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Torino-Napoli, il prefetto vieta la vendita dei biglietti ai residenti in Campania

Per ragioni di ordine pubblico, il prefetto di Torino vieta la vendita dei biglietti ai residenti in Campania per la partita Torino-Napoli del 18 ottobre.

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Tensione alta in vista di Torino-Napoli, match di Serie A in programma venerdì 18 ottobre allo stadio Olimpico Grande Torino. Il prefetto Donato Cafagna ha firmato un’ordinanza che vieta la vendita dei biglietti ai residenti in Campania, compresi i possessori della tessera di fidelizzazione del Napoli.

La decisione, presa dopo le valutazioni dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive e del Comitato di analisi per la sicurezza nelle manifestazioni sportive, mira a garantire la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.


Divieto esteso a tutti i settori dello stadio

Il provvedimento si applica a tutti i settori dell’impianto, compreso quello ospiti, e vieta inoltre la vendita dei tagliandi nei punti autorizzati della regione Campania.

L’acquisto dei biglietti nei settori di tribuna Nord e Sud sarà consentito esclusivamente ai titolari della tessera “Cuore Granata”, purché sottoscritta prima del 31 agosto 2025. Tutti i titoli di ingresso saranno strettamente nominativi e incedibili.


Una misura preventiva per la sicurezza

Il provvedimento arriva dopo le tensioni registrate negli ultimi mesi tra alcune tifoserie e rientra nella strategia nazionale di prevenzione dei rischi legati alle trasferte.

L’obiettivo, spiegano fonti della prefettura, è quello di evitare episodi di violenza o disordini che possano compromettere la sicurezza dentro e fuori dallo stadio, garantendo il regolare svolgimento dell’incontro di campionato.

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Giovanni Di Lorenzo, l’ultima chiamata per il Mondiale: il capitano che non vuole mollare

Giovanni Di Lorenzo sogna il suo primo Mondiale. A 32 anni il capitano del Napoli non vuole mancare l’appuntamento della vita e guida l’Italia di Gattuso verso la qualificazione

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È uno di quelli all’ultima chiamata. Giovanni Di Lorenzo lo sa bene: a 32 anni, o il Mondiale si gioca adesso o non si giocherà mai più. Perché nel 2030 ne avrà 37, e il tempo non perdona nemmeno ai più instancabili.
Eppure il capitano del Napoli e colonna della Nazionale italiana non ha mai smesso di crederci. Dopo aver vinto un Europeo e saltato due edizioni della Coppa del Mondo — la prima con la Svezia nel 2017, quando non era ancora in azzurro, e la seconda nel 2021, causa infortunio — ora vuole la sua rivincita.


Il veterano che non molla mai

Con oltre 50 presenze in Nazionale, Di Lorenzo è ormai uno dei pilastri del gruppo. Solo Donnarumma e Barella lo precedono per numero di gare disputate. Da Mancini a Spalletti, fino a Gattuso, nessuno ha mai rinunciato a lui.
Dal suo esordio nel 2019 contro il Liechtenstein non ha più saltato un appuntamento importante. Lo chiamano “Robocop” per la resistenza e la costanza: un difensore moderno che difende, costruisce e attacca con la stessa intensità.


Il simbolo del calcio operaio

Tutti sono pazzi di Di Lorenzo perché incarna un’idea di calcio che sembra ormai scomparsa: quella della fatica, del sudore, della disciplina.
Sorride poco, si arrabbia molto, ma non tradisce mai. Un professionista totale, capace di passare da terzino a centrocampista o esterno offensivo con naturalezza.
Nel suo Napoli ha vinto due scudetti e una Coppa Italia, diventando il simbolo di una squadra che ha costruito le proprie vittorie sul lavoro e sulla compattezza.


Estonia e Israele, snodi decisivi

Le prossime due partite dell’Italia — Estonia e Israele — sono cruciali.
Servono punti, entusiasmo e soprattutto leader come lui. Gattuso lo conosce bene, lo ha allenato e ne apprezza la serietà: “È grintoso, metodico, un esempio per i compagni”, ha detto il ct.
Accanto a lui, scalpita Spinazzola, pronto a giocarsi le sue chance, ma la fascia da capitano e la fiducia restano saldamente nelle mani di Di Lorenzo.


L’uomo che vuole scrivere la sua storia

“Giovanni è carico, sogna il Mondiale e farà di tutto per arrivarci”, ha dichiarato il suo agente Mario Giuffredi, che lo conosce da sempre.
Per Di Lorenzo, questo sogno è più di una competizione: è la possibilità di dare un senso pieno a una carriera costruita senza scorciatoie.

In un calcio che cambia volto ogni giorno, lui resta una certezza, un simbolo di concretezza e silenziosa ambizione.
E forse è proprio per questo che l’Italia ha ancora bisogno di lui.

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Calcio senza anima: quando lo sport si vende al miglior offerente

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Il calcio non è più uno sport. È un prodotto. Un’industria globale che macina miliardi e divora se stessa, trasformando la passione popolare più autentica in un sofisticato strumento di marketing.
Oggi non contano più i dribbling, i gol, i sogni di una tifoseria: contano i bilanci, i diritti tv, gli sponsor, le aziende di scommesse, e ogni voce di entrata che possa generare profitto.

Il calcio moderno non si gioca più nei campi polverosi o negli stadi di quartiere, ma nei consigli d’amministrazione e nei centri finanziari del mondo.

Il paradosso dei match giocati all’estero

Le ultime decisioni della Lega Serie A sono l’emblema di questa deriva.
La notizia che Milan e Como giocheranno in Australia è solo l’ennesimo passo verso la completa snaturalizzazionedello sport. Un match di campionato italiano dall’altra parte del mondo, per “esportare il brand Serie A” e incassare qualche milione in più.

Ma chi resta a casa? I tifosi, quelli veri, quelli che da decenni riempiono gli stadi, sostengono la squadra, si identificano nei colori. A loro, niente. Solo la fatica di seguire le partite in orari assurdi e la sensazione di essere diventati irrilevanti.

Lo stesso accade con Inter–Atletico Madrid, giocata a Bengasi per una “Reconstruction Cup” dal significato sportivo nullo, ma dal ritorno economico enorme.
Una sfida organizzata in una terra ancora segnata dalla guerra civile, solo perché lì qualcuno paga bene.

Coppe e finali: quando il denaro vale più della passione

Da anni ormai le finali di Coppa Italia, di Supercoppa, e di tornei internazionali vengono giocate in Cina, Arabia Saudita o Emirati Arabi.
Non per promuovere la cultura sportiva, ma per riempire le casse delle federazioni e dei club.
Un business colossale che esclude chi ha fatto grande questo sport: i tifosi, quelli che non possono permettersi viaggi intercontinentali o biglietti da centinaia di euro.

Il risultato è un calcio senza pubblico e senza radici, dove la partita diventa un evento televisivo globale, prodotto per gli sponsor e non per la gente.

Un calcio che arricchisce pochi e impoverisce tutti

Dietro i sorrisi patinati dei dirigenti e dei calciatori miliardari si nasconde un sistema indebitato fino al collo.
Il calcio italiano, in particolare, deve miliardi di euro e continua a sopravvivere grazie a operazioni di immagine, anticipi tv e plusvalenze creative.
I club sono sempre più aziende speculative, gestite da fondi stranieri che parlano la lingua del profitto, non quella della passione.

E intanto i vivai si svuotano, gli stadi cadono a pezzi, le famiglie disertano le curve, i giovani si allontanano da un mondo che non riconoscono più.

Dove sta andando il calcio moderno?

La domanda è inevitabile: dove sta andando il calcio moderno?
Verso un futuro di partite nei grattacieli di Dubai, arbitri sponsorizzati e tifosi ridotti a target pubblicitario?

Se la risposta è sì, allora il calcio ha già perso la sua partita più importante: quella con la propria anima.
Perché nessun miliardo potrà mai comprare la magia di un sogno, la voce di una curva, la purezza di un gol segnato sotto la pioggia.

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Sport

Impresa di Jasmine Paolini: travolta Swiatek e vola in semifinale a Wuhan

Strepitosa vittoria di Jasmine Paolini che batte Iga Swiatek 6-1, 6-2 e conquista la semifinale del Masters 1000 di Wuhan. Ora sfida Coco Gauff per un posto in finale.

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Jasmine Paolini compie l’impresa e abbatte finalmente il tabù Iga Swiatek. Dopo sei sconfitte in altrettanti precedenti, la toscana ha superato la numero 2 del mondo con un perentorio 6-1, 6-2 nella semifinale del Masters 1000 di Wuhan, ultimo grande appuntamento stagionale del circuito WTA.

Con questo successo, la 28enne azzurra conquista punti cruciali nella corsa alle WTA Finals di Riyadh, dove a inizio novembre si sfideranno le otto migliori giocatrici dell’anno. Nella Race live, Paolini sale a 4.131 punti, superando la kazaka Elena Rybakina (3.913).


Un dominio totale in appena 65 minuti

Il match è durato solo 65 minuti, con Paolini protagonista di una prestazione impeccabile dal primo all’ultimo scambio. L’azzurra ha dominato in ogni fondamentale: servizio solido, risposte profonde e grande precisione da fondo campo.
La Swiatek, al contrario, è apparsa sorpresa dall’aggressività della rivale e incapace di cambiare ritmo.

“Sono molto felice, è stata dura. È sempre difficile affrontare una giocatrice straordinaria come Iga, ma alla fine ho vinto”, ha detto raggiante Paolini dopo la partita.


In semifinale sfida Coco Gauff

Domani Jasmine troverà di fronte Coco Gauff, numero 3 del ranking mondiale, che ha travolto la tedesca Laura Siegemund 6-3, 6-0 in poco più di un’ora.
Il bilancio dei precedenti sorride alla tennista italiana, avanti 3-2 e vincitrice degli ultimi tre incontri, l’ultimo dei quali ai quartieri di Cincinnati.

“Gauff è tosta da affrontare, sarà un match duro. Adesso però sono super felice di essere in semifinale”, ha aggiunto la numero uno azzurra, che in questa stagione vanta 41 vittorie e 16 sconfitte, con tre titoli conquistati, tra cui gli Internazionali d’Italia a Roma.


Sabalenka e Pegula nell’altra semifinale

Nell’altra parte del tabellone, Aryna Sabalenka ha battuto Rybakina e troverà Jessica Pegula, che ha superato Katerina Siniakova 2-6, 6-0, 6-3.
Sabalenka, tre volte campionessa a Wuhan, è tornata a imporsi sulla kazaka dopo due anni di stop nei confronti diretti sul cemento.

Per Jasmine Paolini, invece, l’obiettivo è chiaro: continuare a sognare e conquistare una storica finale che la avvicinerebbe ancora di più alle Finals di Riyadh.

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