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Politica

Indagato autore fake news Ustica, offese l’onore del Presidente Mattarella

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L’autore della fake news della presunta opposizione del segreto di Stato da parte del Quirinale sulla strage di Ustica è indagato per offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E deve rispondere anche di diffusione di notizie false. Sono i reati ipotizzati nel fascicolo aperto dalla Procura di Roma su una vicenda che scatenò i social per un post partito da un account italiano, diventato virale in poco tempo, e che portò alla reazione dello stesso Quirinale. Il Colle segnalò infatti la bufala alle autorità e intervenne il 30 giugno con una nota, in cui definì “ignobile e vergognoso far circolare sul web tali menzogne”.

A piazzale Clodio è già stata trasmessa una prima informativa agli inquirenti e dai primi accertamenti emergerebbe che il messaggio fake sia partito dall’Italia: la Polizia postale aveva subito attivato delle verifiche con approfondimenti sull’account del giornalista no vax Matteo Gracis e sugli utenti che avevano rilanciato la fake news in quelle ore. Secondo quella bufala, contenuta in un post dello scorso 27 giugno, giorno del 44esimo anniversario della strage, sarebbe stato Mattarella a prorogare il segreto di Stato su quanto avvenne sui cieli di Ustica il 27 giugno del 1980, quando un aereo della compagnia Itavia si spezzò precipitando nel mar Tirreno e uccidendo 81 persone. Il messaggio di Gracis su Facebook commentava le parole pronunciate da Mattarella in occasione dell’anniversario della strage di Ustica: “manca la verità, paesi amici collaborino”. ”

Questo ‘signore’ è lo stesso che nel giugno del 2020 ha prorogato di 8 anni il segreto di stato proprio sui documenti relativi al caso Ustica e sapete con quale motivazione? Riporto testuali parole: ‘La verità farebbe male all’Italia’, scriveva Gracis nel post. Ma erano parole e contenuti falsi che finirono sotto i riflettori dei media e del Quirinale. Tanto che lo stesso giornalista pubblicò poi delle scuse sui suoi canali: “Ho commesso un errore. Anzi, due errori che un giornalista non dovrebbe fare e che mi obbligano a una riflessione approfondita sul mio operato. Chiedo scusa nuovamente e non per sperare in una qualche forma di clemenza, ma perché è questo che va fatto quando si sbaglia. Mi scuso soprattutto con i miei lettori e il mio pubblico, per le inesattezze e le imprecisioni contenute nel mio post fallace. Ho rettificato e sono pronto ad assumermi tutte le responsabilità, nonché le conseguenze delle mie azioni, qualunque esse siano. Per il momento non ho altro da aggiungere a riguardo”.

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Cronache

Caso Open Arms, chiesti 6 anni di carcere per Salvini: la “totale solidarietà” della premier Meloni

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Alla fine di una requisitoria di 7 ore, i Pm di Palermo hanno chiesto di condannare a 6 anni di carcere Matteo Salvini per avere impedito cinque anni fa, quando era ministro degli Interni nel governo Conte, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti, con l’accusa di averli sequestrati a bordo della nave spagnola Open Arms. Richiesta che ha avuto un effetto dirompente nel mondo della politica: “Mi dichiaro colpevole di avere difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di avere mantenuto la parola data”, il commento di Salvini.

Che aggiunge: “Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per avere difeso i confini del proprio Paese”. Al suo fianco la premier Giorgia Meloni: “Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo, la mia totale solidarietà al ministro Salvini”. Presa di posizione fortemente criticata dall’opposizione. Ma a Salvini è arrivato addirittura il duro endorsement di Elon Musk: “Quel pazzo pubblico ministero dovrebbe essere lui quello che va in prigione per sei anni, questo è pazzesco”. Proprio secondo i Pm di Palermo, Salvini avrebbe agito nel 2019 non per una strategia concordata col governo Conte, come invece sostiene la difesa, ma per l’interesse ad aumentare il proprio consenso elettorale facendo leva sulla lotta all’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa, non c’era alcun pericolo di terrorismo a bordo della nave e dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato.

Inoltre, le condizioni dei migranti per quell’azione si aggravarono di giorno in giorno. Per motivare la richiesta di condanna, il pm Marzia Sebella ha sottolineato che “il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo”, e quel “diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione”. Quindi un pensiero ai migranti, “i grandi assenti in questo processo: non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestini o criminali, magari perché una casa non ce l’hanno. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle”. Parole apprezzate da Oscar Camps, fondatore di Opem Arms: “Siamo emozionati”. Di tutt’altro tenore l’avvocato Giulia Bongiorno: “Basta esaminare gli atti, e non fare ipotesi e teoremi, per rendersi conto che durante tutto il processo c’è stata la correttezza dell’operato di Salvini e la massima attenzione alla salute dei migranti”. Il sostituto procuratore Geri Ferrara, assieme alla collega Giorgia Righi, ha affermato che non si tratta di “un processo politico” perché “è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla”: sono stati valutati “atti amministrativi come il ritardo o la negazione” del porto assegnato per sbarcare.

“L’elemento chiave”, per l’accusa, “è stato quando Salvini ha assunto il ruolo di ministro” e “ha spostato le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos dal Dipartimento libertà civili e immigrazione al suo ufficio di gabinetto”. E’ stato lui, insomma, ad assumere tutte le decisioni, era lui che veniva informato in modo “costante e quotidiano”. Per i pm “non è accettabile” l’idea di anteporre la protezione dei confini nazionali ai diritti umani. “C’è un principio chiave non discutibile: nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, i diritti umani prevalgono sulla protezione della sovranità dello Stato”, ha sottolineato Geri Ferrara.

“La persona in mare va salvata ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio o passeggero”, perché “per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato, poi se è il caso la giustizia fa il suo corso”. In attesa della replica delle difese prevista per il 18 ottobre, l’avvocato Bongiorno ha accusato il pm di fare politica: “Nel momento in cui dice che il tavolo tecnico, i decreti e le direttive sono tutti inaccettabili, intollerabili e in contrasto con i diritti umani in realtà sta processando la linea politica di quel governo”. Entro la fine dell’anno, poi, è prevista la sentenza.

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Arianna Meloni, vicenda Sangiuliano è chiusa, solo gossip

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“La vicenda è chiusa. Se n’è parlato fin troppo. È una vicenda dolorosa. Sangiuliano è stato un ottimo ministro. È stato un ministro onesto. È una persona brava e competente. Si è dimesso per una faccenda del tutto personale, una faccenda di gossip montata dalla stampa in maniera decisamente eccessiva. Direi, anche basta. Risponderei come hanno risposto gli imprenditori a Cernobbio”. Lo ha detto Arianna Meloni alla festa di FdI a Lido degli Estensi. A chi chiedeva se potessero essere coinvolte altre persone, la responsabile della segreteria politica di Fratelli d’Italia ha risposto: “Sono ricostruzioni fantasiose, lo hanno confermato tutti”.

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Mattarella: il fascismo complice della ferocia nazista

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“Il fascismo, con il regime della Repubblica sociale italiana, era complice della ferocia nazista”, dunque “l’Italia è orgogliosa del percorso compiuto in questi quasi 80 anni dalla Liberazione”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come già in passato, non lascia adito a dubbi sugli anni del regime e plaude ai partigiani. Oggi è salito fin sulle montagne della Carnia e dell’Alto Friuli per ribadirlo, in un discorso tenuto ad Ampezzo (Udine) per l’80/o anniversario della Zona libera della Carnia e dell’Alto Friuli. Un’esperienza durata pochi mesi del 1944, fino alla brutale controffensiva nazista appoggiata dai fascisti e da 5mila cosacchi, l’operazione Waldläufer. Breve ma carica di significati: estesa su 2.500 chilometri quadrati – la più grande tra le zone liberate dai partigiani in Italia del Nord – nella Repubblica della Carnia vivevano 90 mila persone: un “laboratorio di democrazia”, come ha detto Mattarella.

I partigiani sollecitavano “all’iniziativa e alla partecipazione dal basso, dopo due decenni di subalternità e passività popolare, frutto” del ‘credere, obbedire, combattere’. Quando si dovette votare per i comuni, nella Repubblica si chiamarono a votare i capifamiglia come era uso, e se questi erano donne, si chiamarono a votare le donne. Un’iniziativa senza precedenti. Ma si presero anche decisioni fiscali, a difesa dei boschi dalle speculazioni, si dispose di riprendere la scuola e anche una riforma della giustizia. Il capo dello Stato ha visto “in queste popolazioni, in Carnia, le radici della nostra Costituzione, che alimentano la nostra vita democratica”. Quello del voto non fu la sola emancipazione femminile: erano le donne che, sfidando gelo, neve e i pericoli di essere intercettate, portavano sulle spalle le gerle con munizioni, viveri e armi agli uomini in montagna.

A rappresentare quelle donne oggi c’era Paola Del Din, 101 anni, partigiana medaglia d’oro al valor militare: si è sollevata dalla sedia a rotelle per “stare di fronte al Presidente, apprezzandone “la vita molto faticosa. Passando dal visitare luoghi di sciagure ad altri luoghi di fatti storici, il suo è un lavoro di ricucitura dell’Italia”. Il capo dello Stato non si è limitato alla lotta partigiana di quest’area ma ha ricordato che “il Regno d’Italia con la dichiarazione ambigua dell’8 settembre 1943 e sino al cambio di fronte operato con la dichiarazione di guerra a Berlino del 13 ottobre successivo, aveva permesso l’invasione della penisola da parte delle truppe germaniche”. Ma la Resistenza fu lotta anche per l’indipendenza, e prendeva forza mentre nel 1944 si moltiplicavano le stragi naziste “da Sant’Anna di Stazzema a Marzabotto”.

Fu il momento in cui “si affacciavano i primi embrioni di partecipazione politica e di aspirazioni democratiche”. Anche il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha definito quella della Carnia libera una “straordinaria lotta per la democrazia”, lanciando il monito che, visti “i sanguinosi conflitti alle porte dell’Europa”, non si diano per scontati i “diritti e le libertà conquistati nel secolo breve”. Le parole di Mattarella siano un monito, hanno osservato le dem Debora Serracchiani e Tatjana Rojc, presenti ad Ampezzo, “a lavorare ancora su una strada di progresso, diritti e libertà”. Mattarella ha poi raggiunto Illegio per visitare la mostra d’arte ‘Il Coraggio’, e dopo un breve intervento e il pranzo, è ripartito.

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