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Cronache

Qatargate, Cozzolino torna libero dopo quattro mesi

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Aveva fatto rientro a Bruxelles con un mandato d’arresto europeo pendente. Se ne andrà, nelle prossime settimane, da uomo libero. Dopo aver contestato “uno per uno” gli addebiti a suo carico in tre confronti serrati con gli inquirenti andati in scena nel corso di quarantotto lunghe ore. L’ultimo interrogatorio in terra belga restituisce la libertà anche all’eurodeputato Andrea Cozzolino, relegato per oltre quattro mesi ai domiciliari a Napoli, poi revocati dalla Corte d’appello della città campana. E segna il primo provvedimento del Qatargate firmato dalla nuova giudice istruttrice, la procuratrice Aurélie Dejaiffe, chiamata ad assumere la guida di un’inchiesta che, a quasi sette mesi dall’ondata di perquisizioni e arresti che fecero tremare il Parlamento europeo, lascia aperti diversi interrogativi sulla reale portata dello scandalo di corruzione e sulla condotta delle indagini preliminari da parte del magistrato Michel Claise.

La seconda giornata in stato di fermo nella capitale belga per Cozzolino si è aperta alle 9:30 con l’atteso faccia a faccia nel palazzo della procura federale, al fianco dei suoi legali Federico Conte e Dimitri de Beco. Un interrogatorio durato cinque ore. Durante le quali, nella versione restituita dai difensori, la procuratrice si è rivolta all’eurodeputato dem in modo “serio e cordiale”, mettendolo di fronte a tutti e tre i capi d’accusa che gli sono stati formalmente contestati: corruzione, riciclaggio e partecipazione a organizzazione criminale. Addebiti già messi neri su bianco nel mandato d’arresto con il quale il 10 febbraio scorso Cozzolino venne raggiunto a Napoli, basati sull’ipotesi accusatoria del giudice Claise e sulle parole dell’ex eurodeputato pentito Pier Antonio Panzeri. Che, dopo aver ammesso di aver orchestrato il giro di mazzette tra Bruxelles, Doha e Rabat per influenzare le politiche Ue – patteggiando così uno sconto di pena con la giustizia belga -, ha trascinato nell’inchiesta anche l’ex compagno di partito, nonché suo successore alla guida della commissione Maghreb dell’Eurocamera, incolpandolo di un coinvolgimento che agli atti risulta tuttavia “indiretto”.

Tutte accuse che Cozzolino ha respinto con forza sin dai primi momenti dallo scoppio dello scandalo quando, non ancora indagato, il suo nome iniziò ad essere accostato alla vicenda e il Pd decise di sospenderlo. Anche davanti alla nuova procuratrice, l’eurodeputato ha ribadito la sua innocenza, ripercorrendo passo a passo la versione già resa alla giustizia italiana e, nei giorni scorsi, all’ormai ex giudice istruttore Claise e alla polizia giudiziaria. Nelle cinque ore di interrogatorio, hanno spiegato i suoi legali, il politico “ha risposto a tutte le domande, contestando gli addebiti punto per punto e negando di aver mai ricevuto soldi o fatto parte di un’associazione criminale”. Poi la decisione di Dejaiffe di rilasciarlo, decretata intorno alle 14:30. E accolta con sollievo da parte dell’eurodeputato che, poco fuori dai cancelli della sede della procura, è apparso visibilmente commosso. Ora dovrà osservare una serie di prescrizioni: restare a disposizione delle autorità, comunicare l’eventuale intenzione di lasciare il Belgio e non avere contatti con gli altri indagati. Che, a quasi sette mesi da quel venerdì 9 dicembre in cui tutto iniziò, sono ormai tutti liberi – ad eccezione del pentito Panzeri – e in attesa della chiusura delle indagini preliminari.

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Depardieu e Barillari, finisce a pugni tra l’attore e il paparazzo: ci sarà una coda in Tribunale

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E’ stato centrato al volto da due o tre pugni il fotoreporter Rino Barillari, aggredito al centro di Roma dall’attore francese Gerard Depardieu. Da una prima ricostruzione, l’attore 79enne aveva pranzato con alcune persone ai tavolini dell’Harry’s bar di via Veneto. Dopo aver pranzato, infastidito dalle foto che stava scattando Barillari lo avrebbe aggredito all’altezza di largo Fellini colpendolo con due o tre pugni al volto. Poi è salito su un’auto Ncc ed è andato via. Il fotoreporter è stato poi portato in ospedale in codice verde. I carabinieri, intervenuti sul posto, stanno raccogliendo le testimonianze. Verranno vagliate anche le immagini di videosorveglianza.

“Il cosiddetto re dei paparazzi Rino Barillari, noto anche per le sue foto e per i suoi metodi aggressivi, ha spinto violentemente la compagna di Gérard Depardieu oggi nel cuore di Roma, Magda Vavrusova”. Lo scrive in una nota Delphine Meillet, avvocata del foro di Parigi in qualita di legale rappresentante della giovane che era in compagnia dell’attore francese all’Harry’s Bar a via Veneto mentre Barillari scattava delle foto e, secondo quanto riportato ai carabinieri, veniva preso a pugni dall’attore francese.

“Il fotografo mi ha spinto toccandomi il busto e il petto con il braccio. In questo momento in cui presento la denuncia provo ancora dolore, è stato violentissimo”, ha dichiarato agli agenti della Questura di Roma ai quali ha sporto denuncia per violenza. Magda Vavrusova, secondo la legale, è al Policlinico Umberto I di Roma in questo momento. “Questo fotografo, che non è al suo primo litigio, – scrive ancora – vanta quasi 170 emergenze mediche per aver litigato con celebrità che si rifiutavano di farsi fotografare. Di fronte alla violenza della situazione, Gérard Depardieu, intervenuto tra i paparazzi e la sua compagna, è caduto ed è scivolato su di lui”.

Il famoso attore e la sua compagna sono saliti quindi in macchina, mentre il fotografo, nonostante tutto, denuncia ancora la Meillet, “persisteva nel tempestarli di foto”. Delphine Meillet per suffragare la sua tesi riporta anche una frase detta da Barillari in passato: “In un’intervista ha detto: ‘Quando rincorri qualcuno e gli scatti una foto, cosa fai con quella foto? Hai bisogno di una storia. La lite era il momento della provocazione: se la persona rifiutava, le foto migliori le ottenevi quando la facevi arrabbiare’. Sarà perseguito per aver fabbricato la propria storia” conclude.

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Terremoto a Pozzuoli, case sgomberate e decine di famiglie evacuate

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Questa volta è stato diverso. Questa volta la forte scossa e l’intenso sciame sismico che l’ha accompagnata hanno sì provocato l’evacuazione di una ventina di stabile e lo sgombero di oltre 40 famiglie, ma soprattutto diffuso paure e generato incertezze profonde in migliaia di abitanti dei Campi Flegrei sul futuro, nonostante le rassicurazioni della comunità scientifica che monitora costantemente l’evolversi della situazione che interessa complessivamente 500 mila persone. Ci si era quasi, si può dire, abituati a quei sobbalzi a scadenza variabile legati all’annoso fenomeno del bradisismo.

Ma lo zenit del terrore alle 20,10 di ieri con la scossa di magnitudo 4.4 (la più forte degli ultimi 40 anni) avvertita in diversi comuni della provincia di Napoli e alcuni quartieri della città e lo sciame, iniziato poco prima delle 20, e che ha concentrato in poche ore oltre 150 scosse, hanno segnato una sorta di ‘rottura’ rispetto all’equilibrio del passato, alla convivenza forzata con il sommovimento della terra.

Aprendo la strada a incubi e foschi scenari. Domani la premier Giorgia Meloni presiederà un vertice a Palazzo Chigi con i ministri interessati. Secondo quanto spiega il responsabile della Protezione Civile, Nello Musumeci, ci saranno “eventuali ulteriori interventi da parte del governo, dopo quelli già promossi e in corso di attuazione con il decreto legge dell’ottobre scorso. Sono in costante contatto con il presidente del Consiglio che segue sin da ieri sera la situazione”. In tanti nella notte hanno preferito dormire in strada temendo qualche replica particolarmente forte mentre la mente dei più anziani è andata al terribile sisma che nel novembre ’80 colpì Campania e Basilicata.

In piena notte le strade sono riempite di auto mentre a terra c’erano i calcinacci caduti da alcuni palazzi. Qualcuno è sceso di casa portandosi appresso la valigia, qualcun altro con in braccia il cagnolino. Lo sciame continua e non si escludono scosse anche più forti ma questo non deve indurre ad allarmismi, dicono gli esperti. Trentanove le famiglie che sono state sgomberate a Pozzuoli, 18 gli stabili evacuati con un centinaio di persone coinvolte, in particolare nella zona limitrofa alla Solfatara e all’Anfiteatro Flavio ma si tratta di numeri che potrebbero essere destinati a salire.

Completamente evacuato per accertamenti sulla staticità, con un’operazione peraltro condotta in tempi particolarmenti veloce, il carcere femminile, dopo una notte di angoscia e all’addiaccio per le 140 detenute, chiusa per verifiche una struttura dell’Asl. Niente scuola, a scopo precauzionale, per migliaia di alunni, stop al mercato ittico all’ingrosso e al cimitero. Sul territorio le istituzioni sono mobilitate, con la Protezione civile a coordinare gli interventi di assistenza.

A Pozzuoli sei tendopoli accolgono gli sfollati ma il Comune pensa a una collocazione in alberghi e altre strutture ricettive. Il sindaco Gigi Manzoni invita alla calma. Il primo cittadino di Napoli, Gaetano Manfredi, sindaco metropolitano, rassicura i cittadini ma annuncia comunque la predisposizione di aree di accoglienza, in caso di necessità. Domani, comunque, in città le scuole saranno regolarmente aperte (resteranno chiuse invece a Pozzuoli, così come le palestre). Il prefetto Michele di Bari ha presieduto una serie di riunioni.

“E’ stato terribile, abbiamo visto l’inferno”, le prime parole di chi è sceso in strada dopo il terremoto. “E ora, che succede?”, si domanda qualcun altro.400 brandine sono state fatte arrivare a Pozzuoli a scopo precauzionale. I cittadini ribadiscono la loro preoccupazione: le vie di fuga devono essere libere da ostacoli e non ostruite da cantieri. E da questa mattina sono iniziate verifiche tecniche da parte delle squadre di ingegneri della protezione civile regionale specializzate. Le verifiche vedono un coordinamento delle attività del sistema di protezione civile composto da Dipartimento Nazionale, Vigili del Fuoco, Regione Campania e Comune di Pozzuoli presso il Centro Operativo Comunale. I controlli, evidentemente proprio con l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione, avverranno anche all’interno delle abitazioni su richiesta dei cittadini. Circa 300 finora le segnalazioni relative ad edifici.

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Indagato ex ad di Milano-Cortina, ‘mazzette per appalti’

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L’ombra delle mazzette sugli appalti per i servizi digitali per Milano-Cortina 2026. E’ l’ipotesi dell’indagine della Procura di Milano che ha portato i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria ad effettuare perquisizioni, acquisizioni e ispezioni informatiche nelle sedi della Fondazione del comitato organizzatore e della società umbra Vetrya, poi Quibyt, e di Deloitte. Una vicenda per la quale, al momento, sono indagati per corruzione e turbativa d’asta l’ex amministratore delegato della stessa Fondazione Vincenzo Novari, l’ex dirigente Massimiliano Zuco e il rappresentante legale delle due società con sede a Orvieto Luca Tomassini. “L’indagine non è mai motivo di soddisfazione e orgoglio, ma nemmeno di preoccupazione” ha sottolineato il ministro dello Sport Andrea Abodi, mentre il Pd chiede al governo di riferire in Parlamento.

“C’è la massima disponibilità nel fornire tutte le carte – ha aggiunto il presidente del Coni e della Fondazione Milano-Cortina Giovanni Malagò – ma penso che ancora una volta lo sport in termini di immagine sia vittima di tutto questo”. L’inchiesta è nata da quella su una presunta maxi truffa sui servizi di telefonia e si riferisce agli anni 2020-2021. Secondo la ricostruzione, per “favorire l’affidamento delle gare relative al cosiddetto ecosistema digitale” alla Vetrya, l’ex ad e l’ex dirigente avrebbero ricevuto “somme di denaro e altre utilità”, come “la Smart” in uso a Zuco, pagata “direttamente da Tomassini tramite Vetrya fin dal novembre 2019”, per via delle sue “cortesie”, si legge nei messaggi WhatsApp acquisiti, fatte “ultimamente”. Nel decreto di perquisizione, che descrive anche quello che sembra un tentativo di pilotare la scelta del logo della manifestazione, si ricostruisce quanto è venuto a galla nei primi accertamenti e che ora sarà sviluppato con l’analisi del materiale raccolto, compresi i flussi finanziari degli indagati.

Oltre al denaro, tra le “utilità” in cambio dei 3 affidamenti per un valore di quasi un milione e 900 mila euro, vinti anche da Quibyt (la srl creata sempre da Tomassini e subentrata nel novembre a Vetrya finita in liquidazione), gli inquirenti indicano pure i posti di lavoro. Da un lato, l’assunzione in Fondazione di “personale dipendente che (…) appare come parte di una cerchia di soggetti conosciuti da Novari”, nominato nel 2019 (e Ad fino al 2022) con il via libera dell’allora ministro Vincenzo Spadafora, “nell’ambito di suoi precedenti incarichi dirigenziali in H3G”. Dall’altro, l’intervento di Tomassini su Novari per “consentire” la nomina nel “comitato organizzatore” di Zuco come “direttore tecnico dei servizi digitali”, con un “compenso complessivo” che oltrepassa gli 857mila euro tra il 2020 e il 2022 e “con assegnazione” dell’auto acquistata dalla società umbra.

Per lui, inoltre, si cerca “di avere un importo” da trasferirgli, come si legge in una mail interna, in quanto, scrivono i pm, “era sempre attivo in interlocuzioni” con l’imprenditore che lo avrebbe piazzato, “in palese violazione degli elementari criteri di trasparenza e imparzialità nell’aggiudicazione di gare pubbliche”. A testimonianza di un “contesto di ‘opacità'” ci sarebbero anche gli “interessi di carattere personale” di Zuco, “non altrimenti giustificabili nell’esercizio delle sue funzioni all’interno di Fondazione”. Avrebbe infatti insistito “con Tomassini affinché uno dei due loghi di Milano-Cortina 2026, oggetto di un ‘televoto’ pubblico gestito – a livello tecnologico – sempre da Vetrya, avesse la meglio sull’altro (in violazione dell’idea stessa di una ‘giuria popolare’ alla quale era deputata, in via esclusiva, la scelta)”. Con l’operazione di oggi pm e Fiamme Gialle hanno intenzione di fare verifiche sulle “procedure adottate per la scelta dei fornitori e degli sponsor tecnologici nonché per l’assunzione di dipendenti della Fondazione”. Tra questi anche Deloitte (non indagata), subentrata lo scorso mese come sponsor tecnico per contribuire a migliorare e proteggere l’ecosistema digitale del Cio “a supporto del Movimento Olimpico”.

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