A 42 anni dalla strage di Ustica, la sorte del Dc9 Itavia inabissatosi il 27 giugno 1980 resta ancora avvolta dal mistero legato al Mig libico che precipito’ sui monti della Sila, nel comune di Castelsilano, in provincia di Crotone. Non e’ mai stato definitivamente chiarito se quel caccia militare fosse coinvolto nel disastro, precipitando lo stesso giorno dopo aver ingaggiato una vera e propria battaglia aerea sui cieli italiani oppure venti giorni piu’ tardi. Sta di fatto che il rinvenimento ufficiale del Mig e del cadavere del pilota che si trovava ai comandi avvenne il 18 luglio 1980, a tre settimane dal disastro di Ustica, in agro di Castelsilano (Kr) nella localita’ Timpa delle Magare.
La notizia venne data da alcune persone del posto, poi fu il sindaco dell’epoca, Francesco Brisinda, ad informare telefonicamente l’appuntato dei carabinieri che comandava la Stazione di Caccuri, territorialmente competente. Il militare, dopo aver immediatamente informato il suo superiore diretto, il comandante della Compagnia di Ciro’ Marina, si era recato a Timpa delle Magare accertando la presenza dell’aereo in un profondo burrone. Poco dopo erano sopraggiunti il vice pretore onorario della Pretura di Savelli, e l’ufficiale sanitario di Castelsilano, insieme al comandante della squadra di polizia giudiziaria di Crotone. Una stranezza, giacche’ nessuno si premuro’ di avvisare la Procura della Repubblica di Crotone. Trattandosi infatti di un incidente occorso a un velivolo militare straniero e quindi di una probabile penetrazione nello spazio aereo italiano, sarebbe stata necessaria la presenza della Procura, a sua volta assistita da un medico legale. Solo il successivo 22 luglio il capo di gabinetto del ministro della Difesa chiese alla Legione Carabinieri di Catanzaro di interessare la Procura competente al fine di considerare la possibilita’ di sottoporre ad autopsia la salma del pilota. Il procuratore della Repubblica di Crotone dell’epoca, Elio Costa, dispose l’autopsia sul cadavere, nominando periti i professori Erasmo Rondanelli, primario patologo, e Anselmo Zurlo, primario di medicina legale e cardiologo, entrambi dell’ospedale civile di Crotone. Lo stesso giorno la Procura della Repubblica di Roma chiese, nell’ambito dell’inchiesta concernente il disastro del Dc9 Itavia del 27 giugno precedente, alla stessa Procura di Crotone ogni utile notizia sulla caduta del Mig libico, le conclusioni dei periti in merito all’esame autoptico del pilota – con specifico riferimento alle cause delle lesioni riportate – ed un rapporto dettagliato sulla vicenda.
I due periti affermarono che il cadavere si trovava in avanzato stato di decomposizione. In particolare che la morte si poteva “far risalire a cinque giorni prima e cioe’ al venerdi’ 18 luglio 80” e che la causa della morte era “verosimilmente da attribuirsi alle gravi lesioni traumatiche riportate”. Per i periti, inoltre, non esistevano elementi da indurre ad ipotizzare una morte precedente alla caduta dell’aereo. Sta di fatto che subito dopo la consegna della perizia i due professori ebbero delle perplessita’ sull’epoca della morte giacche’ alcuni segni tanatologici non consentivano di far risalire la morte a soli cinque giorni prima, ma avrebbero imposto di retrodatarla ad epoca piu’ remota. I due, dopo aver consultato anche dei testi specialistici, decisero di redigere un supplemento alla perizia gia’ consegnata in precedenza. Di quella perizia, tuttavia, non si e’ trovata traccia negli atti ufficiali dell’inchiesta. C’e’ infine da annotare che la Procura della Repubblica di Crotone non ha mai disposto il sequestro del relitto dell’aereo. Il pubblico ministero, quindi, richiese l’archiviazione del procedimento che aveva aperto sul Mig libico emanando, il 31 luglio di quell’anno, un apposito decreto dal momento che a suo giudizio non erano emerse responsabilita’, a titolo di dolo o colpa, a carico di alcuno. In quella data, dunque, cessa l’interesse della giustizia crotonese sul caso. Solo nell’agosto successivo, quindi, l’autorita’ giudiziaria di Crotone rilascia nulla osta, dietro richiesta del Gabinetto della Difesa, alla rimozione dei resti dell’aereo.
I sediari arrivano a Santa Maria Maggiore e inclinano la bara di Francesco, quasi come un saluto, davanti alla Salus Populi Romani. Ogni volta, prima di partire per un viaggio, il Papa si affidava alla Madonna cara ai romani e così anche il viaggio di oggi in qualche modo finisce con questo affidamento. E’ l’ultima immagine di una giornata commovente che ha visto 400mila persone, 200mila a Piazza San Pietro e dintorni e 150mila lungo il percorso fino a Santa Maria Maggiore, dare l’ultimo saluto al Papa. Ci sono i grandi della terra e gli ultimi, ci sono gli anziani e gli scanzonati ragazzi del Giubileo. C’è suor Ana Rosa Sivori, la cugina arrivata dalla Thailandia, e gli amici di Buenos Aires; e ancora re e regine del mondo.
SERGIO MATTARELLA PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Attorno a quella semplice bara di legno, con una croce bianca e lo stemma episcopale, ci sono proprio “todos, todos, todos”, “tutti, tutti, tutti”, come ripeteva Francesco sognando fino all’ultimo giorno una Chiesa con le braccia sempre aperte. Tanta gente poi lo piange perché sa di avere perso una voce instancabile per la pace. Per questo i fedeli applaudono a lungo quando il cardinale Giovanni Battista Re lo ricorda nell’omelia: “Papa Francesco ha incessantemente elevata la sua voce implorando la pace” perché la guerra, proprio come ripeteva Bergoglio, “è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”. E ai funerali del Papa della pace il mondo assiste ad un faccia a faccia, in basilica, una specie di ultimo miracolo del Papa, tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky; “un incontro produttivo”, fanno sapere i protagonisti.
JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
Dopo l’argentino Javier Milei, il posto d’onore è per la delegazione italiana, guidata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accompagnato dalla figlia Laura, e dalla premier Giorgia Meloni. Ma, tra gli italiani, ci sono anche Mario Draghi, alcuni leader dell’opposizione, i sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil a rendere l’ultimo omaggio al Papa argentino. Il funerale dura un paio d’ore: il rito era stato snellito dallo stesso Francesco in previsione dell’arrivo di questo giorno. Ma è stata in ogni caso una celebrazione solenne e commovente, con la processione della bara portata dai sediari, le litanie dei santi, il canto in greco delle Chiese orientali, letture e preghiere lette in tante lingue.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
A rompere il ritmo millenario della liturgia sono solo gli applausi, lunghi e sentiti. Un modo semplice di salutare quel Papa che ha aperto i cuori anche di molti non credenti. Alla fine del funerale il feretro di Francesco viene portato in basilica e poi fuori dalla Porta della Preghiera, quella che ha utilizzato fino a domenica per entrare e uscire dalla basilica, la più vicina a Casa Santa Marta dove ha abitato per dodici anni. La bara è sistemata sulla papamobile perché Francesco oggi si è congedato definitivamente dal Vaticano per essere sepolto fuori, come non accadeva da oltre un secolo (l’ultimo era stato Leone XIII) e comunque poche volte nella storia. Il suo feretro è stato trasportato proprio con una di quelle auto dalla quale ha salutato le folle, bevuto mate, baciato bambini, a Roma ma anche in tante città del mondo visitate nei suoi 47 viaggi apostolici.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
EMMANUEL MACRON PRESIDENTE FRANCIA E LA MOGLIE BRIGITTE
KEIR STARMER PRIMO MINISTRO INGLESE E LA MOGLIE VICTORIA
WILLIAM, PRINCIPE DEL GALLES
JAVIER MILEI PRESIDENTE ARGENTINA, GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA E LA SIG.RA LAURA
GIORGIA MELONI PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
URSULA VON DER LEYEN PRESIDENTE COMMISSIONE EUROPEA
JOE BIDEN EX PRESIDENTE USA CON LA MOGLIE JILL
FUNERALE PAPA FRANCESCO
Ad attenderlo sulla porta di Santa Maria Maggiore c’è un gruppo di suoi amici, una quarantina di persone, tra senzacasa, migranti, disoccupati, che lo aveva incontrato più volte, aveva ricevuto un aiuto materiale ed una parola di speranza. Ora hanno tutti una rosa bianca in mano per l’ultimo saluto. Da domani Santa Maria Maggiore aprirà a tutti i fedeli per coloro che vorranno dire una preghiera sulla tomba di Francesco. Da lunedì invece riprendono le riunioni pre-conclave per disegnare il futuro della Chiesa e cominciare ad individuare il suo possibile successore.
Ha fatto l’ultimo viaggio alla sua maniera. In una bara di legno povera, senza decorazioni, su di una papamobile ricavata da un pickup di seconda mano. E sulla strada da San Pietro a Santa Maria Maggiore, Papa Francesco ha ritrovato le due facce del mondo che lo circondava: i fedeli che lo vedevano come una guida, e la massa coi telefonini che lo vedeva come una rockstar da postare su Instagram. Il corteo funebre è partito dal Vaticano intorno a mezzogiorno e mezzo. La bara del Papa è stata posta sulla papamobile bianca. Un veicolo realizzato per il viaggio in Messico del 2016, partendo da un pickup Dodge usato, poi regalata al pontefice dal governo messicano.
FUNERALE PAPA FRANCESCO
Il corteo è uscito dalla porta del Perugino, un ingresso secondario delle mura del Vaticano, ha attraversato il Tevere e ha imboccato corso Vittorio Emanuele. Dietro la papamobile, una trentina di auto di cardinali. Pubblico e fedeli non hanno potuto seguire il corteo, ma sono rimasti sui marciapiedi, dietro le transenne. Lungo tutto il percorso erano 150mila, ha reso noto la sala stampa vaticana. Il corteo è andato avanti abbastanza velocemente, per piazza Venezia, Fori Imperiali, Colosseo, via Labicana e via Merulana, fino a Santa Maria Maggiore. Da San Pietro, non ha impiegato più di mezz’ora, quasi Bergoglio non volesse disturbare troppo la città. La giornata era calda, il sole splendeva. Al passaggio della papamobile, la gente applaudiva, gridava “viva Francesco”, “daje Francesco”.
Tantissimi riprendevano con i telefonini e postavano sui social, qualcuno piangeva. Molti pregavano. Chiacchierando con la gente per strada, saltava fuori che tanti erano lì per rendere omaggio a una papa che amavano, e del quale condividevano il messaggio. Tanti altri erano lì soltanto perché Francesco era famoso: il suo funerale lo vedevano come un evento storico da non perdere. Tiziana, una signora anziana romana, spiegava che “lui ha rappresentato il contatto vero della Chiesa con le persone, non importa se erano credenti o no. Ora dobbiamo portare avanti il suo messaggio di fratellanza e di accoglienza”. Per Sienna, australiana, “vale la pena di essere qui, in questo giorno storico”.
Mentre Janet, danese, spiegava di essere qui col marito “per vivere un momento storico”. Ma aggiungeva “apprezzavamo il suo messaggio, il mondo è troppo per i ricchi”. Per Ida, calabrese trapiantata a Roma, “Papa Francesco è sceso dal piedistallo per stare tra le persone. Ora molto dipende da chi erediterà il suo posto. Io spero che il prossimo faccia come lui, perché se vogliamo la pace, dobbiamo preoccuparci per chi sta peggio di noi”.
Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero.
La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati.
Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.