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Politica

Alessandro di Battista conia un nomignolo per Salvini: ministro del tradimento che dà cenni di pentimento

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“Il Ministro del tradimento inizia a dare cenni di pentimento ” ma “semmai il M5s dovesse avere ancora un qualsiasi rapporto istituzionale con la Lega Nord pretenda interlocutori più seri e preparati del Ministro del Tradimento. Al netto delle critiche che ho sempre mosso alla Lega posso dire che al suo interno ci sono persone molto più credibili di Salvini. Sono le stesse persone che in queste ore lo stanno trattando come un inetto che, nonostante 26 anni di politica, continua ad ignorare le regole democratiche”  scrive in un post l’esponente del M5s Alessandro Di Battista.

Salvini “ha appena dichiarato: ‘non ho mai detto a Conte di voler staccare la spina al governo’. Forse gli sta passando l’hangover provocato dalla settimana ‘papeetiana’ o forse una serie di ministri leghisti ai quali aveva promesso scatti di carriera, potere assoluto e mesi di open bar iniziano a lamentarsi. C’e’ il rischio che perdano la poltrona e stanno tutti in fibrillazione. Oltretutto pare che il ‘suocero’ Verdini sia stato avvistato in un ristorante romano con i capigruppo della Lega Nord di Camera e Senato (che brutta fine!) a parlar di strategia politica e di conservazione del potere ad ogni costo” scrive Di Battista che commenta: “Salvini ha tradito, ha creato disordine e adesso non sa che fare. Altro che uomo forte al comando”. Quindi gli da’ un consiglio: “Fino al 20 agosto vada in vacanza. In cambio del suo silenzio possiamo concedergli di tutto: cocktail, moto d’acqua, passeggiate mattutine al guinzaglio di Berlusconi ma la faccia finita con questa ridicola telenovela. Per i suoi deliri da sondaggio ha indebolito il Paese e costretto milioni di italiani a sforzarsi per capirci qualcosa” perche’ “il Movimento ha commesso alcuni errori ma ha fatto del gran bene a questo Paese. Il Movimento e’ composto da persone serie e per bene che non meritano grottesche pantomime salviniane come non le merita il Paese”.

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Politica

Schlein e il dibattito Dem: ok contributi costruttivi

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Guarda al dibattito interno e sul centro con una certa di dose di pragmatismo, la segretaria Dem Elly Schlein. I contributi di questi giorni dal mondo cattolico a Milano e da quello riformista a Orvieto sono, di fatto, un segno di vitalità. Quella del Pd, a differenza dei partiti della maggioranza, avrebbe ragionato con i suoi, è una comunità che discute. Certo, la richiesta di avere più voce in capitolo dell’area riformista con un big come Paolo Gentiloni a tracciare la linea non sono passati inosservati. Ma, d’altra parte, c’è stato anche il riconoscimento chiaro – viene fatto notare al Nazareno – di un partito che ha ripreso quota con la sua segreteria passando in due anni e mezzo dal 14 al 24%.

L’impegno, in questo momento, è comunque concentrato sull’opposizione al governo di Giorgia Meloni, per i dibattiti sulle alleanze – ragiona qualcuno dalla segreteria – ci sarà tempo. In ogni caso, il weekend segnato dai due appuntamenti di Milano e Orvieto ha riportato nel dibattito interno una serie di questioni. Quelle poste da un lato dal fronte cattolico con la prima uscita pubblica di Ernesto Maria Ruffini e quello dell’area riformista con l’appuntamento di Libertà Eguale di Enrico Morando a Orvieto che ha visto la presa di posizione chiara (forse anche oltre quanto si aspettasse qualcuno al convegno) di Paolo Gentiloni.

L’idea dell’ex premier del fare qualcosa in più per “delineare l’alternativa” è la linea indicata anche da Morando nel suo intervento nel quale ha evidenziato la necessità di “lavorare per organizzare una scossa riformista”. Insomma, la richiesta venuta da Orvieto appare ancora una volta quella di evitare un eccessivo schiacciamento a sinistra del partito. Intanto anche l’area cattolica si è fatta sentire. Un mondo al quale continua a guardare con interesse anche il leader Iv, Matteo Renzi, che non manca di rimarcarlo. “Mai come in questo momento – dice ricordando l’anniversario dell’Appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo – c’è bisogno di un contenitore che recuperi quei valori se vogliamo che le prossime elezioni politiche siano davvero aperte e contendibili”. Insomma, da un lato e dall’altro, in questo weekend gli input alla segretaria non sono mancati.

Lei, per il momento, tira dritto sulla strada, appunto, della concretezza, assicurano i suoi. Certo, la discussione può, di sicuro essere segno di vivacità interna ma il punto ora sarà trovare una sintesi anche a fronte di una serie di questioni che rischiano di essere divisive. Tra le altre, certamente, quella del terzo mandato con le prese di posizione del sindaco di Milano Beppe Sala e del presidente del Copasir Lorenzo Guerini. E ancora quella del lavoro soprattutto se la Consulta dovesse dare il via libera ai referendum, in particolare a quello che riguarda il job act. Un tema sul quale non c’è completa assonanza di vedute tra tutte le anime del partito. Intanto domani è prevista la riunione del consiglio nazionale M5s.

Ed è di oggi l’annuncio del capogruppo alla Camera uscente Francesco Silvestri che non si ricandiderà per quel ruolo per dare il proprio contributo per la costruzione del partito. “Dopo due anni e mezzo, e soprattutto dopo le traiettorie delineate dall’assemblea costituente – ha spiegato – ho deciso di dedicare tutto me stesso alla costruzione del partito. E per questo di non ricandidarmi per il ruolo di capogruppo alla Camera. Ora a cambiare sarà il contesto, ma il mio impegno e la mia determinazione per la crescita del Movimento saranno sempre le stesse”.

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Di Pietro: lo sciopero dei magistrati è inappropriato, le carriere devono essere separate

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“Fino a prova contraria, la separazione delle carriere dei magistrati – per come prospettata finora dal Parlamento – non modifica in alcun modo l’articolo 104 della Costituzione, a norma del quale la magistratura – sia quella giudicante che inquirente sono e restano un ordine indipendente da qualsiasi altro Potere dello Stato, e, quindi, demonizzare la riforma a priori (solo perché lo aveva detto anche Berlusconi) mi pare una forzatura ideologica non corrispondente alla realtà dei fatti”. A dichiararlo è Antonio Di Pietro (foto Imagoeconomica in evidenza), Pubblico ministero all’epoca di Mani Pulite, a proposito della riforma costituzionale della giustizia per la separazione delle carriere.

“Con riferimento alla prospettata separazione delle carriere – aggiunge – rispetto chi la pensa diversamente da me, ma io ritengo che – così come in una partita di calcio l’arbitro e il giocatore non possano far parte della stessa squadra – anche nel nostro sistema processuale penale – specie dopo la riforma del processo da inquisitorio ad accusatorio – i giudici ed i Pubblici ministeri non dovrebbero percorrere la medesima carriera”.

“Anche i magistrati – prosegue Di Pietro – come tutti i cittadini hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni e lo sciopero è certamente un atto lecito, ma io trovo inappropriato che un potere dello Stato (tale è di fatto l’ordine giudiziario) scioperi contro un altro potere dello Stato. Ritengo più corretto che i poteri dello Stato si confrontino (e si scontrino se necessario) fra loro nelle sedi istituzionali loro proprie”.

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Politica

Stand-by su Santanchè, ma già è partito il totonomi

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Per ora niente si muove. Ma in attesa che si definisca il destino di Daniela Santanchè già è scattato tra i partiti il totonomi per una sua eventuale sostituzione, se Giorgia Meloni, che ancora non si è pronunciata, dovesse chiederle un passo indietro. Richiesta che di ora in ora viene dato dai rumors sempre più imminente. Questione più di giorni che di settimane, scommettono i più. Anche per evitare di sottoporre governo e maggioranza al nuovo stillicidio che accompagnerebbe il passaggio parlamentare di una mozione di sfiducia, già preannunciata dalle opposizioni. Per il momento la premier è concentrata sulla missione a Washington, che la porterà lunedì all’inauguration day di Trump. Ma dal suo rientro in poi c’è chi nella maggioranza scommette che ogni giorno potrebbe essere buono. Quantomeno perché il quadro si faccia un poco più chiaro.

Nel frattempo ci si interroga sull’eventuale nuovo cambio nella squadra: uno dei papabili citati nel tam tam parlamentare potrebbe essere Gianluca Caramanna, deputato e responsabile del dipartimento turismo di FdI, che attualmente è consigliere per i rapporti istituzionali proprio di Santanchè. Ma è anche un parlamentare alla prima legislatura. E non risponderebbe appieno all’identikit, anche perché una uscita della ministra potrebbe richiedere un riequilibrio di genere, e quindi un’altra donna da innestare nella squadra. Peraltro c’è chi non esclude che, se si dovrà procedere con il ricambio, la premier non giochi anche la carta di un non parlamentare, una sorta di figura “tecnica”, come nel caso di Alessandro Giuli, entrato al posto di Gennaro Sangiuliano. La scelta di un esterno di area, uno dei ragionamenti ricorrenti, eviterebbe peraltro di dover poi procedere a ulteriori rimpiazzi, mentre ancora resta vacante la casella che occupava al Mit per FdI Galeazzo Bignami.

La nomina del suo sostituto come viceministro di Matteo Salvini potrebbe arrivare a breve, in concomitanza con il rinnovo delle commissioni parlamentari che sarebbe prevista ogni due anni ma di prassi avviene attorno alla metà della legislatura. Il puzzle dei presidenti di commissione si potrebbe comporre tra l’inizio e la fine di febbraio per Senato e Camera. Qualche cambiamento è nell’aria da mesi – si è parlato della commissione Bilancio della Camera (dove anziché un passaggio a FdI ci potrebbe essere una staffetta interna a FI), ma anche di Difesa, Giustizia e Cultura. Anche se ora c’è chi non esclude che alla fine almeno quelli di FdI possano essere tutti riconfermati. In questo quadro non si muoverebbe dalla guida della commissione Trasporti di Montecitorio, Salvatore Deidda, tra i più quotati nelle scorse settimane per succedere a Bignami. Le ipotesi più accreditate volevano in questo caso l’ingresso di un esponente del Sud visto l’addio del pugliese Raffaele Fitto, sostituito dal lombardo Tommaso Foti. Ma c’è chi fa notare che sono tre in tutti i posti liberi nel sottogoverno e che non è detto che sia al Mit che sarà destinato un esponente del Mezzogiorno. Così come sembrerebbe quasi certo che, escluso il Ministero dei Trasporti, gli altri posti non saranno riassegnati ai ministeri della Cultura e dell’Università.

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