Nessun attacco speculativo contro l’Italia. E’ solo attenzione alla stabilità dei nostri conti. Dopo le fibrillazioni con cui i mercati hanno accolto l’approvazione della Nadef, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco allontana i fantasmi e lancia un monito al governo alle prese con la messa a terra della prossima manovra di bilancio. Che si preannuncia in salita: con un tesoretto in deficit di 14 miliardi già interamente appaltato per il taglio del cuneo e la nuova Irpef a tre aliquote, tutto il resto dipende dall’esito della caccia alle risorse. Mentre ancora si attende la pubblicazione del quadro completo della Nadef, a far parlare sono i timori scatenati dal balzo dello spread a 200 punti. Il governatore Visco sgombra il capo da ipotetici attacchi.
“Gli interessi” sul debito pubblico “non sono il risultato di speculazione contro l’Italia – dice – sono il risultato di un’attenzione sul fatto di tenere i nostri conti il più possibile in ordine”. Questo, insiste, “è un impegno politico rilevante che va sottolineato continuamente”. Visco rassicura quindi sul sistema bancario, che dopo anni di declino “ha tenuto”, e anche sul debito: è “sostenibile”, ma perché sia tale, osserva, “occorre che ci sia una risposta sul piano infrastrutturale e un piano su come vengono spesi i soldi tale che convinca chi compra i nostri titoli”. L’esecutivo da parte sua sdrammatizza e ribadisce la linea della serietà. “Lo spread ha ricominciato a scendere oggi e la Nadef terrà conto dei numeri seri, in previsione di una legge di bilancio estremamente seria”, assicura la premier Giorgia Meloni. E il viceministro dell’Economia Federico Freni professa tranquillità.
“Personalmente la reazione dei mercati non la vedo né preoccupante, né scomposta. Mi preoccuperò – aggiunge – quando lo spread dovesse salire, ma non credo che avverrà, sopra una soglia di guardia”, ovvero il 340/350 che è il massimo dal 2018 ad oggi”. I partiti di maggioranza intanto fanno quadrato intorno al governo, tacciando di ipocrisia le opposizioni che non dissero niente quando lo spread con Draghi era a 250 punti. Ma la situazione “preoccupa molto” Confindustria, ammette il presidente Carlo Bonomi, che avverte: “in Italia il vero tema è che bisogna rivedere seriamente la spesa corrente”.
Intanto c’è attesa per vedere nero su bianco il quadro completo della Nota di aggiornamento al Def approvata mercoledì sera dal cdm. Al momento è stata diffusa solo una tabella che certifica che il deficit tornerà entro il 3% solo nel 2026, ma a costo di una politica di bilancio che al momento appare restrittiva: tra tre anni il deficit programmatico è fissato infatti al 2,9%, ma con un tendenziale al 3,1%. Si alza il velo anche sulla dinamica del debito, che secondo le stime del governo scenderà sotto il 140% del Pil nel 2025, al 139,9%. Migliora infine il saldo primario, cioè la differenza tra entrate e spese al netto di quelle per interessi sul debito pubblico, che tornerà positivo nel 2025 (0,7% del Pil).
Confermati gli altri numeri diffusi subito dopo il cdm, a partire dallo scostamento di 0,7 punti tra il deficit programmatico e il tendenziale del 2024 (rispettivamente 4,3% e 3,6%) da cui il governo ha ricavato i 14 miliardi in deficit che sono la base di partenza della manovra. Prende forma anche per quest’anno, anche se non è ancora chiara la destinazione: un decimale (tra il 5,3% programmatico e il 5,2% tendenziale) che equivale a due miliardi di euro. Resta invece qualche incertezza per la crescita dell’economia, che il governo ha fissato al +0,8% quest’anno e al +1,2% il prossimo.
“La fase espansiva dell’economia italiana potrebbe aver concluso la sua corsa”, avverte Prometeia, che ha rivisto al ribasso le stime sul 2023 (+0,7%) e stima un anemico +0,4% nel 2024. In questo quadro il governo prosegue il lavoro sulla manovra. Le prossime 3 settimane saranno cruciali: ci sono da trovare un’altra decina di miliardi e definire l’elenco delle misure. Sicuri, oltre al cuneo, gli aiuti per la famiglia e la natalità. Garantito anche l’avvio del Ponte sullo Stretto: i fondi, assicura Freni, ci sono e ammontano a 2 miliardi di euro.