Il tempo che passa indica quasi sei mesi dal primo raid di perquisizioni e arresti. E, per la prima volta dallo scoppio del Qatargate, una data da segnare in rosso sul calendario: la fine del 2023. Quando, oltre all’anno solare, potrebbero concludersi anche le indagini preliminari sullo scandalo di corruzione che ha travolto il Parlamento europeo. Con un insolito slancio in avanti, la procura belga ha svelato le sue scadenze per portare il fascicolo fuori dalla terra ignota delle investigazioni. E, nel frattempo, il giudice istruttore Michel Claise è tornato sulla scena dell’Eurocamera per raccogliere ulteriori elementi a carico dell’unico indagato che, insieme alla mente del presunto giro di corruzione legato a Doha e Rabat, l’ex eurodeputato pentito Pier Antonio Panzeri, resta ancora in detenzione preventiva: l’europarlamentare Andrea Cozzolino. Da febbraio in attesa di conoscere il suo destino ai domiciliari a Napoli.
A quasi un mese dai rilasci in successione dei principali protagonisti dell’affaire, e con le prime interviste da donna libera – pur sotto condizioni – dell’ex vicepresidente del Pe, Eva Kaili, apparse sui principali quotidiani europei, il magistrato belga si è presentato a sorpresa negli uffici di Rue Wiertz accompagnato da tre agenti in borghese. Una lunga incursione iniziata di prima mattina e durata oltre sei ore. Prima per mettere sotto torchio i collaboratori di Cozzolino e decretare la rimozione dei sigilli posti a febbraio all’ufficio del collega Marc Tarabella, tornato in libertà con condizioni il 9 maggio scorso. E poi per lunghe conversazioni con i funzionari dell’ufficio legale dell’Europarlamento. Confronti a porte chiuse che si sono conclusi solo a pomeriggio inoltrato, quando Claise ha lasciato l’edificio senza alcuna dichiarazione. A parlare però ci hanno pensato, a breve distanza l’uno dall’altro, il procuratore federale Frédéric Van Leeuw e il portavoce Eric Van Duyse.
Rivelando per la prima volta i tempi per mettere fine alle indagini preliminari che, stando al diritto penale belga, non avrebbero scadenza, se non quella decisa dalle autorità stesse. La speranza espressa da entrambi è di arrivare a una conclusione “entro la fine di quest’anno”. Un tempo consono, nella visione dei due, per una “indagine sempre in evoluzione”. La maxi-inchiesta partita dai Servizi, tuttavia, dopo sei mesi di accuse rivelatesi fin qui concrete soltanto per il pentito Panzeri e il suo braccio destro Francesco Giorgi – rei colpevoli di aver messo in piedi la trama di corruzione -, ha aperto più di un dibattito.
Soprattutto per le lunghe detenzioni preventive in carcere disposte per i sospettati e, in particolare, per Eva Kaili, allontanata dalla figlia di due anni mentre anche il suo compagno Giorgi si trovava in cella. Dalle colonne de Le Soir, Van Leeuw si è difeso: “Abbiamo verificato che tutte le procedure fossero rispettate, permettendo anche un certo numero di visite”, ha replicato. Procedure comunque diverse, anche sulle tempistiche, rispetto ad altri ordinamenti, compreso quello dell’Italia. Dove la fase investigativa deve essere conclusa entro sei mesi, con deroghe concesse solo nei casi di mafia. Ma per sapere cosa ne sarà del Qatargate belga, con l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio dei sospettati, non resta che attendere la fine del lavoro di Claise.