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Il Milan a gonfie vele, 3-1 al Verona e +3 sulla Juve

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La settimana perfetta del Milan, dopo la brillante qualificazione di Europa League, si chiude nel migliore dei modi. È da tempo peraltro che Verona non è più “fatal” per i rossoneri, che superano in scioltezza l’Hellas: una gran giocata di Theo Hernandez per aprirla, un disastro di Dawidowicz per scavare una fossa dalla quale Noslin prova a far uscire i padroni di casa; una magia di Chukwueze la chiude definitivamente, e il 3-1 finale dice che ora il Milan ha tre punti di vantaggio sulla Juventus ed è sempre più secondo. Milan e Verona in apertura presentano un attacco simile.

In casa gialloblù come tra gli ospiti la prima punta, Noslin da una parte, Okafor dall’alrtra, è veloce e più adatta ad attaccare la profondità che giocare spalle alla porta. In difesa per il Milan c’è Kalulu, nel Verona Centonze. Nei primi venti minuti i rossoneri costruiscono un paio di opportunità da palle inattive. Theo Hernandez trova dentro l’area Tomori, che non è determinato e la difesa di casa ha la meglio, mentre è bravissimo Montipò sul destro al volo di Okafor a respingere a mano aperta. Il Milan spinge, clamorosa la traversa colpita con un gran destro da Pulisic a Montipò battuto.

Il Verona dal canto suo esce dal guscio con una bella iniziativa di Noslin: destro in diagonale, palla sul fondo. Ma proprio sui titoli di coda della prima frazione il Milan mette la freccia, e il merito è tutto di Theo Hernandez. Il francese vince un doppio rimpallo prima su Folorunsho, poi su Duda, e dalla linea di fondo d’esterno batte Montipò. Poi Theo si “becca” con il pubblico e con il tecnico Baroni: per entrambi cartellino giallo, pesante per il milanista che salterà la trasferta di Firenze. Inizio ripresa con due novità, Gabbia prende il posto di Kalulu mentre Dani Silva rileva Serdar.

Un errore grossolano di Dawidowicz spiana la strada al Milan: il centrale polacco si fa scippare palla da Okafor, Montipò mette una pezza ma Pulisic ha buon gioco e sospinge in rete il raddoppio. Sembra tutto compromesso per l’Hellas, con un Milan in totale controllo. Baroni allora cerca di dare più sostanza all’attacco, e mette dentro Mitrovic e Swiderski. Il riassetto è una scossa per i gialloblù, e Noslin trova un gran destro dal limite che riapre il match. In ripartenza Leao potrebbe comunque chiudere nuovamente la gara, ma il suo destro scagliato davanti a Montipò è impreciso. Il Verona rimane dunque in partita, ma i cambi di Pioli ricacciano l’Hellas ai bordi della contesa. E un gran sinistro al volo di Chukwueze manda la palla all’angolino basso alla sinistra di Montipò per il 3-1 definitivo. Il Bentegodi di fede gialloblù ammutolisce. Il finale è pura accademia, con un Verona che tuttavia non molla sino allo scadere, lotta e avvisa le dirette concorrenti per la salvezza: nonostante la sconfitta contro la lanciatissima seconda in classifica, i gialloblù danno segnali confortanti.

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Per De Laurentiis “Lorenzo Casini è il miglior presidente della Lega di serie A da 20 anni”

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“A me non risulta che questi quattro grandi club abbiano sfiduciato Lorenzo Casini (nella foto), perché non hanno la possibilità giuridica di farlo. Lui è il miglior presidente che la Lega abbia avuto negli ultimi vent’anni, da quando sono nel mondo del calcio”. Lo ha detto il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, che a margine dell’inaugurazione dell’evento ‘Race for The Cure’, a Roma, ha risposto ad una domanda sulla lettera che Milan, Roma, Inter e Juve hanno scritto al n.1 della Lega per dissociarsi dalla linea adottata sul tema delle riforme Secondo De Laurentiis, Casini, “è un uomo che conosce le regole dello stato, è un giurista e anche per questo sono fiducioso che si possa arrivare a ricomporre questo puzzle di incomprensioni verso un’unica strada: l’autonomia totale del calcio di Serie A. Si tratta di un’industria, non bisogna dimenticarselo, e in quanto tale deve essere autonoma e indipendente”.

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Volèe glamour e no vax, Camila Giorgi ritiro in silenzio

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Glamour, no-vax, un futuro nel campo della moda con il suo marchio Giomila, creato da mamma Claudia. Camila Giorgi ha deciso di lasciare il tennis agonistico a soli 32 anni e per una donna con tanti interessi può starci. Sorprende però il modo, improvviso e senza spiegazioni. Nessun annuncio, magari via social (peraltro frequentati dalla marchigiana di Macerata, dove rivela passione per la moda giocando con la sua avvenenza), com’è ormai abitudine diffusa tra gli sportivi. Sul profilo Instagram da oltre 700mila follower nemmeno un accenno. A svelarne l’addio al circuito mondiale è stata piuttosto la presenza del suo nome – in data 7 maggio – nella lista dell’International Tennis Integrity Agency (ITIA) sulle giocatrici ritirate ed uscite così dal protocollo antidoping.

Giorgi avrebbe dunque deposto ufficialmente la racchetta ieri, terminando di fatto la carriera con la sfida persa a Miami, il 24 marzo, contro la numero 1 al mondo Iga Swiatek: 6-1, 6-1. Nella classifica Wta del singolare occupa la 116ma posizione. Non era nell’entry list degli Internazionali d’Italia ed era in forse anche la partecipazione al Roland Garros. Dopo aver debuttato giovanissima, a soli 14 anni, nel circuito professionistico, Camila è salita fino al numero 26 del ranking (22 ottobre del 2018) ed ha messo in bacheca quattro trofei.

Il primo lo ha vinto a giugno 2015 sull’erba olandese di s’-Hertogenbosch (WTA 250). Sono seguiti quello sul veloce indoor di Linz (WTA 250) ad ottobre del 2018, quello sul cemento di Montreal (WTA 1000), il più prestigioso, ad agosto 2021, e quello di Merida (WTA 250), ancora sul cemento, a febbraio 2023. Ha raggiunto altre sei finali: Katowice e Linz 2014, Katowice (2015), Katowice (2016), Washington e Bronx 2019. Negli Slam il risultato migliore sono i quarti a Wimbledon 2018. Sui campi Giorgi ha fatto parlare di sé anche per il non sempre facile rapporto con il papà e allenatore Sergio, di origi argentine, definito dai detrattori un ‘padre-padrone’ che con le sue veementi proteste contro gli arbitri le avrebbe spesso nuociuto. E’ inoltre rimasta coinvolta in una storia di false certificazioni anti-Covid per la quale lo scorso 2 marzo la procura di Vicenza ha chiesto il rinvio a giudizio, tra gli altri, per lei e la cantante Madame.

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Champions, il Real Madrid batte il Bayern e va in finale: Ancelotti re di coppe

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Il Real Madrid ha compiuto un’impresa pazzesca al Santiago Bernabeu, ribaltando le sorti della semifinale di Champions League contro il Bayern Monaco e guadagnandosi un posto nella finale di Londra. La partita sembrava ormai indirizzata verso la vittoria del Bayern, che era in vantaggio grazie alla rete di Davies, ma Joselu ha cambiato il destino del match con una doppietta nei minuti finali.

Carlo Ancelotti, l’architetto di questa incredibile vittoria, ha dimostrato ancora una volta di essere il “re di coppe”. I suoi ragazzi hanno indossato una maglietta con la scritta “a por la 15′”, a testimonianza del desiderio di conquistare la quindicesima Coppa dei Campioni. Ancelotti ha saputo leggere la partita e ha effettuato le sostituzioni giuste al momento giusto, in particolare l’ingresso di Joselu si è rivelato decisivo per il successo del Real Madrid.

Il Bayern Monaco ha offerto una resistenza tenace, ma l’errore di Neuer ha aperto la porta al Real Madrid. La squadra spagnola ha preso l’iniziativa, sostenuta da un tifo assordante, e ha continuato a creare occasioni da gol. Vinicius è stato particolarmente pericoloso sulla fascia sinistra, ma è stata la determinazione di Joselu a fare la differenza.

Ancelotti ha elogiato l’apporto del suo staff e dei suoi giocatori, sottolineando l’importanza di delegare e di avere un gruppo di alto livello. La vittoria del Real Madrid è stata una dimostrazione di carattere e determinazione, e ora la squadra si prepara per affrontare il Borussia Dortmund nella finale di Champions League a Londra.

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