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Demolite le 8 ville abusive dei Casamonica nella periferia Est di Roma, la sindaca Raggi sul posto: sono qui per ribadire che lo Stato è in prima linea

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Sgombero e abbattimento di otto villette abusive nella periferia est di Roma. Ad occuparle ci sono esponenti della famiglia Casamonica, clan mafioso del litorale romano. Per arrivare alla esecuzione ci sono voluti  10 mesi. All’alba l’inizio delle attività con l’assistenza di 600 uomini della Polizia Locale. In prima fila, sin dalle 5 del mattino, c’è la sindaca, Virginia Raggi.

“Ho voluto partecipare alle operazioni di sgombero e abbattimento per manifestare la presenza delle Istituzioni al fianco dei cittadini nella lotta all’illegalità e alla criminalità. Noi non abbassiamo lo sguardo – scrive Raggi su Facebook -. Si tratta dell’operazione più imponente contro la criminalità mai realizzata dai caschi bianchi di Roma. Quelle villette erano da 30 anni lì, realizzate in palese violazione di regolamenti edilizi, vincoli paesaggistici, ferroviari ed archeologici. Alcune case avevano persino inglobato interi tratti dello storico acquedotto felice. Sono stati utilizzati 20 mezzi per gli abbattimenti. Quelle villette erano diventate il simbolo dell’illegalità e dell’impotenza di fronte alla malavita. Abbiamo cancellato soprattutto questo. Le Istituzioni ci sono e non abbassano lo sguardo. E’ stata un’operazione complessa, partita molti mesi fa che ha permesso di concludere procedimenti sospesi e abbandonati in un cassetto”.

“Voglio ringraziare il VII Municipio per il coraggio e la costanza di questi mesi; i tecnici del Comune; gli agenti della Polizia Locale e il comandate Antonio Di Maggio; il personale della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Soprintendenza di Stato; i fabbri; gli operai; Atac; i tecnici di Acea, Enel e Italgas; la Sala Operativa Sociale di Roma Capitale, la Protezione Civile capitolina, le ditte che si occupano delle demolizioni; e in particolare tutti quei cittadini che con le loro denunce non si sono arresi mai”, conclude la prima cittadina. Nessuno degli occupanti ha opposto resistenza. Gli occupanti se ne sono usciti. Nella fase dello sgombero è stata sequestrata anche della droga. Nelle prossime ore, appena concluse le operazioni di messa in sicurezza delle aree, comincerà la demolizione vera e propria.  Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, si è presentato anche lui in conferenza stampa con la sindaca Raggi. Per dire che lo Stato deve fare squadra contro la mafia.

Sulla stessa lunghezza d’onda della sindaca anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Piano piano stiamo riportando pezzi di città alla legalità. E’ un bel segnale per Roma, non è il primo e non sarà l’ultimo. Le regole tornano ad essere rispettate. Non sono entrato nelle villette per non intralciare il lavoro delle forze dell’ordine, ma da quello che si vede è emerso lo spazio abbondante occupato e lo sfarzo alle spalle degli altri. La pacchia è finita”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini arrivando a via del Quadraro a Roma dove sono in corso le operazioni di sgombero e abbattimento di 8 villette abusive occupate ad appartenenti del clan Casamonica.

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Toti e gli altri: tutti i nomi e le accuse ai 10 indagati raggiunti da misure cautelari del gip di Genova

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Sono dieci gli indagati, raggiunti da provvedimenti cautelari di diverso tipo, nell’ inchiesta della Dda di Genova che ha travolto il governatore della Liguria Giovanni Toti. Si tratta di persone del suo stretto entourage, imprenditori, e anche anelli di collegamento con Cosa Nostra. Nei loro confronti, sono state emesse misure cautelari e reali dal gip del Tribunale del capoluogo ligure, eseguite dalla Guardia di Finanza, in base a diverse ipotesi di reato. A richiederle è stata la Procura di Genova, lo scorso 27 dicembre. Ecco quanto risulta dalla nota di oggi della Procura genovese.

GIOVANNI TOTI – Il presidente della Regione Liguria è accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio, per lui la misura cautelare degli arresti domiciliari.

PAOLO EMILIO SIGNORINI – Ex presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, è accusato di corruzione per l’esercizio della funzione e per atti contrari ai doveri d’ufficio. A suo carico è stata disposta la misura restrittiva più severa, quella della custodia cautelare in carcere.

ALDO SPINELLI – Imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, è accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini e del presidente della Regione Liguria. Arresti domiciliari anche per lui.

ROBERTO SPINELLI – Figlio di Aldo, e come lui è imprenditore nel settore logistico ed immobiliare, è accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria. Gli è stata applicata la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.

MAURO VIANELLO – Imprenditore operante nell’ambito del Porto di Genova, è accusato di corruzione nei confronti di Paolo Emilio Signorini, anche a lui è stata applicata la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.

FRANCESCO MONCADA – Consigliere di amministrazione di Esselunga, è accusato di corruzione nei confronti del Presidente della Regione Liguria. Come per Spinelli jr e Vianello, a suo carico la sola misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale e professionale.

MATTEO COZZANI – Capo di gabinetto del presidente della Regione Liguria, è accusato di corruzione elettorale, con l’aggravante mafiosa di aver agito in favore di Cosa Nostra, in particolare a vantaggio del clan Cammarata del ‘mandamento’ di Riesi (Caltanissetta) con proiezione nella città di Genova, è accusato anche di corruzione per l’esercizio della funzione. Per lui gli arresti domiciliari.

ARTURO ANGELO TESTA e ITALO MAURIZIO TESTA – I due fratelli sono accusati di corruzione elettorale, aggravata dal fine di aver agevolato Cosa Nostra, entrambi sono sottoposti all’obbligo di dimora nel Comune di Boltiere (Bergamo). Alle regionali in Liguria del 20 e 21 settembre 2020, avrebbero promesso posti di lavoro per far convogliare i voti degli elettori, appartenenti alla comunità riesina di Genova e comunque siciliani, verso la lista ‘Cambiamo con Toti Presidente’ e verso il candidato Stefano Anzalone, indagato ma non colpito da ‘misure’. Iscritti a Forza Italia, sono stati sospesi dal partito. Arturo Testa lavora al Consiglio regionale della Lombardia come collaboratore del gruppo di FI.

VENANZIO MAURICI – Ex sindacalista della Cgil in pensione, è accusato di corruzione elettorale, aggravata dal fine di aver agevolato Cosa Nostra, in particolare il clan Cammarata di Riesi con proiezione su Genova, è destinatario dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. La Cgil lo ha sospeso. SEQUESTRO – Nei confronti di Signorini e di Spinelli padre e figlio, il gip ha disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per un importo complessivo di oltre 570 mila euro, ritenuti profitto dei reati di corruzione contestati.

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Sequestrati 48 milioni di euro falsi, 7 fermi a Napoli

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Non è mai stata sfiorata dal senso di colpa che invece frenò ‘la banda degli onesti’ di Totò, la cricca guidata dall’espertissimo falsario 70enne Alfredo Muoio, in grado di stampare senza sosta banconote da 50 euro perfettamente contraffatte. Il nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli ha scoperto un vero tesoro di euro falsi: ben 48 milioni, in un capannone del quartiere Ponticelli, dove gli imponenti macchinari off-set, provenienti dall’hinterland, precisamente da Casavatore, erano stati trasferiti di recente. Il blitz delle fiamme gialle, coordinato dalla Procura di Napoli Nord, è scattato all’alba. Sette, alla fine, le persone sottoposte a fermo dai pubblici ministeri.

Oltre al capobanda, Alfredo Muoio, sono stati presi i suoi due abili falsari e il vivandiere, che si occupava dei loro bisogni e che teneva in piedi i contatti con Muoio, visto che gli instancabili Alessandro Aprea e Ciro Di Mauro da quel capannone non si spostavano quasi mai. La qualità delle banconote ha indotto il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma a ritenere che fossero riconducibili all’ormai notissimo “NapoliGroup”, cartello tra i più efficienti al mondo, che opera anche in modalità itinerante tra Caserta e Napoli. E infatti, il loro prezzo di smercio è altissimo: 20 euro veri per ogni pezzo da 50 falso, come dimostrato di recente.

Da aprile scorso i due falsari hanno vissuto praticamente in isolamento per non interrompere la produzione: nel capannone c’erano circa 80.000 fogli ritraenti ciascuno 12 banconote da 50 euro del tipo Europa che dovevano essere solo tagliati per apporre la banda verticale argentata. Muoio è una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine: tipografo di professione e titolare della ‘Muoiocartedagioco’, si è sempre dedicato, fin dai tempi delle lire, alla contraffazione monetaria. Più volte ha allestito stamperie clandestine e nel 2006 venne arrestato in flagranza in un capannone di Castel Volturno (Caserta) mentre stampava banconote false da 50 euro.

Non ha mai smesso di dedicarsi alla produzione e commercializzazione di valuta contraffatta e a lui sono riconducibili le riproduzioni più insidiose sia per quanto riguarda il taglio da 100, sia per quelle da 50 euro, peraltro sequestrate in tutta Europa. Dopo il primo arresto, però, il falsario ha deciso di variare il suo modus operandi: ha deciso di non esporsi più in prima persona ma di delegare la produzione a suoi “fedelissimi”, rimanendo sempre – almeno fisicamente – distaccato e distante dal laboratorio clandestino. Espediente che però non ha impedito ai finanzieri di notificargli un fermo emesso dall’ufficio inquirente coordinato dal procuratore Maria Antonietta Troncone. Fermati dalle Fiamme gialle anche i tre autotrasportatori grazie ai quali è stato possibile trasferire i macchinari dal deposito dell’azienda di Muoio, a Casavatore, al capannone preso in affitto da una società di bonifiche a Napoli, del tutto estranea alle contestazioni.

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Più di 1 italiano su 4 a rischio povertà o esclusione

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Diminuiscono gli italiani a rischio povertà, ma aumenta la percentuale di coloro che è in grave difficoltà. In tutto si tratta di quasi 14 milioni di persone, oltre un italiano su quattro. La fotografia arriva dall’Istat che complessivamente rileva nel 2023 una diminuzione del numero di individui a rischio, grazie soprattutto ai sostegni pubblici, dall’assegno unico per i figli ai bonus energetici attivi lo scorso anno, fino alla revisione della tassazione (a partire dal taglio del cuneo). Guardando in dettaglio i dati dell’istituto emerge che il 22,8% della popolazione italiana è a rischio di povertà o esclusione sociale. Il valore è appunto in calo rispetto al 24,4% del 2022 ed è il risultato di una riduzione della quota di popolazione a rischio, che si attesta al 18,9% (dal 20,1% dell’anno precedente), pari a poco più di 11 milioni di persone, e di un contemporaneo lieve aumento della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,7% rispetto al 4,5%), pari a quasi 2,8 milioni di individui. Rimane, anzi si accentua, la differenza tra Nord e Sud del Paese.

Rispetto al 2022 si osserva un aumento delle condizioni di grave deprivazione in particolare al Centro e al Sud e nelle Isole, mentre la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è particolarmente marcata al Nord. Il Nord-est si conferma peraltro l’area con la minore incidenza di rischio di povertà (11%). La dicotomia è anche tra italiani e non: le famiglie con solo italiani godono infatti della riduzione del rischio, mentre i nuclei con almeno un cittadino straniero, di per sé già più esposti, soffrono un aumento (40,1% rispetto al 39,6% del 2022). Infine, con riferimento invece al 2022, l’Istat ribadisce come l’inflazione abbia di fatto ‘mangiato’ gli stipendi e le pensioni.

Il reddito medio delle famiglie italiane è stato pari due anni fa a 35.995 euro, in deciso aumento in termini nominali (+6,5%), ma con una netta flessione in termini reali (-2,1%). Sempre nel 2022, il reddito totale delle famiglie più abbienti è stato 5,3 volte quello delle famiglie più povere, in questo caso in lieve calo rispetto alle 5,6 volte del 2021. Le associazioni dei consumatori denunciano dati “non degni di un Paese civile”, come afferma Assoutenti, addirittura “da terzo mondo”, secondo l’Unc. Mentre la Cgil parla di “un’emergenza che deve essere affrontata urgentemente”.

Del resto secondo l’Ocse, se negli ultimi mesi dello scorso anno i redditi familiari dei Pasi membri sono in media aumentati dello 0,5%, l’Italia si è mossa in controtendenza con un calo nello stesso periodo dello 0,4%. Stando all’ultima indagine di Confcommercio e Censis, l’economia italiana è in salute, ma sulle famiglie pesano l’incertezza e un po’ di paura, che portano a peggiorare le aspettative future e a ridurre le intenzioni di acquisto. Secondo l’associazione dei commercianti, “non siamo affatto fuori dall’alone di rischio di tornare a tassi di variazione dell’attività economica attorno allo zero virgola niente, come nei vent’anni prepandemici, quelli del declino”.

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