Collegati con noi

Cronache

Rissa sul cadavere di Gabriele La Porta, il figlio attacca la seconda moglie del padre: “Non so dove sia sepolto il mio papà e non ho saputo della morte e del funerale”

Pubblicato

del

“A tutt’oggi nè io nè mia sorella siamo a conoscenza del luogo dove è stato tumulato il feretro, nè se questo abbia effettivamente ricevuto una degna sepoltura. So per certo che il corpo di mio papà non risulta in nessun cimitero romano”. E’ un passo della lunga nota del figlio di Gabriele La Porta, Michele, nella quale l’uomo accusa la seconda moglie dello storico conduttore e giornalista Rai scomparso il 19 febbraio di avergli nascosto per giorni la morte del padre, nonchè il luogo della sepoltura, e annuncia di aver presentato insieme ad altri familiari un esposto alla polizia. Michele La Porta racconta di essere stato avvisato dell’aggravamento delle condizioni del padre, che soffriva da tempo di una grave forma di demenza, da una vicina di casa: ” Mi disse che mio padre era stato portato d’urgenza al Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli di Roma, scortato dalla seconda moglie di mio papà, la quale ha omesso di avvisare noi familiari”. Inutili, racconta, i tentativi di trovare il padre nell’ospedale e di contattare la sua seconda moglie. Il giorno successivo, tramite l’ospedale, la scoperta che il padre era morto il 19 febbraio. “In quella stessa occasione – accusa ancora Michele – gli addetti alla camera ardente, mi riferiscono che sono gia’ stati svolti i funerali senza che nessun altro componente della famiglia venisse avvisato”. L’uomo ricorda quindi che era in corso una causa per l’interdizione, causa intrapresa, spiega, “per accertare che nessuno, approfittandosi dell’incapacita’ di intendere e di volere del padre, potesse fargli firmare documenti o per avergli sottratto denaro dai conti correnti bancari”. E conclude: “Siamo sconvolti, non possiamo neppure aver il diritto di piangere nostro padre”.

Advertisement
Continua a leggere

Cronache

La piccola orsa trovata in Molise ha completato lo svezzamento

Pubblicato

del

L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.

L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.

Continua a leggere

Cronache

Omicidio Giulia Tramontano, legali di Impagnatiello: nessun agguato, fu un errore dettato dal narcisismo

Pubblicato

del

Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.

Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.

Le richieste della difesa: escludere le aggravanti

La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.

Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.

L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme

La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.

A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.

Continua a leggere

Cronache

Attentati a commissariato e caserma CC per vendetta, un arresto

Pubblicato

del

Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto