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Politica

Riforma Patto entra nel vivo, Ue chiede prudenza in 2023

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L’era delle politiche espansive post-Covid e’ destinata a tramontare, il 2023 dovra’ essere l’anno della “prudenza” e del ritorno alla sostenibilita’ del debito. Il messaggio che arriva dalla riunione informale dei ministri delle Finanze a Praga non lascia spazio ad ambiguita’: i 27 devono attrezzarsi per investimenti mirati e temporanei, a cui sono costretti dagli effetti dell’inflazione, ma senza perdere di vista i conti. Ed e’ un assioma che guidera’ anche la revisione del Patto di Stabilita’ che la Commissione varera’ a fine ottobre. Una revisione sulla quale, nei principi cardine, “c’e’ un’ampia convergenza”, ha sottolineato il vice presidente dell’esecutivo Ue Valdis Dombrovskis, avvertendo allo stesso tempo: “il diavolo e’ nei dettagli”. E i dettagli, da qui ai prossimi mesi, rischiano di riaccendere in maniera impetuosa il dibattito tra “falchi” e “colombe”. Al momento, spiega una fonte europea, si e’ lontani dall’accordo complessivo e anche Francia e Germania non si stanno muovendo in sincronia, con la seconda che, con il liberale Christian Lindner alle Finanze, sembra essere tornata a vestire i panni del “falco”. Ma Berlino, da qui in avanti, potrebbe rischiare un semi-isolamento. Perfino l’Olanda, con un il documento congiunto siglato con la Spagna lo scorso aprile, ha assunto una posizione piu’ aperturista dicendo si’ ad un risanamento dei conti adattato alle specifiche realta’ dei Paesi. Il ritmo della riduzione del debito, con l’accantonamento del taglio annuo di un ventesimo della quota eccedente il 60% del Pil, potrebbe seguire regole “piu’ realistiche”. “Dobbiamo assicurare che il debito si riduca effettivamente, ridurre la complessita’ e migliorare la conformita’”, ha spiegato Dombrovskis. L’altro tema caldo sara’ quello degli investimenti. L’idea di scorporare quelli legati al green e alla difesa e’ stata bocciata dalla Germania ma continua ad avere diversi sostenitori tra la cancellerie europee. E qualche Paese, a quanto si apprende, gia’ si prepara ad avanzare una sua proposta ad hoc dopo che la Commissione avra’ pubblicato i suoi orientamenti. Lo stesso Dombrovskis ha definito “necessari” gli investimenti verdi, digitali e per la sicurezza europea, senza scendere in ulteriori dettagli. Allo stesso tempo, per la Commissione occorrera’ semplificare i parametri della sorveglianza Ue, basandoli su un unico indicatore come per esempio un benchmark della spesa pubblica. L’obiettivo, insomma, e’ non soffocare la crescita ma fare in modo che la sostenibilita’ del debito sia davvero rispettata. E lo sguardo non puo’ che volgersi all’Italia e al suo elevato debito. Anche se, in vista di un eventuale governo di centrodestra a guida Giorgia Meloni, Dombrovskis non si e’ scomposto. “Nell’Ue ci sono 27 democrazie, i governi cambiano e noi dobbiamo essere capaci di lavorare in questo contesto”. Tradotto: dopo il 25 settembre Bruxelles continuera’ a lavorare “come prima” con Roma, aspettandosi, innanzitutto, cooperazione. L’ultimo Ecofin prima delle elezioni del ministro Daniele Franco – che ha avuto un bilaterale con il suo omologo Bruno Le Maire – ha visto aumentare anche il pressing sull’Ungheria per l’attuazione della global tax. “La Commissione manterra’ i suoi impegni”, ha assicurato Dombrovskis consapevole che, nel 2023, anche senza il si’ di Budapest diverse capitali – Parigi in testa – saranno pronte a mettere la tassa a livello nazionale. Anche perche’, in mezzo alla tempesta inflattiva, serve rimpinguare il gettito fiscale. E per vincere l’inflazione, e’ la convinzione di Bruxelles, serve agire innanzitutto sull’energia. Martedi’ la Commissione finalizzera’ le sue proposte, dal taglio dei consumi elettrici a quel price cap sul quale, pero’, continuano a serpeggiare dubbi. “Siamo al lavoro per risposte adatte al mercato”, ha twittato Ursula von der Leyen. E l’attenzione e’ cosi’ alta che, sul celebre muro di John Lennon nell’antico quartiere praghese di Mala Strana, la presidenza ceca ha fatto dipingere la bandiera dell’Ue con la scritta: “il muro della liberta’ e dell’energia”.

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Politica

Da mini-condono a Salva multe, ecco i decreti in pole

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Tra il 22 e il 29 maggio, la date in cui dovrebbe riunirsi il Consiglio dei ministri, potrebbero vedere la luce almeno 5 provvedimenti, tutti piuttosto importanti per il governo anche alla luce delle prossime Europee. Tra i decreti annunciati ufficialmente c’è il cosiddetto ‘mini-condono’. Il progetto di legge, che il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini preferisce chiamare il ‘Salva-Casa’, punta a sanare tutte le difformità di tipo formale che non corrispondo alla planimetria dell’immobile: dal muro spostato al soppalco o alla veranda. Ma anche la finestra che è di 30 centimetri più in basso o più in alto rispetto al disegno originario. Con questo dl si potrebbero sanare anche le varianti in corso d’opera che non erano state disciplinate prima del 1977.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha poi promesso da tempo che si farà un decreto per ridurre i tempi delle liste di attesa nella Sanità. Ma questo, quasi sicuramente, non sarà all’attenzione dei ministri il 22 maggio perché sul tema, si spiega, sarebbe ancora in corso un confronto con le Regioni e si sarebbero ravvisati dei problemi di copertura. Tra gli altri provvedimenti in gestazione a Palazzo Chigi c’è quello fortemente voluto dal ministro per lo Sport, Andrea Abodi, per istituire l’Agenzia per lo sport professionistico. Un testo che gli enti di governo dello Sport, dalla Figc al Coni, starebbero guardando con una certa diffidenza e che potrebbe essere accorpato ad un altro decreto: quello di cui parla da giorni il ministero dell’Istruzione di Giuseppe Valditara in cui si affronterebbe, tra l’altro, anche il tema dei corsi di potenziamento per studenti stranieri.

E’ atteso inoltre anche un provvedimento ‘salva-infrazioni europee’. Per ora si tratta di un decreto ancora in stand-by perché sarebbe politicamente molto complicato varare questo testo senza risolvere prima il problema delle concessioni demaniali marittime. Un tema che ci vede in costante braccio di ferro con l’Europa. Più articolato il fronte della Giustizia dove, oltre ad un decreto sui giudici di pace, è in cantiere da tempo anche un disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere dei magistrati: cavallo di battaglia da sempre di Forza Italia. Il testo, che probabilmente potrebbe vedere la luce già nella riunione del 22 maggio, prevede, oltre a due distinti concorsi per giudici e Pm, anche l’istituzione di due diversi Consigli Superiori della Magistratura e la creazione dell’Alta Corte di giustizia per giudicare sulle toghe. A una delle due riunioni governative dovrebbe approdare anche un decreto legislativo attuativo della delega fiscale: quello che rivede le sanzioni tributarie, riducendole di un terzo ed eliminando quelle ‘maxi’ che arrivano fino al 240%. Chi commette violazioni fiscali pagherà al massimo il 125% di multa.

Le sanzioni amministrative verranno ridotte da un quinto a un terzo, avvicinandole ai parametri europei e introducendo un principio di maggiore proporzionalità. Sul fronte penale ci si allinea ai recenti indirizzi della giurisprudenza aiutando chi non può pagare per forza maggiore e decide di pagare rateizzando. Se, ad esempio, c’è la dichiarazione, la sanzione per l’omesso versamento dell’imposta viene ridotta al 25%. Pugno di ferro invece verso i comportamenti fraudolenti, anche sui bonus e sui crediti d’imposta. L’opposizione critica molto questo ‘sovraffollamento’ di ddl e decreti, parlando di ‘misure di propaganda elettorale’. Ma nel governo si fa notare che quelle del 22 e del 29 sono date obbligate, “non tanto per il voto” delle Europee, quanto perché se questi progetti di legge venissero approvati dopo l’appuntamento con le urne, magari a metà o fine maggio, poi scadrebbero a metà a agosto, quando i lavori parlamentari si presume che siano interrotti.

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L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

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L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

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Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

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“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

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