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Taranto e i veleni Ilva, pesanti condanne in primo grado per inquinamento alla famiglia Riva

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Le pesanti condanne di primo grado emesse dalla corte d’Assise di Taranto che hanno sancito che per anni l’Ilva della famiglia Riva ha avvelenato la citta’ di Taranto, leniscono il dolore di chi ha subito lutti nell’arco di decenni, ma non fermano la determinazione dei comitati, delle associazioni e di quei cittadini tarantini che chiedono ora che gli impianti inquinanti vengano chiusi e non si baratti piu’ la “salute con il profitto”. In tanti hanno atteso la sentenza per strada, in un presidio organizzato da associazioni nei pressi della Scuola sottufficiali della Marina militare, dove e’ stata lette la decisione dei giudici. La sentenza “storica” e’ arrivata, ma, dicono gli attivisti, “vera giustizia sara’ fatta solo quando quegli impianti, oggetto di reati cosi’ gravi, saranno chiusi definitivamente”. E’ la richiesta che arriva anche da Carla Lucarelli, mamma di Giorgio Di Ponzio, un 15enne morto lo scorso gennaio per sarcoma dei tessuti molli, malattia collegata con l’inquinamento industriale, che ha atteso con gli altri la sentenza. “E’ una giornata importante – dice – dove vediamo finalmente qualcuno pagare per quello che e’ stato fatto a una intera citta’. E’ un processo che parla di anni di disastro ambientale, anni di inquinamento, e il pensiero che piu’ ci viene alla mente e’ che se si fossero fermati in tempo, tanta gente sarebbe ancora qui con noi”. “Nulla – ha spiegato – puo’ compensare quello che ci e’ successo, nessuno potra’ restituirci i nostri figli. Quella fabbrica deve essere immediatamente chiusa, smantellata e bonificata”. “Le condanne – dice Massimo Castellana, portavoce dell’associazione Genitori Tarantini, anche lui in piazza – sono state all’altezza del lavoro fatto dai magistrati. A loro va il nostro grazie anche a nome dei bambini di questa martoriata citta’”. L’associazione Contramianto, che e’ parte civile nel processo, parla di una sentenza che “racconta delle conseguenze che i ‘veleni della fabbrica’ hanno avuto su lavoratori e cittadini morti e ammalati” e deve essere “il punto da cui ripartire per dare giustizia e dignita’ alla popolazione di Taranto colpita da un inquinamento soffocante”. Anche le associazioni che da anni si battono per la chiusura del siderurgico, sono soddisfatte per le condanne ma anche per la confisca degli impianti inquinanti. “La confisca, anche se non immediatamente esecutiva – sostiene Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink – cambia la storia, cambia il futuro. Credo che l’accordo tra ArcelorMittal Italia e Invitalia sara’ destinato a fallire perche’ prevede la cessione di beni che sono sotto confisca”. Soddisfatto anche il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che ha assistito in aula con la fascia tricolore alla lettura della sentenza. “Siamo commossi – dice – per quelli che abbiamo perduto e per quelli che qui ancora si ammalano. E’ stata una strage, lunga decenni, per il profitto”. Spero ora, aggiunge che il Consiglio di Stato che decidera’ sull’ordinanza sindacale che ha disposto la chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva, “possa tenere debito conto delle risultanze di questa giornata storica”.

Inquinamento ex Ilva Taranto, condannato anche l’ex presidente di Regione Vendola

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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