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Politica

Verso il no del Governo al terzo mandato, c’è il nodo De Luca

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Sono l’ultimo appuntamento elettorale di peso prima delle politiche. Sei regioni andranno al voto in questo 2025, con due governatori in scadenza che tengono sulle spine il centrosinistra e il centrodestra: il campano Vincenzo De Luca, del Pd, e il veneto Luca Zaia, della Lega. De Luca ha già ingaggiato una battaglia con la segretaria del suo partito, facendo approvare una legge regionale che gli consente di puntare al terzo mandato, malgrado Elly Schlein gli abbia ripetuto che non intende ricandidarlo. In questo scontro, la leader Pd potrebbe trovare un inaspettato alleato nel governo, che ha intenzione di impugnare la norma campana.

Per Zaia la questione riguarda soprattutto gli equilibri fra Lega e FdI: entrambe le forze aspirano a indicare il successore alla guida del Veneto. Politica e regole, dunque, si intrecciano. La decisione del governo di ricorrere contro la legge campana mischia i due ambiti: politicamente, specie in FdI, c’è una contrarietà al terzo mandato che, di fatto, viola le norme nazionali, ma tecnicamente non sarà facile risolvere la questione con un ricorso. Perché il rischio è di creare ancora più confusione: “Il governo impugnerà la legge sul terzo mandato – ha anticipato il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania Fulvio Martusciello – ma la Corte Costituzionale difficilmente riuscirà a pronunciarsi prima delle elezioni regionali. Questo significa che Vincenzo De Luca sarà candidabile, con il rischio concreto”, nel caso vinca le elezioni, “che a distanza di pochi mesi gli eletti delle sue liste possano essere dichiarati decaduti”.

Schlein dovrà risolvere il nodo giocando in casa, senza aspettare l’aiuto esterno. Per la segretaria il problema non è solo intestino, non riguarda esclusivamente il muro contro muro con De Luca e il rischio di trovarlo in corsa contro il candidato “ufficiale” del centrosinistra. La questione riguarda anche il faticoso cammino di costruzione del campo largo. Per la successione di De Luca, infatti, circola da tempo il nome di Roberto Fico, del M5s. L’indicazione dell’ex presidente della Camera potrebbe essere un tassello dell’accordo di coalizione con il M5s, in vista di un’alleanza nazionale per le politiche del 2027, quando ci sarà da contendere il governo al centrodestra di Meloni. Per Zaia il tema è di coalizione. Pur considerando “un’anomalia tutta italiana” i vincoli sul numero dei mandati, al momento il governatore veneto sembra destinato al passo indietro. Anche se ancora non è detta l’ultima parola: “Se ci sarà la possibilità di ricandidarmi lo farò – ha detto più volte – perché me lo chiedono i veneti”. Tutto si gioca sulla partita campana.

“Se passa indenne la legge del collega De Luca – ha spiegato Zaia nei giorni scorsi – lui si garantisce altri due mandati. Quindi occorre una dichiarazione formale su che cosa accadrà, altrimenti restiamo al palo solo noi veneti”. Intanto, nel toto successore, si consuma lo scontro fra alleati, soprattutto fra la Lega, che punta comunque a imporre uno dei suoi, e FdI che, forte del primato nelle urne, ambisce alla guida del Veneto. Nelle altre regioni al voto – Valle D’Aosta, Marche, Toscana e Puglia – solo in Puglia c’è un governatore al secondo mandato, Michele Emiliano, del Pd. Per la verità, anche lui ha lottato un po’ per il terzo giro. Ma, col passare dei mesi, sembra che abbia messo nel conto di lasciare.

“Il punto è politico – ha spiegato – Io ho investito nella costruzione della generazione successiva e questa generazione è pronta. Imporre il nome del presidente uscente sarebbe un atto politicamente sbagliato. Io sono dell’idea che politicamente sia necessario cambiare e per questo mi tiro fuori. Anche perché vorrei evitare di farmi archiviare dagli altri: voglio archiviarmi da solo. Deve finire bene”.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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