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Cronache

Reder, boia di Marzabotto che ritrattò pentimento

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“Il soldato si distingue dagli assassini perche’ ha il senso del limite della propria azione, perche’ e’ cavaliere. La verita’ e’ questa: Reder, come altri suoi simili, appartiene a una casta militare senza scrupoli e senza morale”. Piero Stellacci, il pm che nel 1951 sostenne l’accusa nel processo contro Walter Reder, il ‘carnefice di Marzabotto’, il ‘boia’ o il ‘monco’, soprannomi che gli ha cucito addosso la storia, chiese per lui la fucilazione alla schiena ma ottenne l’ergastolo. Reder trascorse infatti quarant’anni di carcere a Gaeta, per aver comandato uno dei piu’ feroci massacri nella storia della resistenza italiana durante la Seconda guerra mondiale. Fu liberato nel 1985 dal governo presieduto da Bettino Craxi che, con una decisione che scateno’ polemiche e la rabbia dei familiari delle vittime delle stragi, fece trasportare in tutta fretta il detenuto in Austria, con un aereo militare. Al suo ritorno in patria Reder trovo’ l’allora ministro della Difesa Friedhelm Frischenschagler, che lo accolse cordialmente in aeroporto scatenando l’indignazione di tutto il mondo. Nato nel 1915 a Freiwaldau, oggi nella Repubblica Ceca, Reder era un nazista della prima ora, ed entro’ molto giovane nelle Ss, non ancora maggiorenne. Giunse nell’Italia occupata nel maggio 1944, con il grado di maggiore, dopo aver subito l’amputazione del braccio sinistro in Ucraina, e a 29 anni era al comando di un battaglione. Kesselring gli affido’ il compito di proteggere la ritirata della Wehrmacht nella zona dell’Appennino, dove i partigiani incalzavano le forze tedesche in fuga. Comincio’ cosi’ quella che sarebbe rimasta tristemente nota come la marcia della morte delle Ss di Reder: Marzabotto fu il massacro piu’ atroce, ma non l’unico. Catturato a Salisburgo nel 1945 da soldati americani, l’ex Ss venne consegnato prima alle autorita’ militari inglesi, poi estradato in Italia. Riconosciuto colpevole di crimini di guerra, venne rinchiuso in carcere e dopo la sua morte avrebbe anche dovuto essere sepolto nel cimitero accanto al penitenziario. Ma non fu cosi’. Nel 1980 il Tribunale militare di Bari gli concesse la liberta’ condizionale, disponendo pero’ la sua detenzione cautelativa per ragioni di sicurezza per altri cinque anni. Reder avrebbe dovuto lasciare il carcere nel 1985 restando comunque a disposizione della giustizia italiana. L’allora presidente austriaco, il socialdemocratico Bruno Kreisky, scrisse a Craxi chiedendo clemenza. La richiesta, suscito’ subito accese polemiche. Anche Reader spedi’ una lettera al sindaco di Marzabotto, Dante Cruicchi, ammettendo le sue colpe e dimostrandosi pentito, ma il paese si espresse, con un referendum, contro il perdono al criminale: 169 no e 6 si’. Come era gia’ successo nel 1967. La politica, pero’, ebbe il sopravvento e l’ex Ss torno’ in patria con l’aiuto della Stato. Da bravo cittadino, Reder trovo’ anche un lavoro part-time per il Comune di Strassburg. Passo’ circa un anno prima di rimangiarsi il suo pentimento e dichiarare che aveva solo “seguito gli ordini”, per poi morire nel 1991 all’eta’ di 75 anni, da cittadino libero, a Vienna.

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Cronache

Nove colpi contro l’auto di un incensurato a Nocera Inferiore

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Nove colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi contro un’auto a Nocera Superiore. Il fatto è accaduto nella frazione Citola. La vittima dell’intimidazione è un 30enne, incensurato. L’uomo, ascoltato dai carabinieri, non ha saputo fornire alcuna spiegazione su quanto accaduto. I militari del reparto Territoriale nocerino, guidati dal comandante Gianfranco Albanese, sono al lavoro per ricostruire la dinamica di quanto accaduto. L’auto è stata posta sotto sequestro per consentire i rilievi. Non è escluso che i colpi siano partiti da due armi.

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Cronache

Uccisa da colpo fucile, non fu incidente ma femminicidio

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Svolta nelle indagini sulla morte della cuoca colombiana di 32 anni che il 10 agosto 2024 fu raggiunta e uccisa da uno sparo di fucile alla testa nella casa di Siena dove viveva col fidanzato. Non fu un colpo partito in modo accidentale dall’arma, ma ci fu volontà di spararle per ucciderla. E’, dunque – se il processo confermerà questa ricostruzione – un nuovo caso di femminicidio in Italia. Il gip di Siena ha fatto eseguire oggi dalla polizia di Stato una misura cautelare per arrestare, con l’accusa di omicidio doloso aggravato, il compagno Luis Fernando Porras Baloy, colombiano di 27 anni. Per mesi è rimasto solo indagato ma ora lo inchiodano gli esami balistici.

Porras sparò da vicino alla vittima, la fidanzata Ana Yuleisy Manyoma Casanova, anche lei colombiana. La vicenda per mesi ha ingaggiato il lavoro di inquirenti e investigatori della squadra mobile, i quali hanno dovuto tenere conto delle dichiarazioni che la sera stessa Porras Baloy fece in interrogatorio. Il 27enne ricollegava lo sparo ad un evento accidentale nel manovrare un fucile calibro 16 – arma peraltro detenuta illegalmente – mentre i due erano in camera. A sciogliere il dubbio sono stati delicati accertamenti tecnici, perizie molto complesse, spiega il procuratore Andrea Boni, da cui si ricava la dinamica dell’evento ricostruita “in modo del tutto incompatibile con le dichiarazioni fatte dall’indagato”.

Lo sparo fu un “atto dolosamente diretto a cagionare la morte” e fu tirato “dal Porras mentre si trovava in posizione eretta a breve distanza dalla vittima”. Il colpo risuonò nella casa in strada del Villino, una zona residenziale della città del Palio. Non c’è un ‘perché’ chiaro ma per la procura “il colpo di fucile che ha determinato la morte della giovane donna, è stato esploso volontariamente all’interno della camera da letto ove i due conviventi si trovavano”. Le indagini hanno fatto emergere “elementi per ipotizzare il reato di maltrattamenti di famiglia, reato che, peraltro – conclude il procuratore Boni – risulta assorbito dalla specifica aggravante prevista per il reato di omicidio e sopra indicata”.

Il colombiano 27enne ad agosto fu arrestato per detenzione illecita di arma da fuoco. Misura poi alleggerita coi domiciliari, poi l’accusa di avere il fucile gli è costata a gennaio una condanna in rito abbreviato a 2 anni e 4 mesi. Ora però la sua posizione si aggrava in modo notevole. E’ già stato fissato a martedì prossimo l’interrogatorio: potrà già in questa sede difendersi dall’accusa e spiegare il motivo per cui imbracciava un fucile carico puntandolo alla testa della compagna.

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Milano sperimenta piattaforma per ‘dare voti’ a magistrati

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Una piattaforma web per segnalare “disfunzioni o criticità, ma anche aspetti positivi e virtuosi” di magistrati e personale amministrativo degli Uffici Giudiziari di Milano. L’ha attivata, primo in Italia, l’Ordine degli avvocati milanese. Nelle loro intenzioni lo strumento migliorerà il funzionamento della Giustizia e garantirà il pieno esercizio del diritto di difesa dei cittadini. Ma l’iniziativa potrebbe, secondo alcuni, avere il sapore di strumento di pressione o prestarsi a strumentalizzazioni. La procedura, spiega l’ordine, ottempera a quanto previsto dalla legge 31 del dicembre 2012, n. 247 (art. 29) e dai decreti legislativi n. 25/2006 e n. 160/2006.

Norme che danno agli Ordini forensi il compito di contribuire alla valutazione della professionalità dei magistrati. Un’attività quindi già obbligatoria per legge, ricorda l’Avvocatura milanese. Il passo in più, spiega, è l’attivazione della piattaforma. Il cui funzionamento pare abbastanza semplice. La piattaforma digitale, “riservata e sicura”, è accessibile solo per gli avvocati dall’area riservata del sito dell’Ordine. Una volta entrati, il sistema chiede ai legali di trasmettere le segnalazioni, dettagliate e corredate da documenti (come verbali, provvedimenti, o trascrizioni).

Le segnalazioni vengono poi ricevute da una Commissione per una valutazione preliminare e poi un parere al Consiglio dell’Ordine, cui spetta la decisione finale. Le segnalazioni ritenute “fondate” potranno poi essere trasmesse alle autorità competenti, ovvero i responsabili degli uffici giudiziari, per contribuire alle valutazioni di professionalità e alla risoluzione di eventuali disfunzioni. Impossibile però non pensare che una piattaforma simile, dove “l’identità del segnalante e dei soggetti coinvolti resta riservata fino all’eventuale trasmissione della segnalazione”, possa diventare a volte uno strumento di pressione nei confronti dei magistrati. Ma il presidente dell’Ordine, Antonino La Lumia, è netto: “Siamo orgogliosi di aver realizzato per primi una piattaforma che coniuga trasparenza, riservatezza e spirito collaborativo”.

Ogni segnalazione, spiega, sarà valutata con attenzione “in un’ottica di dialogo costruttivo con la magistratura”. Non solo. I dati personali inseriti nella piattaforma saranno trattati nel rispetto delle norme sulla privacy. La piattaforma quindi, per l’Ordine, rende la funzione prevista dalla legge “più trasparente, accessibile, efficace”. E, soprattutto “tutelante per il magistrato segnalato”.

Plaude all’iniziativa Enrico Costa, deputato di Forza Italia. “Gli avvocati potranno scrivere segnalazioni sull’attività dei magistrati, l’Ordine potrà farle proprie e indirizzarle al Consiglio Giudiziario affinché finiscano nel fascicolo delle valutazioni di professionalità (oggi positive al 99.6%) al Csm – scrive -. Una novità positiva, perché gli errori e i flop possano incidere sulle progressioni di carriera. L’Anm naturalmente protesta, perché giudica ogni critica ‘interferenza’, e cercherà di smontare anche questa novità, come è già riuscita a fare (trovando terreno fertile a Ministero e Csm) per il fascicolo per la valutazione del magistrato. Vigileremo perché non accada”.

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