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Vivi nella selva grazie alle tradizioni della nonna

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Grandi felini e serpenti, ma anche ragni, scorpioni e insetti velenosi. Animali pericolosi che si nascondono tra alberi alti fino a 45 metri nella foresta amazzonica colombiana, considerata dalla popolazione locale una delle più fitte al mondo. Un ambiente ostile, impensabile per quattro bambini rimasti soli dopo lo schianto dell’aereo in cui è morta anche la mamma. Se la loro sopravvivenza agli occhi di tutti appare come un miracolo, meno sorpresi sono stati gli indigeni e le comunità locali, sicuri che avrebbero saputo cavarsela da soli grazie anche a tutti i racconti e gli insegnamenti della nonna Fatima.

“I bambini sono cresciuti dalla nonna, che è esperta di vita delle tribù indigene di Araracuara. Sono riusciti a sopravvivere grazie alle conoscenze delle tradizioni e delle cose che gli ha insegnato”, ha spiegato John Moreno, leader indigeno guanano del Vaupés. Ma per Sandra Vilardy, viceministro della politica e della normalizzazione ambientale, fondamentale è stata anche la vicinanza della comunità. E i loro rituali. Stando a quanto riferito dal quotidiano La Semana, alla fine di ogni giornata gli indigeni impegnati nelle ricerche si dedicavano a riti propiziatori per la riuscita della missione, masticando peperoncino e pregando i loro morti. L’impegno più faticoso, però, l’hanno compiuto durante il giorno, arrivando a percorrere – insieme alle forze militari – più di due mila chilometri di selva, spesso anche sotto la pioggia battente.

Che sia stato grazie agli insegnamenti della nonna o meno, nella giungla i bambini si sono arrangiati da soli come meglio hanno potuto, dimostrando un incredibile spirito di adattamento. Per non restare scalzi hanno improvvisato delle bende da avvolgere ai piedi – anche se questo non ha impedito l’insorgere di ferite -, nutrendosi solamente con i frutti selvatici offerti dalla natura, scelti però con sapienza evitando quelli non commestibili. Proprio i resti di un frutto della passione con tracce di morsi hanno dato la speranza ai soccorritori di ritrovarli vivi. Così come il ritrovamento di altri oggetti, persi nel loro vagabondare come le briciole di Pollicino: un piccolo elastico, un biberon, delle forbicine. Tutte tracce che hanno incoraggiato i soccorsi a proseguire le ricerche e trovate durante una delle prime ispezioni nella foresta, a tre chilometri dal punto dove si è schiantato l’aereo. Nonostante l’area fosse stata già perlustrata, è lì che i bambini, alla fine di una vicenda che ha dell’incredibile, sono stati individuati.

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Processo Maradona, la testimonianza shock di Villarejo: “Sedato senza esami. Ricovero in terapia intensiva trasformato in caos”

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Nel quattordicesimo giorno del processo per la morte di Diego Armando Maradona, ha deposto il dottor Fernando Villarejo, responsabile della terapia intensiva della Clinica Olivos, dove il campione fu operato per un ematoma subdurale il 2 novembre 2020, appena 23 giorni prima della sua morte.

Villarejo, 67 anni, con oltre 40 anni di esperienza, ha dichiarato davanti ai giudici del Tribunale Penale Orale n. 3 di San Isidro che Maradona fu operato senza alcun esame preoperatorio, esclusivamente per volontà del suo medico di fiducia, il neurochirurgo Leopoldo Luque, nonostante non vi fosse, secondo i medici della clinica, alcuna urgenza immediata.

Trattamento per astinenza e decisione di sedazione

Tre giorni dopo l’intervento, Villarejo partecipò a un incontro con la famiglia e i medici curanti. Fu allora che Luque e la psichiatra Agustina Cosachov confermarono che l’obiettivo era trattare i sintomi di astinenza da sostanze e alcol.

«Maradona era ingestibile, difficile da trattare dal punto di vista comportamentale», ha riferito Villarejo, aggiungendo che Luque e Cosachov ordinarono di sedare il paziente, consapevoli dei rischi: depressione respiratoria, complicazioni infettive, cutanee e nutrizionali. La sedazione iniziò il 5 novembre e durò poco più di 24 ore, finché lo stesso Villarejo decise di ridurla, vista l’assenza di un piano preciso.

Il caos in terapia intensiva: “Potevano entrare con hamburger o medicine”

Il medico ha denunciato un clima caotico nel reparto: «Troppe persone in terapia intensiva, potevano portare hamburger o qualsiasi altra cosa. È stato vergognoso, scandaloso». Ha poi ammesso: «Mi dichiaro colpevole, ero una pedina su una scacchiera con un re e una regina», riferendosi al peso dell’ambiente vicino a Maradona.

Ricovero domiciliare e responsabilità

Villarejo ha raccontato che il ricovero presso la clinica non era più sostenibile. Fu deciso il trasferimento a casa, dove secondo l’ultima pagina della cartella clinica, fu la famiglia a chiedere l’assistenza domiciliare, sostenuta da Luque e Cosachov.

In aula ha testimoniato anche Nelsa Pérez, dipendente della società Medidom incaricata dell’assistenza a casa Maradona. Pérez ha ammesso che, secondo lei, in Argentina non esistono ricoveri domiciliari, ma che il termine viene usato per semplificazione. La testimone ha nominato Mariano Perroni come coordinatore dell’équipe, composta dagli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almirón.

Tensione in aula: accuse di falsa testimonianza

Le affermazioni di Pérez hanno generato momenti di alta tensione in aula. Gli avvocati Fernando Burlando e Julio Rivas hanno chiesto la detenzione della testimone per falsa testimonianza, ma i giudici hanno rigettato la richiesta.

Nel corso del controinterrogatorio, Pérez ha confermato che non fu ordinato alcun monitoraggio dei parametri vitali, ma che veniva comunque effettuato dall’infermiera per scrupolo, a causa di precedenti episodi di tachicardia.

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Esercito libanese: smantellato il 90% delle strutture di Hezbollah nel sud Libano

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L’esercito libanese ha smantellato “oltre il 90 per cento” dell’infrastruttura militare del gruppo filo-iraniano Hezbollah nel Libano meridionale, vicino al confine con Israele, ha dichiarato un funzionario all’Afp. “Abbiamo completato lo smantellamento di oltre il 90 percento delle infrastrutture di Hezbollah a sud del fiume Litani”, ha dichiarato un funzionario della sicurezza, a condizione di mantenere l’anonimato. L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah libanese prevede lo smantellamento delle infrastrutture di Hezbollah.

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Guterres ‘inorridito’ dagli attacchi in Darfur

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  Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “è inorridito dalla situazione sempre più catastrofica nel Darfur settentrionale, mentre continuano gli attacchi mortali alla sua capitale, Al-Fashir”. Lo ha detto il portavoce del Palazzo di Vetro, Farhan Haq. La città nel Sudan occidentale è sotto assedio da parte delle Forze di Supporto Rapido paramilitari, guidate dal generale Mohamed Hamdan Daglo, che da due anni combattono contro l’esercito del generale Abdel Fattah al-Burhan. Il portavoce ha riferito che Guterres ha anche espresso preoccupazione per le segnalazioni di “molestie, intimidazioni e detenzione arbitraria di sfollati ai posti di blocco”. In questa situazione, l’entità dei bisogni è enorme, ha sottolineato Haq, citando le segnalazioni di “massacri” avvenuti negli ultimi giorni a Omdurman, nello stato di Khartoum.

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