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Colombia: i 4 bambini ritrovati nella selva giunti a Bogotà

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Quattro bambini sopravvissuti ad un incidente aereo sono stati trovati vivi dopo aver vagato per una quarantina di giorni nella giungla amazzonica colombiana. A twittare le foto del ritrovamento sono state le forze armate impegnate insieme agli scout indigeni nelle ricerche. E la notizia è stata confermata dal presidente, Gustavo Petro, che ha parlato di “gioia per tutto il Paese” e dal ministro della Difesa, Ivan Velasquez, che lo ha definito ‘un miracolo’. I bambini, Lesly Jacobombaire Mucutuy, di 13 anni, Soleiny Jacobombaire Mucutuy, 9, Tien Ranoque Mucutuy, 4, e la neonata Cristin Ranoque Mucutuy sono stati trasportati a bordo di un elicottero Blackhawk al posto di comando unificato della più vicina San Jose Guaviare, per le valutazioni mediche, prima del trasferimento nella capitale, Bogotà. Nelle foto i piccoli, indigeni della comunità Huitoto, appaiono piuttosto scarni, ed il presidente Petro ha fatto sapere che le loro condizioni di salute sono “debilitate”. I bambini erano rimasti bloccati nella giungla il primo maggio, sopravvissuti ad un incidente aereo costato la vita alla loro madre, Magdalena Mucutuy Valencia, e ad altri due adulti: il pilota Hernando Murcia Morales e il leader indigeno Yarupari Herman Mendoza Hernandez. Il velivolo era stato ritrovato il 16 maggio, in una zona boscosa del municipio di Solano, nel dipartimento di Caquetà, nel sud del Paese. Sul posto erano stati rinvenuti i tre adulti morti nello schianto, ma nessuna traccia dei piccoli. Il ritrovamento di resti di frutta con tracce di morsi aveva acceso la speranza di ritrovarli in vita, facendo scattare una massiccia operazione di ricerca guidata dai militari, con oltre un centinaio di truppe delle forze speciali ed una settantina di esploratori indigeni, che hanno setacciato l’area senza sosta. Il 18 maggio era stata data una prima notizia del ritrovamento, poi smentita dallo stesso presidente Petro. Ma nuove tracce del passaggio dei bambini, nel corso delle settimane, hanno incoraggiato le ricerche, tanto che erano stati lanciati anche oltre 100 kit di sopravvivenza contenenti acqua e cibo, per aiutare i quattro bambini nei loro sforzi per la sopravvivenza.

I quattro bambini dell’etnìa huitoto, che per oltre un mese hanno vagato nella selva colombiana, dopo un incidente aereo l’1 maggio in cui sono morte tre persone fra cui la madre, sono giunti in aereo a Bogotà alle 12:27 locali (le 6:27 italiane). I bambini erano stati ritrovati ieri dai soccorritori. I piccoli – Lesly Jacobombaire Mucutuy di13 anni, Soleiny Jacobombaire Mucutuy di nove, Tien Ranoque Mucutuy di quattro e Cristin Ranoque Mucutuy di un anno – hanno viaggiato da San Joseé del Guaviare fino alla capitale a bordo di un velivolo dell’esercito, insieme al padre, uno dei loro nonni e ad altri membri della famiglia. Nella base aerea, riferisce il quotidiano El Tiempo, li attendevano quattro ambulanze, nelle quali sono stati trasferiti all’Ospedale militare di Bogotà dove continueranno i controlli medici ed il processo di idratazione e alimentazione.

Via Twitter il ministero della Difesa colombiano ha sottolineato che la parte più difficile dell’operazione di salvataggio realizzata ieri pomeriggio è stata quella di riuscire a portare i quattro bambini dalla fitta selva del Guaviare in cui sono stati rinvenuti, fino ad un elicottero che sostava ad un’altezza di 60 metri sopra le cime degli alberi. Elementi specializzati dell’esercito, mostra un video, hanno preso in braccio uno ad uno i quattro bambini e, con l’ausilio di un cavo metallico collegato ad un argano operato dal velivolo, li hanno portati a bordo. In un ultimo tweet il ministero ha confermato che “tutti gli sforzi del @FuerzasMilCol sono riusciti con successo a proteggere la vita dei bambini nelle giungle di Guaviare e Caquetá”. L’operazione, conclude il messaggio, “ha regalato loro il miracolo che la Colombia si aspettava. Eterna gratitudine ai nostri ufficiali in uniforme e alle comunità indigene”.

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Aiuti in cambio di armi, parte smilitarizzazione Karabakh

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S'infiamma il Nagorno-Karabakh, Mosca pronta a intervenire

“Siamo in stretta collaborazione con le forze di pace russe che stanno portando avanti la smilitarizzazione” e stanno dando “sostegno ai civili”. Il portavoce militare azero, il colonnello Anar Eyvazov, parla dal distretto di Shusha, ai margini della roccaforte ribelle Stepanakert, mentre un convoglio umanitario della Croce Rossa attraversa per la prima volta l’enclave contesa da quando l’Azerbaigian ha lanciato l’offensiva lampo nei giorni scorsi, sviluppo possibile solo adesso che si è raggiunto l’accordo. L’impegno per il cessate il fuoco, però – parte dell’intesa – mostra già cedimenti quando Mosca ne segnala già la violazione con un soldato azero rimasto ferito in uno scontro a fuoco nel distretto di Mardakert.

L’annuncio delle forze azere segue di 24 ore quello che Mosca aveva a sua volta diramato affermando che i combattenti separatisti di etnia armena avevano iniziato a consegnare le armi sulla base dell’accordo raggiunto proprio grazie alla mediazione russa: è quindi una conferma ma anche l’intenzione da parte azera di mostrare l’arsenale ribelle adesso preso in consegna. “Abbiamo già sequestrato armi e munizioni”, ha aggiunto infatti Eyvazo, spiegando che il processo di disarmo “può richiedere tempo” perché alcuni ribelli avevano sede in remoti distretti montani. “La priorità è lo sminamento e la smilitarizzazione”, ha quini sottolineato. La politica intanto passa ancora una volta dal Palazzo di Vetro, a New York, nella coda dell’Assemblea Generale in cui interviene l’Azerbaigian, dichiarandosi “determinato a promuovere un’agenda di normalizzazione”.

Jeyhun Bayramov, ministro degli Esteri azero, tiene però soprattutto a sottolineare che “nessuno stato accetterebbe la presenza illegale di un altro stato sul suo territorio e neppure noi lo accettiamo. Ma nonostante le sfide poste dagli armeni ribadiamo la nostra volonta’ per negoziati nel rispetto dei diritti reciproci. Crediamo ci sia un’opportunita’ storica di raggiungere un accordo per far si ‘che i due paesi vivano come vicini nel rispetto reciproco”. E promette quindi di trattare gli armeni del Karabakh come “cittadini uguali”. A Bruxelles parla il presidente armeno, Vahagn Khachaturyan, mentre il Paese si prepara ad affrontare l’arrivo di migliaia di profughi in fuga dall’ultima operazione militare azera nell’enclave del Nagorno-Karabakh, e si dice “preoccupato per la cooperazione militare tra Italia e Azerbaigian e per gli accordi già firmati, o previsti, che arriverebbero fino a 1,2 o 1,5 miliardi di euro”. In una video intervista Khachaturyan sottolinea che “queste armi verranno un giorno utilizzate contro il Nagorno Karabakh e contro la Repubblica di Armenia” e insiste: “Speriamo che questo accordo di cooperazione non venga firmato”, mentre rimarca il “grande potenziale per la cooperazione” tra Italia e Armenia. Poi mette in guardia sulla “minaccia di un escalation” che a suo avviso “non è scomparsa, esiste ancora, da un momento all’altro le attività militari potrebbero riprendere e l’Azerbaigian potrebbe tentare di continuare la sua politica di pulizia etnica del Nagorno Karabakh”. E spiega: “Per questo abbiamo chiesto meccanismi internazionali per la sicurezza degli armeni che vivono nella regione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. (ANSA). RP 2023-09-23 19:37 S0B QBXB EST

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Venezuela mette taglia sul leader del carcere Tocoron El Niño Guerrero

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Il Venezuela mette una taglia su Rusthenford Guerrero Flores, meglio conosciuto come El Niño Guerrero, il leader del Tren de Aragua – il gruppo criminale più temuto del Venezuela – che aveva trasformato il carcere di Tocoron, a sud est di Caracas, in un paradiso per criminali, con piscina, zoo con animali esotici, e persino una stanza per il mining di Bitcoin. “Ricompensa. “Ricercato”, si legge su un manifesto postato sui social media dal ministero dell’Interno e della Giustizia, corredato di fotografia, nome e numero della carta d’identità di Guerrero, 39 anni, condannato a più di 17 di reclusione, per omicidio. Ma nonostante la caccia all’uomo, secondo l’Osservatorio delle carceri venezuelane, i vertici della banda criminale erano stati avvisati con anticipo dell’operazione pianificata per riprendere il controllo del penitenziario, dando loro il tempo di fuggire.

“I prigionieri più violenti, e i capi, avevano già negoziato la loro uscita dal complesso” prima dell’assalto degli 11mila tra poliziotti e militari “ed hanno lasciato il Paese una settimana fa”, affermano dalla ong. Secondo Jeremy McDermott, direttore esecutivo di InSight Crime, fondazione dedicata allo studio delle principali minacce alla sicurezza in America Latina, dal bastione del Tocoron, da anni Guerrero organizzava una serie di attività che gli fruttavano circa tre milioni di dollari l’anno. Il penitenziario – spiega – si era trasformato in una roccaforte per estorsioni, sequestri, rapine, tratta di esseri umani, e traffico di droga, con ramificazioni in vari Paesi dell’America Latina, dal Perù al Cile, dall’Ecuador alla Colombia.

L’osservatore ritiene inoltre che l’operazione per riprendere il controllo della prigione, faccia parte di una strategia del governo di Nicolas Maduro per mostrare il pugno duro contro il crimine in vista delle elezioni del 2024. Stando a indiscrezioni, nel carcere sono stati trovati alcuni tunnel sotterranei che consentivano l’entrata e l’uscita a proprio piacimento. E ci sono immagini che immortalano Guerrero mentre partecipa a feste ed altri incontri mondani. Tra le informazioni circolate, quella che il capo del Tren de Aragua abbia già lasciato il Venezuela e si sia nascosto in Cile. Ma le autorità del Paese sudamericano – che negli ultimi mesi si sono trovate a gestire gravi problemi di sicurezza – negano.

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Kiev conferma, ‘sfondate difese russe nel sud, avanziamo’

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Il generale a capo della controffensiva ucraina lungo la linea del fronte sud, Oleksandr Tarnavsky, ha confermato alla Cnn che le sue forze hanno sfondato a Verbove, a est di Robotyne (Zaporizhzhia) e avanzano ulteriormente. Tarnavsky ha ammesso che le sue truppe si stanno muovendo più lentamente del previsto. “Non così velocemente come ci si aspettava, non come nei film sulla Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato: “La cosa principale è non perdere questa iniziativa (che abbiamo). E, beh, non perderla nella pratica, con le azioni”. Lo sfondamento della linea del fronte meridionale, la cosiddetta ‘linea Surovikin’, era stato riportato ieri dai media internazionali.

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