Collegati con noi

Spettacoli

Morta Renata Scotto, l’ultima divina della lirica

Pubblicato

del

Capace di prendersi la scena cantando a soli vent’anni con Renata Tebaldi, di sostituire con successo Maria Callas, di avere una voce e uno stile inconfondibile: è morta improvvisamente nella notte a Savona  Renata Scotto, senza dubbio una delle cantanti liriche più importanti del Novecento, regista e insegnante di giovani talenti. Era rientrata da New York la settimana scorsa. Aveva 89 anni e ora la piangono e la omaggiano i teatri di tutto il mondo, dalla Scala, al Liceu di Barcellona, dalla Fenice all’Arena, all’Opera di Roma. “Ho il cuore spezzato” ha scritto Placido Domingo, che con lei ha cantato più di cento volte. Nata a Savona nel 1934, debuttò a soli 19 nella sua città nella parte di Violetta nella Traviata, uno dei ruoli che l’ha seguita in tutta la sua carriera. Già l’anno dopo arrivò alla Scala, scelta da Gianandrea Gavazzeni, per interpretare Walter nella Wally, accanto a Renata Tebaldi.

La vera svolta nella sua carriera fu però nel 1957, quando, come sostituta, partecipò alla tournée a Edimburgo della Scala. Maria Callas aveva un contratto per quattro recite della Sonnambula, e quando rifiutò di aggiungerne una quinta fu Scotto ad esibirsi e trionfare. “Quel momento ha cambiato la mia vita” ha raccontato il soprano che da allora ha iniziato ad esibirsi in tutto il mondo, debuttando nei nuovi teatri quasi sempre con Madama Butterfly come ha ricordato lei stessa più volte. E’ del 1965 il suo primo spettacolo, la Butterfly, al Met di New York, dove si è da allora esibita negli anni oltre trecento volte. Vastissimo il suo repertorio, testimoniato anche da incisioni importanti come quella di Bohème al Met con Luciano Pavarotti: dalla rara Zaira di Bellini (sua la prima registrazione novecentesca nel 1977), alla La voix humaine di Poulenc derivata dalla pièce di Jean Cocteau, dai Capuleti e i Montecchi (storico lo spettacolo diretto da Abbado alla Scala nel 1966) a Don Carlo e Rigoletto, la prima opera che ascoltò, ancora bambina.

Una carriera lunghissima con i maggiori direttori e cantanti a cui Scotto ha affiancato dal 1986 quella di regista e quella di insegnante, creando a Savona l’Accademia Operistica Renata Scotto. Insieme a lei il marito Lorenzo Anselmi, primo violino della Scala, con cui ha avuto due figli, che le è rimasto accanto fino alla morte nel 2021. Scotto aveva scelto di vivere a New York ma a Savona era legatissima come hanno ricordato il sindaco Marco Russo e il governatore Giovanni Toti. Santa Cecilia (di cui è diventata accademica nel 1997), Juliard, The Met sono alcuni dei luoghi in cui ha insegnato. “Hai bisogno della voce ma con la voce hai bisogno anche di una buona tecnica. E passata la tecnica devi essere un artista” e quando trovi un talento “cerchi di modellarlo. Ed è affascinante.

Devi avere la voce, ma poi la voce deve essere modellata. Non mi interessano le grandi voci, ma i suoni belli, la coloritura” ha raccontato in una intervista di alcuni anni fa, in pratica descrivendo se stessa, voce collegata al talento e all’intelligenza interpretativa. Insomma una “musicista” come l’ha definita la Scala a cui il teatro milanese “insieme a tutto il mondo dell’opera, è legato da un immenso debito di gratitudine”.

Advertisement

Spettacoli

Scarlett Johansson contro OpenAI, copiata mia voce per ChatGPT

Pubblicato

del

Scarlett Johansson minaccia un’azione legale contro OpenAI, accusandola di aver copiato la sua voce dopo che l’attrice ha rifiutato di concederla in licenza. “Quando l’ho sentita, ero scioccata, arrabbiata e incredula. La voce era così simile alla mia che i miei amici più stretti non sapevano dire la differenza”, ha detto Johansson in una nota al Washington Post. La disputa con la star di Hollywood è solo l’ultimo grattacapo in ordine temporale per Sam Altman, l’amministratore delegato della società a cui fa capo ChatGPT.

Continua a leggere

In Evidenza

La radio compie 100 anni, una magia che non conosce tempo

Pubblicato

del

“La radio fa parte della nostra vita, è magia, compagnia, musica, informazione, conoscenza e cultura”. Sono le parole che si sono rincorse a Cagliari durante “100 Anni e sentirli. Passato, presente e futuro della radio”, l’evento che si è tenuto nell’aula magna della facoltà di Ingegneria organizzato da Confindustria radio televisioni, Università di Cagliari e Ordine dei Giornalisti per celebrare il secolo di vita .di uno strumento antico e modernissimo. Una giornata per raccontare i diversi aspetti della radio, la sua storia e la sua evoluzione, dalla viva voce dei protagonisti: l’attrice, conduttrice televisiva e radiofonica Geppi Cucciari e il dj Ringo, direttore artistico e speaker di Virgin Radio. “La radio non la blocchi – dice dj Ringo nel suo intervento in collegamento video – cambieranno tante cose nel mondo, ma non la radio: è come il panettiere che c’è e ci sarà sempre. La radio da a tutti un superpotere: ci fa diventare dei supereroi”. Non è dovuto a superpoteri, ma a una accoppiata vincente, il successo della trasmissione ‘Un giorno da pecora’.

Lo ha raccontato nel suo lungo intervento Geppi Cucciari parlando della sua esperienza in radio e del rapporto con il conduttore Giorgio Lauro. “Io conoscevo il programma – ricorda la conduttrice – saltuariamente partecipavo come ospite con Giorgio Lauro e Claudio Sabelli Fioretti. Quest’ultimo ha poi deciso di fermarsi e mi è stato chiesto se volessi cominciare a fare il programma. Giorgio era molto contento di questo mio coinvolgimento, ci conoscevamo poco allora. Dopo nove anni e qualche mio stop siamo ancora qui”. Cucciari defisce il rapporto di lavoro con Lauro “fondamentale”. “Io e Giorgio – racconta – siamo una coppia particolare, siamo molto diversi, abbiamo un modo diverso di approcciare la vita e il lavoro, ma come anche nelle coppie della vita essere diversi può essere una risorsa o una dannazione”.

La giornata di lavoro tipo? “Giorgio si sveglia alle 7, legge tutti i giornali, io mi alzo più tardi e ne leggo solo alcuni – confessa Geppi -. Lui cerca tutta la profondità delle notizie, questo mi permette di portare quella leggerezza che mi contraddistingue. Questa distanza tra noi due restituisce quell’immagine di coppia in cui tu ascolti due voci e due personalità diverse. Io non farei mai un programma di questo tipo senza di lui”.

La radio diversa dalla televisione e dal teatro. “Con la radio e la tv entri nelle case degli altri che loro lo vogliano oppure no – spiega l’artista che spazia su più piani -, nel teatro ogni giorno è un inizio. Le persone che vengono a guardarti lo fanno appositamente, sono loro che vengono da te, investono il loro tempo e il denaro. La tv è una magia infinita, uno strumento di compagnia secondo me bellissimo. Gli ascoltatori radiofonici sono di una qualità antropologica diversa, sono persone più formate: il nostro programma non lo puoi affrontare se non conosci le cose della politica”. La radio come strumento di crescita: “un sempreverde – sottolinea il rettore Francesco Mola – qualcosa di incredibile che ha accompagnato il nostro passato e sono convinto che accompagnerà anche il nostro futuro”. Un futuro che non fa pausa: “La radio su tutte è nuova tecnologia – chiarisce Rosario Alfredo Donato, direttore generale di Confindustria Radio Televisioni – è il mezzo che per eccellenza può definirsi ibrido. La radio ha dimostrato di sapersi sempre adattare ai cambiamenti, accogliere le sfide e superarle, vincere, affermarsi ed essere sempre qui”.

Continua a leggere

Cultura

“I cioccolatini di Olga”, la regista Laura Angiulli si ispira a Roth

Pubblicato

del

Debutta in prima nazionale alla Galleria Toledo di Napoli, teatro stabile d’innovazione ai Quartieri Spagnoli, “I cioccolatini di Olga”, liberamente ispirato a ‘L’orgia di Praga’ di Philip Roth, drammaturgia e regia Laura Angiulli, con Alessandra d’Elia e Antonio Marfella, da giovedì 23 maggio alle 20.30 a domenica 26 maggio). La scena è di Rosario Squillace, il disegno luci del Premio Ubu Cesare Accetta.

“L’orgia di Praga, apparentemente un’operina, pulsa del desiderio d’appartenenza e condivisione – spiega Angiulli -. Se la formazione e i più generali caratteri culturali di Philip Roth fanno riferimento al Nord Est di quell’America della quale fin dall’infanzia lui assume in proprio i tratti, le consuetudini, le passioni giovanili proprie di certa popolazione immigrata di più o meno recente generazione, è anche vero che il richiamo delle radici resta forte, e insiste sulle scelte di vita e letterarie dell’autore e non di rado nell’ampio peregrinare della scrittura lo riporta indietro, in un andare a ritroso attraverso le generazioni”.

Il romanzo esce nel 1985, quarto e ultimo capitolo della tetralogia su Zuckerman, alter-ego dello scrittore questa volta alla ricerca delle novelle inedite del padre del collega Zdeněk Sisovskì in esilio in America. “C’è il riconoscimento di una distanza avvertita e sofferta dal soggetto scrivente – prosegue Angiulli – per caso portato dagli eventi in quella terra della sua antica origine, al tempo ancora oppressa dalla violenza della dominazione sovietica. Le figure faticosamente si aggirano sulla scena dell’opera, quasi fantasmi nella nebbia offuscante di un diritto di sopravvivenza tanto reclamato quanto negato, e pure si stagliano per la nettezza della rappresentazione e si fanno elementi di configurazione di un più ampio spaccato umano che può facilmente essere assunto a segno di una mortificante conduzione di vita, quasi negazione della vita stessa”. Dal racconto sulle conseguenze impreviste dell’arte Roth scrisse una sceneggiatura per un adattamento televisivo mai realizzato.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto