“Negli ultimi sei mesi l’Italia e’ passata da un trionfo all’altro. Tutto e’ iniziato a maggio quando la band Maneskin ha vinto l’Eurovision, a luglio la nazionale di calcio e’ diventata campione d’Europa, ad agosto gli sprinter italiani hanno stupito il mondo e ad ottobre lo scienziato italiano Giorgio Parisi, ha vinto il Nobel per la Fisica. E in tutto questo ha vissuto l’esperienza, nuova per il Paese, di essere governata da un primo ministro rispettato a livello internazionale e con un’enorme maggioranza parlamentare che gli consente di trasformare facilmente i suoi progetti in legge”. Lo scrive il settimanale britannico The Economist nel suo ultimo numero intitolato ‘The Mario Magic’, ‘la magia di Mario’. “Il nuovo primo ministro dell’Italia ha avuto nuove mesi positivi, ma c’e’ ancora molto da fare in poco tempo”, si legge ancora nel pezzo. “Sostenuta da un’efficace campagna di vaccinazione, l’economia italiana e’ in forte ripresa – scrive l’Economist – Il 28 ottobre Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, ha previsto per quest’anno una crescita economica “probabilmente ben oltre il 6%”, anche se pochi si aspettano che il Pil italiano ritorni ai livelli pre-pandemia prima del 2022, ben dietro a Stati Uniti e Gran Bretagna, tra gli altri. Ma l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha rivisto le sue prospettive per il debito italiano da stabile a positivo, e gli italiani possono aspettarsi un periodo in cui il loro governo sara’ in grado, anzi obbligato, a spendere liberamente per la prima volta dai tempi del Piano Marshall”. Il problema, prosegue il settimanale britannico, “non e’ il piano di riforme italiano. Quello e’ in anticipo rispetto al programma. A maggio e’ stato approvato un pacchetto che ha semplificato un’ampia gamma di procedure burocratiche. E sta per essere attuato un riassetto del sistema di giustizia penale. Un’ulteriore riforma, incentrata sulla giustizia civile, e’ in cantiere. Inoltre fonti ufficiali affermano che presto arriveranno leggi per promuovere la concorrenza”. Il problema, “sono gli investimenti”, in particolare da parte dei ministeri del Turismo e della Transizione ecologica definiti “lenti”, non avendo ancora realizzato nessuno degli investimenti di cui sono responsabili. Su tutto incombono due dubbi, sostiene l’Economist. Il primo riguarda il destino dei programmi una volta che dovranno essere attuati a livello regionale. Il secondo riguarda lo stesso Draghi. “Si sa – scrive il settimanale – che egli voglia la presidenza della Repubblica. Ma anche se non dovesse diventare capo di stato, e’ improbabile che rimanga al governo dopo le elezioni generali che dovrebbero tenersi entro la primavera del 2023, e potrebbero anche arrivare prima”. “I sondaggi continuano a suggerire che il prossimo governo italiano sara’ una coalizione dominata da due partiti che sono stati a lungo critici nei confronti della Commissione europea: Fratelli d’Italia, che ha legami con il neofascismo, e l’estrema destra della Lega Nord”. “Chi e’ vicino a Draghi – conclude l’Economist – sostiene che la sua partenza non debba necessariamente portare a una rottura radicale. E i futuri governi saranno comunque vincolati alle scadenze imposte dalla Commissione e riluttanti a rinunciare al flusso di denaro da Bruxelles qualora non le rispettassero. Forse. Ma la Lega, che fa parte della coalizione che sostiene Draghi, e l’Fdi, che non ne fa parte, sono entrambi legati a politiche e interessi in contrasto con la spinta riformatrice del piano di rilancio”.