Collegati con noi

In Evidenza

Tv accesa anche nella fase 2, è sempre il Tg1 il programma che cattura maggioria ascolti

Pubblicato

del

Più liberi di muoversi, fare shopping, incontrare gli amici, tornare a godere il fascino dell’arte, ma ancora con la tv accesa, sintonizzata in particolare sull’informazione: durante la fase 2 l’ascolto resta infatti il più alto degli ultimi 16 anni, trascinato in alto soprattutto dai tg. E’ quanto emerge dall’analisi dei dati Auditel in tempo di coronavirus elaborati dall’Osservatorio dello Studio Frasi. Nei primi 34 giorni della fase 2 (4 maggio – 2 giugno) sono ancora oltre 11 milioni, nella media delle 24 ore, le italiane (56,9%) e gli italiani (43,1%) che hanno tenuto il televisore per una media di 363 minuti, oltre un’ora e mezzo piu’ di quanto non fosse nel 2005. Negli stessi giorni del 2005 i telespettatori furono 8,8 milioni. Con l’avvento del digitale e dei nuovi canali l’ascolto complessivo sali’ progressivamente fino ai 10 milioni e mezzo del 2013: ancora oggi, comunque, le sei reti generaliste Rai e Mediaset ‘occupano’ da sole oltre la meta’ (il 51.02%) dell’ascolto complessivo, pur avendo perso 23 punti di share (10.95% la Rai, 12.02% Mediaset). A fare la parte del leone anche dopo la fine del lockdown resta l’informazione, che domina le classifiche dei programmi piu’ visti. Per esempio, in ciascun giorno della settimana appena trascorsa – fa notare lo Studio Frasi – ci sono ben cinque telegiornali tra i nove programmi piu’ visti. Il Tg1 della sera ha una media di 5,5 milioni e del 24.4% di share (4 maggio-6 giugno), 1,1 milioni e il 2.7% in piu’ rispetto agli stessi giorni del 2019; il Tg5 raccoglie 4,6 milioni di spettatori e il 20% (+710mila e +0.79%); la TgR in onda su Rai3 raggiunge i 3,2 milioni di persone e il 16.37%, mettendo a segno la crescita piu’ alta (+4.4%). I tre notiziari delle 20, Tg1, Tg5 e TgLa7 producono da soli oltre il 50% degli ascolti complessivi di televisione (Tg1 24,4% – Tg5 20% – Tgla7 5,6%).

Non a caso Rai e Mediaset hanno spinto maggiormente sull’informazione, con 154 ore in piu’ rispetto agli stessi giorni del 2019 (+76% la Rai, +24% Mediaset). Qualche sorpresa arriva dall’analisi territoriale: il Tg1 ‘conquista’ la Lombardia che nel 2019 era appannaggio del Tg5 (passando da una media di 677mila spettatori e del 18.86% a 889mila con il 21.76%), ma perde il Veneto che gli preferisce il Tg5 (passato da 362mila con il 19.59% a 481mila con il 23.23%). Con la pandemia l’aumento degli ascolti non e’ andato di pari passo con una proporzionale crescita degli investimenti pubblicitari da parte delle aziende. Durante la cosiddetta Fase 1 – rileva ancora lo Studio Frasi – gli ascolti delle reti generaliste sono cresciuti del 31,4% rispetto agli stessi giorni del 2019, a marzo gli investimenti pubblicitari sono scesi del 29% “e ad aprile andra’ peggio”, stando alle previsioni della Nielsen in un webinar. Le elaborazioni dello Studio Frasi sui dati Auditel rilevano pero’ come anche gli ascolti dei break siano aumentati, in particolare su Rai3 (+54%), La7 (+43%), Italia 1 (+41%). Nel complesso il Grp (Gross Rating Point – indice di misurazione della penetrazione della pubblicita’) nella Fase 1 e’ cresciuto ancora piu’ degli ascolti: +43,7%. Per Francesco Siliato, responsabile dell’Osservatorio dello Studio Frasi, la pubblicita’ “ha rinunciato alla sua funzione anticiclica perdendo un’occasione: le imprese non hanno saputo essere celeri ed approfittare dell’incremento dei pubblici per presenziare con le loro campagne istituzionali”. Nella Fase 1 la durata della pubblicita’ e’ stata inferiore del 17% rispetto al 2019, attualmente (6 maggio – 4 giugno) e’ inferiore del 20,5%, mentre il Grp e’ salito del 10,4%”. Qualche marchio sta provando adesso, con campagne istituzionali “retoriche quanto basta e a volte anche piu’ del necessario, giocando su stimoli emozionali e identitari che hanno avuto un forte peso nella prima fase – sottolinea ancora – ma ora sembrano strumentali e fuori tempo rispetto al sentire collettivo”. Il comparto del turismo, in particolare, ha praticamente smesso di fare pubblicita’, scendendo a 406 spot rispetto ai 2.737 del maggio 2019.

Advertisement

In Evidenza

Oms, adolescenti a rischio per uso alcol, e-cig, cannabis

Pubblicato

del

Preoccupa il consumo di alcol, sigarette elettroniche e cannabis tra i giovani in Europa, con un quadro definito “allarmante”. L’ultimo allerta è contenuto in un rapporto Oms/Europa, su un campione di 280mila ragazzi intervistati, che evidenzia “un quadro preoccupante del consumo di sostanze da parte degli adolescenti”, con oltre la metà dei quindicenni intervistati che hanno sperimentato l’alcol e 1 su 5 che ha recentemente utilizzato le e-cig. Emerge anche una riduzione del divario di genere nell’uso di sostanze e l’Oms sottolinea la necessità di strategie di prevenzione mirate. Le conseguenze a lungo termine di queste tendenze, avverte, “sono significative e i politici non possono permettersi di ignorare questi risultati allarmanti”.

L’alcol è la sostanza consumata più frequentemente, con il 57% dei quindicenni che la hanno provata almeno una volta e quasi 4 su 10 (37%) indicano di aver consumato alcol negli ultimi 30 giorni. Circa 1 adolescente su 10 (9%) di tutte le fasce d’età ha sperimentato un significativo stato di ubriachezza – essendo stato ubriaco almeno due volte – nel corso della sua vita, un tasso che sale in modo allarmante dal 5% all’età di 13 anni al 20% all’età di 15 anni, dimostrando una tendenza in aumento nell’abuso di alcol tra i giovani. Questi risultati, si legge nel rapporto, “evidenziano quanto l’alcol sia disponibile e normalizzato, mostrando l’urgente necessità di migliori misure politiche per proteggere i bambini e i giovani dai danni causati dalla sostanza”.

Le sigarette elettroniche, invece, hanno superato quelle convenzionali in popolarità, con il 32% dei quindicenni che hanno riferito di averle utilizzate e il 20% negli ultimi 30 giorni (contro il 25% dei quindicenni che hanno fumato una sigaretta convenzionale nella loro vita). Questa transizione verso le e-cig come scelta più popolare rispetto alle sigarette convenzionali, è la posizione dell’Oms, “richiede interventi mirati per affrontare tale preoccupazione emergente per la salute pubblica, comprese azioni contro l’inserimento di prodotti dannosi nei videogiochi, programmi di intrattenimento e altri contenuti rivolti ai giovani tramite piattaforme multimediali”. Quanto al consumo di cannabis, si evidenzia un leggero calo, con la percentuale di quindicenni che ne hanno fatto uso che passa dal 14% nel 2018 al 12% nel 2022. Il consumo precoce di cannabis, sottolinea l’Oms, “può portare alla dipendenza e a modelli di consumo problematici più avanti nella vita. Gli sforzi di prevenzione mirati agli adolescenti sono fondamentali per mitigare questi rischi e promuovere scelte sane”.

La disparità nell’uso di sostanze tra i sessi, rileva inoltre l’indagine, “si sta rapidamente riducendo, con le ragazze che eguagliano o superano i ragazzi nei tassi di fumo, consumo di alcol e uso di sigarette elettroniche entro i 15 anni”. L’Oms propone quindi una serie di misure per ridurre il consumo di sostanze tra i giovani: aumento delle accise; limitare la disponibilità di prodotti a base di nicotina, tabacco e alcol, ad esempio riducendo orari o luoghi di vendita, e l’applicazione di età minime legali per l’acquisto di tali prodotti; vietare tutti gli agenti aromatizzanti nei prodotti a base di nicotina e tabacco; imporre un divieto totale di pubblicità e sponsorizzazione su canali di comunicazione e sui social media. “L’uso diffuso di sostanze nocive tra i bambini in molti paesi della regione europea, e oltre, rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica – afferma Hans Henri P. Kluge, direttore regionale dell’Oms per l’Europa -. Considerando che il cervello continua a svilupparsi anche dopo i 25 anni, gli adolescenti devono essere protetti dagli effetti di prodotti tossici e pericolosi. Sfortunatamente, i bambini oggi sono costantemente esposti al marketing online mirato di prodotti dannosi, mentre la cultura popolare, come i videogiochi, li normalizza”. L’oms/Europa, conclude, “sta lavorando con i paesi per garantire a tutti i giovani il miglior inizio possibile nella vita. Ciò significa proteggerli da prodotti tossici e che creano dipendenza, che potrebbero compromettere la loro qualità di vita negli anni a venire”.

Continua a leggere

Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

Pubblicato

del

Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

Continua a leggere

Esteri

Allarme di Macron: l’Europa è accerchiata, può morire

Pubblicato

del

Un grido di riscossa contro il rischio che l’Europa muoia: a meno di due mesi dalle elezioni europee del 9 giugno, Emmanuel Macron invoca un sussulto collettivo per l’affermazione di un’Unione più forte, prospera e fedele a quegli stessi valori umanistici che l’hanno resa grande nel mondo. Un appello alla mobilitazione generale, quello del presidente francese eletto nel 2017 sulle note dell’Inno alla Gioia, per la definitiva uscita dall’ingenuità e l’avvento di una “Europa potenza”, in grado di rispondere alle sfide del nuovo millennio, a cominciare da un necessario “cambio di passo” sulla difesa comune.

A sette anni dal suo primo discorso per “un’Europa sovrana, unita e democratica” alla Sorbona, solo pochi mesi dopo la sua prima vittoria all’Eliseo, Macron è tornato nell’antica università parigina per tracciare un bilancio dei progressi realizzati finora (tra cui il piano di rilancio NextGenerationEU che ha introdotto per la prima volta una forma di mutualizzazione del debito al livello dei Ventisette) e definire gli orientamenti da lui auspicati per l’avvenire. Un intervento fiume durato quasi due ore e nel corso del quale ha citato più volte tre ex premier italiani, Enrico Letta, Mario Draghi e anche Matteo Renzi. Nell’auditorium gremito della Sorbonne, di fronte allo Square Painlevé dove sorge l’antica lupa capitolina simbolo del gemellaggio tra Roma e Parigi, erano presenti 500 invitati, tra cui il premier Gabriel Attal, i principali ministri del governo, il commissario Ue Thierry Breton, nonché gli ambasciatori degli altri 26 Stati membri dell’Unione.

“La nostra Europa è mortale, può morire”, scongiurare questa prospettiva “dipende unicamente dalle nostre scelte, ma vanno fatte ora”, ha ammonito il leader francese, descrivendo un’Unione “accerchiata” davanti alle potenze regionali e i venti di guerra tornati a soffiare sul Vecchio continente dopo l’aggressione russa in Ucraina. Dinanzi a questi scenari, ha avvertito, serve “un cambio di paradigma profondo, essenziale”, con un programma strategico “credibile” sulla difesa. Macron è tornato ad insistere sulla necessità di nuove forme di debito comune per investire nel settore militare, nonché l’introduzione di una “preferenza europea”, una sorta di clausola ‘Made in Europe’ per lo spazio e della difesa. Il consolidamento della nostra industria difensiva “è una necessità”, ha martellato, deplorando che oggi l’Europa continui ad acquistare l’80% del suo arsenale da potenze straniere tipo Usa o Corea del Sud.

Quanto alle politiche migratorie, cavallo di battaglia dell’estrema destra in vista del voto Ue (oggi il Rassemblement National di Marine Le Pen stacca di almeno dieci punti il partito presidenziale Renaissance), Macron ha esaltato il patto sull’asilo recentemente approvato a Strasburgo e invocato un’Europa che riprenda “il controllo delle proprie frontiere”, proponendo una “struttura politica” continentale, un “consiglio Schengen” che decida “efficacemente” su migranti, criminalità e terrorismo. Sul fronte economico, il presidente bersagliato in questi ultimi mesi dalle opposizioni per lo stato allarmante delle finanze pubbliche francesi (con un rapporto deficit/Pil schizzato al 5,5% nel 2023, ben al di sopra delle previsioni) ha chiesto “uno shock di investimenti comuni”, ma anche l’introduzione di un “obiettivo di crescita”, oltre al contenimento dell’inflazione. Dinanzi alla concorrenza di Usa e Cina, che “non rispettano” le regole, il leader francese propone “una deroga alla libera concorrenza” su alcuni settori strategici, come l’intelligenza artificiale e le tecnologie verdi.

Evocando il rischio di un distacco economico rispetto a Pechino e Washington, Macron si è detto tra l’altro “favorevole” all’ultimo rapporto di Enrico Letta sul futuro mercato unico, in particolare rsipetto all’ampliamento del single market a settori come “l’energia, le telecomunicazioni e i servizi finanziari”. Macron si è appellato infine all’Europa affinché riannodi il filo della propria antica tradizione umanistica, forgiando i cittadini di domani attraverso “il sapere, la cultura e la scienza”. Promuovendo, tra l’altro, “un’Europa della maggiore età digitale a 15 anni”, prima dei quali non può esserci accesso ai social network senza il controllo dei genitori, ma anche “un’alleanza dei musei e delle biblioteche europee”. Oltre all’introduzione di un pass cultura Ue (“un’idea che in Francia, per non essere sciovinisti, abbiamo ripreso all’Italia di Matteo Renzi. E anche questa è l’Europa”, ha detto) e di un “pass interrail” per contribuire alla mobilità dei giovani, come già proposto da Letta. Secondo gli osservatori, il cosiddetto discorso ‘La Sorbonne 2’ voleva segnare in qualche modo l’ingresso di Macron nella campagna per il voto europeo, anche se all’Eliseo respingono seccamente questa versione, ripetendo che si tratta solo di indicare una rotta per il dopo voto e “pesare” sull’agenda strategica della futura Commissione.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto