Collegati con noi

Cronache

Si pente anche Walter Schiavone, è il secondo figlio di Sandokan che racconta ai magistrati i segreti dei Casalesi

Pubblicato

del

Non e’ il primo “pentito” della famiglia mafiosa di Casal di Principe, Walter Schiavone, secondo figlio del boss Francesco, detto “Sandokan”, ergastolano e al 41bis dal 1998. Gia’ Nicola, il primogenito, alcuni anni fa, ha intrapreso quella strada. E in quell’occasione Walter, insieme con la sua compagna, la madre Giuseppina Nappa e le sue due sorelle, venne inserito nel programma di protezione riservato ai familiari dei “collaboratori” salvo poi affermare, candidamente, che in quel lasso di tempo aveva comunque continuato a intascare lo stipendio della “cosca”. La protezione dello Stato e i soldi della camorra. Non accettarono la scelta della madre e del fratello, invece, gli altri tre figli maschi di Sandokan, gli irriducibili Carmine (arrestato nel 2013 e attualmente al 41bis), Emanuele Libero (detenuto) e Ivanhoe, libero perche’ assolto in un’inchiesta sull’imposizione dei gadget natalizi ma sotto processo per una rissa che vide coinvolti anche i “delfini” del clan Nuvoletta. Emanuele e Carmine, dopo circa un decennio sono ormai prossimi alla scarcerazione.

Francesco Schiavone detto Sandokan. È stato il primo padrino dei casalesi a manovrare sindaci e piegare istituzioni agli interessi del clan

Walter potrebbe fornire agli inquirenti una nuova chiave di lettura dei fenomeni criminali campani che vanno dal 2014 al 2019, periodo durante il quale guidava una delle organizzazioni malavitose piu’ note a livello globale. E’ stato lui stesso, ieri, rispondendo alle domande sul suo avvocato Domenico Esposito, davanti al gup di Napoli e al pm Fabrizio Vanorio, ad ammettere di avere preso le decisioni in quel triennio. Lo ha fatto da imputato, nel processo sul business della distribuzione di prodotti caseari in supermercati e punti vendita gestito dalla mafia casalese quasi in regime di monopolio e comunque silenziando in modo anche violento la concorrenza. Sebbene fosse il secondogenito Walter non fu il secondo dei figli di Sandokan a succedergli: lo stesso fratello Nicola non lo riteneva pronto per la carica di “capo”. Tant’e’ vero che quando Nicola venne arrestato fu il terzogenito Carmine a sostituirlo. Solo dopo l’arresto di quest’ultimo, Walter prese in mano gli affari della sua famiglia, anche grazie all’influenza offerta dal suo nuovo rapporto familiare: la compagna, madre di suo figlio, e’ la figliastra del ras di Casavatore Ernesto Ferone. Walter ha ammesso di aver avviato il business delle mozzarelle all’inizio degli anni duemila, con l’altro esponente del clan Roberto Vargas (collaboratore di giustizia). Schiavone jr ha anche raccontato di aver incontrato un altro rampollo del clan, quel Filippo Capaldo nipote del superboss Michele Zagaria che per la Dda avrebbe controllato attraverso imprenditori collusi numerosi supermercati.

Nicola Schiavone. Col padre in cella per qualche anno ha retto le fila del clan dei casalesi e sta raccontando da pentito i rapporti con la politica

Schiavone jr voleva piazzare i propri prodotti caseari in un esercizio commerciale che faceva capo a Capaldo cosi’ i due giovani boss si incontrarono varie volte, e la questione si risolse. La collaborazione risale a qualche mese fa ma gia’ nel 2018 Walter aveva manifestato la volonta’ di rendere dichiarazioni: lo testimonia un verbale depositato dalla DDA al Tribunale di Napoli Nord nell’ambito del processo in cui Schiavone jr e’ imputato per ricettazione con l’aggravante mafiosa, contestata per aver ricevuto lo stipendio da dare al padre carcerato. In quelle carte c’era gia’ una sua generica disponibilita’ a parlare, disponibilita’ concretizzatasi il 29 luglio scorso, davanti alla Dda, quando ha reso il primo interrogatorio poi depositato proprio a Napoli Nord per il processo sulle “mesate”, vere e proprie iniezioni di denaro contante prelevato dalla cassa comune del clan per sostenere i boss. Walter ha ammesso di aver ricevuto in due circostanze gli stipendi per il padre ma non da esponenti dei Venosa, famiglia che ha controllato gli affari degli Schiavone per anni. In quella circostanza i pm chiesero di derubricare l’associazione camorristica a ricettazione con l’aggravante mafiosa.

Advertisement

Cronache

Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

Pubblicato

del

Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

Continua a leggere

Cronache

Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

Pubblicato

del

Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

Continua a leggere

Cronache

Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

Pubblicato

del

Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto