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Addio a Kurt Hamrin, “uccellino” viola che amava il gol

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L’uccellino. Era questo il soprannome di Kurt Hamrin, morto nella “sua” Firenze a 89 anni. Un soprannome dovuto o all’agilita’ in campo, dove sembrava volare. Su quelle ali diventò uno dei migliori marcatori della Serie A con 191 reti realizzate. La maggior parte della quali con la maglia della Fiorentina, ma anche con la Svezia, con la quale fu vicecampione del mondo nel ’58, battuto solo da Pele’ e dal Brasile. In viola ha siglato ben 208 gol su 362 gare ufficiali disputate tra campionato e coppe. Ed è per questo che Firenze non lo ha mai dimenticato, neanche quando nel 1966 con un blitz Nereo Rocco lo portò al Milan per fargli conquistare, a 34 anni, una meritatissima Coppa dei Campioni.

D’altronde lui contraccambiò con una doppietta in finale di Coppa delle Coppe – la seconda dopo quella vinta con la Viola – e la rete decisiva contro il Manchester United proprio per accedere alla finale di quella Coppa Campioni. Il fiuto del gol non gli è mai mancato. Anche a fine carriera ha continuato a segnare con le maglie di Napoli e Padova: in campo in 21 anni di carriera sempre ad alti livelli – dal 1951 al 1971 – ha messo a segno ben 317 reti in 585 presenze. La storia di Hamrin, come tante di quel periodo di grandi bandiere e grandi campioni, ha i caratteri del romanzo. La prima maglia che ha vestito in Italia è stata quella della Juventus: fu scelto direttamente da Gianni Agnelli che andò a vedere un Portogallo-Svezia e se ne innamorò: 15mila dollari all’Aik per quell’attaccante che si era appena laureato capocannoniere del campionato svedese.

Una leggenda, mai non smentita dall’Avvocato, racconta che un minatore italiano in Svezia abbia scritto una lettera ad Agnelli per raccomandargli un giovanissimo campione che non poteva non andare alla Juve. Con i bianconeri non andò al meglio a causa di un infortunio e per la presenza ingombrante di Sivori e Charles che non volevano cedergli spazio. Da lì il trasferimento per pochi mesi al Padova di Nereo Rocco che se ne innamorò calcisticamente. E poi l’arrivo a Firenze nel 1958: un amore a prima vista che non è mai finito al punto che appesi gli scarpini al chiodo si è trasferito a vivere nel capoluogo toscano.

Con la maglia della Viola ha sfiorato uno scudetto e, soprattutto, vinto due Coppe Italia ed una Coppa delle Coppe. Hamrin è stato il miglior marcatore della Fiorentina e, con 151 gol, il secondo in Serie A dopo Batistuta (152 reti). Nel 1967 il clamoroso passaggio al Milan su richiesta di Nereo Rocco. A Firenze si rischiarono anche scontri pubblici. Con i rossoneri vinse anche il campionato ma soprattutto diede un notevole contribuito in Coppa delle Coppe e poi in Coppa dei Campioni mettendo a referto 5 gol in 14 presenze. Due anni al Napoli e poi l’ultima stagione 1972 con l’Ifk Stoccolma.

E anche in patria è stato un protagonista. Membro della squadra vicecampione del mondo del 1958, quella di Gren, Nordahl e Liedholm, con cui ha realizzato 16 reti: quattro proprio in quel Mondiale che fu vinto dal Brasile di Pelè. Insomma, un grandissimo atleta che ha vestito la maglia della nazionale di calcio ma anche quella della massima rappresentativa svedese di hockey su ghiaccio. Ha giocato nella Serie A di hockey su ghiaccio per Aik nella prima parte del 1950, collezionando due presenze con la Nazionale nel 1953/54 contro il Canada. Ora il calcio dice addio ad Hamrin, l”Uccellino’ che ha amato lo sport e Firenze, dove è ancora oggi una leggenda.

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Volèe glamour e no vax, Camila Giorgi ritiro in silenzio

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Glamour, no-vax, un futuro nel campo della moda con il suo marchio Giomila, creato da mamma Claudia. Camila Giorgi ha deciso di lasciare il tennis agonistico a soli 32 anni e per una donna con tanti interessi può starci. Sorprende però il modo, improvviso e senza spiegazioni. Nessun annuncio, magari via social (peraltro frequentati dalla marchigiana di Macerata, dove rivela passione per la moda giocando con la sua avvenenza), com’è ormai abitudine diffusa tra gli sportivi. Sul profilo Instagram da oltre 700mila follower nemmeno un accenno. A svelarne l’addio al circuito mondiale è stata piuttosto la presenza del suo nome – in data 7 maggio – nella lista dell’International Tennis Integrity Agency (ITIA) sulle giocatrici ritirate ed uscite così dal protocollo antidoping.

Giorgi avrebbe dunque deposto ufficialmente la racchetta ieri, terminando di fatto la carriera con la sfida persa a Miami, il 24 marzo, contro la numero 1 al mondo Iga Swiatek: 6-1, 6-1. Nella classifica Wta del singolare occupa la 116ma posizione. Non era nell’entry list degli Internazionali d’Italia ed era in forse anche la partecipazione al Roland Garros. Dopo aver debuttato giovanissima, a soli 14 anni, nel circuito professionistico, Camila è salita fino al numero 26 del ranking (22 ottobre del 2018) ed ha messo in bacheca quattro trofei.

Il primo lo ha vinto a giugno 2015 sull’erba olandese di s’-Hertogenbosch (WTA 250). Sono seguiti quello sul veloce indoor di Linz (WTA 250) ad ottobre del 2018, quello sul cemento di Montreal (WTA 1000), il più prestigioso, ad agosto 2021, e quello di Merida (WTA 250), ancora sul cemento, a febbraio 2023. Ha raggiunto altre sei finali: Katowice e Linz 2014, Katowice (2015), Katowice (2016), Washington e Bronx 2019. Negli Slam il risultato migliore sono i quarti a Wimbledon 2018. Sui campi Giorgi ha fatto parlare di sé anche per il non sempre facile rapporto con il papà e allenatore Sergio, di origi argentine, definito dai detrattori un ‘padre-padrone’ che con le sue veementi proteste contro gli arbitri le avrebbe spesso nuociuto. E’ inoltre rimasta coinvolta in una storia di false certificazioni anti-Covid per la quale lo scorso 2 marzo la procura di Vicenza ha chiesto il rinvio a giudizio, tra gli altri, per lei e la cantante Madame.

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Champions, il Real Madrid batte il Bayern e va in finale: Ancelotti re di coppe

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Il Real Madrid ha compiuto un’impresa pazzesca al Santiago Bernabeu, ribaltando le sorti della semifinale di Champions League contro il Bayern Monaco e guadagnandosi un posto nella finale di Londra. La partita sembrava ormai indirizzata verso la vittoria del Bayern, che era in vantaggio grazie alla rete di Davies, ma Joselu ha cambiato il destino del match con una doppietta nei minuti finali.

Carlo Ancelotti, l’architetto di questa incredibile vittoria, ha dimostrato ancora una volta di essere il “re di coppe”. I suoi ragazzi hanno indossato una maglietta con la scritta “a por la 15′”, a testimonianza del desiderio di conquistare la quindicesima Coppa dei Campioni. Ancelotti ha saputo leggere la partita e ha effettuato le sostituzioni giuste al momento giusto, in particolare l’ingresso di Joselu si è rivelato decisivo per il successo del Real Madrid.

Il Bayern Monaco ha offerto una resistenza tenace, ma l’errore di Neuer ha aperto la porta al Real Madrid. La squadra spagnola ha preso l’iniziativa, sostenuta da un tifo assordante, e ha continuato a creare occasioni da gol. Vinicius è stato particolarmente pericoloso sulla fascia sinistra, ma è stata la determinazione di Joselu a fare la differenza.

Ancelotti ha elogiato l’apporto del suo staff e dei suoi giocatori, sottolineando l’importanza di delegare e di avere un gruppo di alto livello. La vittoria del Real Madrid è stata una dimostrazione di carattere e determinazione, e ora la squadra si prepara per affrontare il Borussia Dortmund nella finale di Champions League a Londra.

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Conference League, la Fiorentina pareggia con il Brugge e va in finale

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La Fiorentina conquista la finale di Conference League  contro il Club Brugge. Il pareggio 1-1 in Belgio è stato sufficiente per garantire agli uomini di Italiano la loro seconda finale consecutiva in questa competizione, dopo la delusione dello scorso anno contro il West Ham United. Il match è stato inizialmente tattico, con entrambe le squadre che hanno impiegato venti minuti per calibrare i propri movimenti. Il primo vero sussulto è arrivato con un mancino alto di Mandragora, ma è stato il Bruges a trovare il gol con De Cuyper, che ha sfruttato un’occasione su un errore difensivo della Viola. La squadra italiana ha risposto con determinazione, creando diverse occasioni ma senza riuscire a concretizzare. Tuttavia, il rigore trasformato da Beltran ha ribaltato le sorti del match, portando la Fiorentina in finale. La ripresa è stata un vero e proprio assedio viola, con Kouamé che ha colpito la traversa e Mignolet che ha salvato il Bruges su una punizione magistrale del capitano viola. Ma è stato Beltran a scrivere la storia, con il suo gol che ha garantito alla Fiorentina un posto nella finale. Non sono mancati momenti di tensione, come la parata di Terracciano che ha tenuto la porta inviolata. Ora gli occhi sono tutti puntati sulla finale del 29 maggio allo Stadio Agia Sophia di Atene, dove la Fiorentina cercherà di conquistare il trofeo.

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