsione. Secondo il gip Livio Cristofano (che ha emesso le misure cautelari per 20 persone di cui 18 in carcere, in base alle richieste dei pm della Dda Sara Ombra e Gianluca Prisco) sono accertati i suoi contatti con Bartolo Bruzzaniti, gia’ condannato per associazione a delinquere e parente di Rocco Morabito, fratello del superboss ‘ndranghetista Giuseppe Morabito, detto ‘o Tiradrittui. Secondo quanto riportato nell’ordinanza di custodia cautelare i due si sono incontrati in un locale di Stresa, sul Lago Maggiore, dove lo stesso Bruzzaniti gli avrebbe offerto l’opportunita’ di “un nuovo business ne settore dei rifiuti che gli avrebbe fruttato un guadagno di 4 milioni di euro all’anno”. Incontro avvenuto nel marzo 2018 dopo che, stando alle carte, Magnozzi aveva “agito per agevolare la cosca Morabito” gia’ a partire dagli inizi del 2017 e almeno fino al dicembre 2018.

A mettere in contatto Magnozzi con gli ‘ndranghetisti era stato un altro indagato nell’operazione, Paolo Paleari, le cui intercettazioni mostrano uno stretto contatto con Francesca Maviglia, moglie del boss Bartolo Bruzzaniti e in generale con la famiglia, come ha dimostrato l’indagine Omnia, in cui era gia’ stato coinvolto. Se, a detta del gip, le indagini non sono state in grado di dimostrare l’affiliazione effettiva dell’imprenditore alla cosca, “un dato incontrovertibile” del suo essere loro debitore “e’ l’aver assunto per alcuni mesi nella sua societa’, Sistema Srl., la moglie di Antonio Bruzzaniti”, fratello di Bartolo, ovvero Maria Morabito, impiegata dal febbraio al novembre 2017 e dal febbraio al marzo del 2018 (come dimostrano le voci dei conti correnti societari sul conto della donna con la dicitura ‘pagamento stipendio’). Analoga assunzione fittizia vale anche per la moglie del boss, Francesca Maviglia, assunta alla ‘IT Continuity srl’, sempre riconducibile a Magnozzi, dal giugno al dicembre 2016. Assunzioni che dimostrano il legame dell’imprenditore nei confronti della cosca, visto che, si legge “il suo agire era finanziato e supportato dai flussi finanziari provenienti dalle famiglie mafiose”. A suo vantaggio poi Magnozzi utilizzava “la forza intimidatoria” che gli derivava dai rapporti diretti con i boss, non solo per creare il reticolo di societa’ destinate alla frode, ma anche per compiere usura ed estorsioni. Una delle vittime, un imprenditore Brianzolo, ha infatti dichiarato ai finanzieri di Cernusco Lombardone, di essere ricorso ad un prestito quando era in difficolta’ con le cartelle esattoriali di Equitalia: a Magnozzi aveva chiesto diverse somme, che era stato costretto a restituire con tassi che andavano dal 15 al 120 per cento. Una curiosita’: a dare il nome all’operazione, ‘Garpez’ e’ la firma di un pittore, poiche’, fra i beni sequestrati, ci sono anche quadri di valore.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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