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Putin invade l’Ucraina, le truppe russe assediano Kiev

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Quando Vladimir Putin annuncia l’invasione, a Kiev mancano pochi minuti alle cinque del mattino. L’ora piu’ buia dell’Ucraina inizia con poche frasi preparate da giorni, che cancellano settimane di promesse del Cremlino e appelli del mondo intero: le forze della Russia, annuncia il suo leader, varcano le frontiere per compiere “un’operazione militare speciale” e “smilitarizzare” il Paese. Le prime unita’ dei quasi duecentomila soldati che assediavano i confini entrano da tutti i fronti – le zone controllate dai separatisti del Donbass a est, la Crimea occupata a sud, la Bielorussia a nord – e in poche ore piombano con i para’ alle porte di Kiev, prendendo il controllo dell’aeroporto militare di Hostomel, a una quarantina di chilometri dalla capitale. Che, avverte l’intelligence americana, potrebbe cadere “in poche ore”. In mani russe finisce subito anche l’area della centrale di Chernobyl, al confine bielorusso. Immediata e pressoche’ unanime giunge la condanna del mondo, con l’eccezione pesante della Cina, insieme a una nuova raffica di “durissime sanzioni”. E il fronte orientale della Nato, che verra’ ulteriormente rafforzato, entra in stato di massima allerta, chiedendo “consultazioni urgenti ai sensi dell’articolo 4”. Cosi’ comincia la guerra di Putin alle porte dell’Europa. “Una nuova cortina di ferro e’ calata con il mondo civilizzato”, scandisce il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che si impegna e invita a resistere, anche se Londra si dice gia’ pronta a ospitare il suo governo in esilio. L’Ucraina sembra pero’ sull’orlo della capitolazione: porti e aeroporti sono chiusi, a Kiev le sirene d’allarme suonano a piu’ riprese, le metropolitana funge ormai da bunker antiaereo. La minaccia sulla capitale e’ drammatica: con la notte cala il coprifuoco, gli appelli a cercare rifugi sicuri assumono toni sempre piu’ allarmati. La grande fuga dei residenti era gia’ iniziata all’alba, con ingorghi chilometrici verso ovest. “Tutti gli Stati frontalieri hanno dei piani per accogliere immediatamente i rifugiati dell’Ucraina”, ha rassicurato la presidente della commissione Ue, Ursula von der Leyen. Per l’esercito di Putin il primo giorno dell’attacco e’ stato “un successo”. Mosca afferma di aver distrutto 83 obiettivi militari, incluse 11 piste d’atterraggio, una base navale e tre centri di comando. Forti esplosioni e scontri si susseguono a Odessa, Kharvik, Mariupol, Leopoli e Kiev. Missili piovono anche dalla Bielorussia, dove pero’ il presidente Alexander Lukashenko giura che al momento le sue truppe non partecipano all’invasione. E dalle autoproclamate repubbliche separatiste del Donbass di Lugansk e Donetsk, da cui tutto e’ partito, i miliziani sfondano verso Mariupol. Un assedio apparentemente senza scampo. Le vittime si contano a decine, tra civili e militari. Secondo Kiev, sono almeno 57. Il comando militare denuncia anche il bombardamento di un ospedale nella regione di Donetsk, con almeno 4 vittime e 10 feriti, tra cui 6 medici. Oltre 200 attacchi in dodici ore disseminati in tutto il Paese, piu’ di cento missili sparati secondo il Pentagono. L’esercito ucraino rivendica l’abbattimento di alcuni aerei ed elicotteri nemici e l’uccisione di “50 occupanti”, ma la sproporzione di forze appare drammatica. Dopo aver mobilitato i riservisti, Kiev impone la legge marziale, chiama i civili alle armi e fa appello alla donazione di sangue per i soldati feriti. Una difesa strenua, ma disperata. L’intelligence occidentale riconosce la “totale superiorita’ aerea” su Kiev. “Ci aspettiamo diverse fasi nell’attacco”, prevede il Pentagono. Siamo insomma solo all’inizio, a meno di una resa, perche’, avverte l’amministrazione Usa, l’offensiva mira a “decapitare” il governo di Kiev. Un obiettivo del resto esplicitamente dichiarato dal Cremlino, che afferma di voler cosi’ “denazificare” il Paese. La risposta dell’Occidente a questo “atto brutale di guerra”, come lo definisce il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, e’ tutta in una sfilza di sanzioni definite “senza precedenti” per colpire la crescita economica e la capacita’ della Russia di modernizzare i propri armamenti. Misure pesanti sono annunciate da Usa e Ue, mentre il premier britannico Boris Johnson, “inorridito” per la scelta “del bagno di sangue” del “dittatore” Putin, ha bruciato le tappe, bandendo dalla City tutte le banche russe e bloccando i voli della principale compagnia aerea russa, Aeroflot, oltre a sanzionare altri 100 fra individui, entita’ e societa’, con oligarchi tra cui l’ex genero di Putin, Kirill Shamalov. Misure che per l’Occidente potrebbero affossare l’economia di Mosca, dopo il crollo record della Borsa. “E’ il momento piu’ triste del mio mandato da segretario generale Onu”, dice sconsolato Antonio Guterres, facendo un disperato appello al Cremlino “nel nome dell’umanita’”. Ma Putin ha gia’ deciso di non ascoltarlo. “Chiunque tenti di crearci ostacoli e interferire – ha minacciato – sappia che la Russia rispondera’ con delle conseguenze mai viste prima. Siamo pronti a tutto”.

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Allarme di Macron: l’Europa è accerchiata, può morire

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Un grido di riscossa contro il rischio che l’Europa muoia: a meno di due mesi dalle elezioni europee del 9 giugno, Emmanuel Macron invoca un sussulto collettivo per l’affermazione di un’Unione più forte, prospera e fedele a quegli stessi valori umanistici che l’hanno resa grande nel mondo. Un appello alla mobilitazione generale, quello del presidente francese eletto nel 2017 sulle note dell’Inno alla Gioia, per la definitiva uscita dall’ingenuità e l’avvento di una “Europa potenza”, in grado di rispondere alle sfide del nuovo millennio, a cominciare da un necessario “cambio di passo” sulla difesa comune.

A sette anni dal suo primo discorso per “un’Europa sovrana, unita e democratica” alla Sorbona, solo pochi mesi dopo la sua prima vittoria all’Eliseo, Macron è tornato nell’antica università parigina per tracciare un bilancio dei progressi realizzati finora (tra cui il piano di rilancio NextGenerationEU che ha introdotto per la prima volta una forma di mutualizzazione del debito al livello dei Ventisette) e definire gli orientamenti da lui auspicati per l’avvenire. Un intervento fiume durato quasi due ore e nel corso del quale ha citato più volte tre ex premier italiani, Enrico Letta, Mario Draghi e anche Matteo Renzi. Nell’auditorium gremito della Sorbonne, di fronte allo Square Painlevé dove sorge l’antica lupa capitolina simbolo del gemellaggio tra Roma e Parigi, erano presenti 500 invitati, tra cui il premier Gabriel Attal, i principali ministri del governo, il commissario Ue Thierry Breton, nonché gli ambasciatori degli altri 26 Stati membri dell’Unione.

“La nostra Europa è mortale, può morire”, scongiurare questa prospettiva “dipende unicamente dalle nostre scelte, ma vanno fatte ora”, ha ammonito il leader francese, descrivendo un’Unione “accerchiata” davanti alle potenze regionali e i venti di guerra tornati a soffiare sul Vecchio continente dopo l’aggressione russa in Ucraina. Dinanzi a questi scenari, ha avvertito, serve “un cambio di paradigma profondo, essenziale”, con un programma strategico “credibile” sulla difesa. Macron è tornato ad insistere sulla necessità di nuove forme di debito comune per investire nel settore militare, nonché l’introduzione di una “preferenza europea”, una sorta di clausola ‘Made in Europe’ per lo spazio e della difesa. Il consolidamento della nostra industria difensiva “è una necessità”, ha martellato, deplorando che oggi l’Europa continui ad acquistare l’80% del suo arsenale da potenze straniere tipo Usa o Corea del Sud.

Quanto alle politiche migratorie, cavallo di battaglia dell’estrema destra in vista del voto Ue (oggi il Rassemblement National di Marine Le Pen stacca di almeno dieci punti il partito presidenziale Renaissance), Macron ha esaltato il patto sull’asilo recentemente approvato a Strasburgo e invocato un’Europa che riprenda “il controllo delle proprie frontiere”, proponendo una “struttura politica” continentale, un “consiglio Schengen” che decida “efficacemente” su migranti, criminalità e terrorismo. Sul fronte economico, il presidente bersagliato in questi ultimi mesi dalle opposizioni per lo stato allarmante delle finanze pubbliche francesi (con un rapporto deficit/Pil schizzato al 5,5% nel 2023, ben al di sopra delle previsioni) ha chiesto “uno shock di investimenti comuni”, ma anche l’introduzione di un “obiettivo di crescita”, oltre al contenimento dell’inflazione. Dinanzi alla concorrenza di Usa e Cina, che “non rispettano” le regole, il leader francese propone “una deroga alla libera concorrenza” su alcuni settori strategici, come l’intelligenza artificiale e le tecnologie verdi.

Evocando il rischio di un distacco economico rispetto a Pechino e Washington, Macron si è detto tra l’altro “favorevole” all’ultimo rapporto di Enrico Letta sul futuro mercato unico, in particolare rsipetto all’ampliamento del single market a settori come “l’energia, le telecomunicazioni e i servizi finanziari”. Macron si è appellato infine all’Europa affinché riannodi il filo della propria antica tradizione umanistica, forgiando i cittadini di domani attraverso “il sapere, la cultura e la scienza”. Promuovendo, tra l’altro, “un’Europa della maggiore età digitale a 15 anni”, prima dei quali non può esserci accesso ai social network senza il controllo dei genitori, ma anche “un’alleanza dei musei e delle biblioteche europee”. Oltre all’introduzione di un pass cultura Ue (“un’idea che in Francia, per non essere sciovinisti, abbiamo ripreso all’Italia di Matteo Renzi. E anche questa è l’Europa”, ha detto) e di un “pass interrail” per contribuire alla mobilità dei giovani, come già proposto da Letta. Secondo gli osservatori, il cosiddetto discorso ‘La Sorbonne 2’ voleva segnare in qualche modo l’ingresso di Macron nella campagna per il voto europeo, anche se all’Eliseo respingono seccamente questa versione, ripetendo che si tratta solo di indicare una rotta per il dopo voto e “pesare” sull’agenda strategica della futura Commissione.

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Putin a maggio in Cina da Xi, ‘un amico e un vero uomo’

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Vladimir Putin ha annunciato che si recherà il mese prossimo in Cina per nuovi colloqui con il presidente Xi Jinping, che ha definito un “amico” e un “vero uomo”. Affermazioni che giungono mentre il segretario di Stato americano Antony Blinken è a Pechino con il compito dichiarato di cercare di convincere la leadership cinese a mettere fine al sostegno militare alla Russia, di cui gli Usa accusano il Dragone.

Un portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato ad esempio di essere a conoscenza di “rapporti credibili e open source” secondo cui una nave russa sanzionata dagli Stati Uniti e implicata in trasferimenti di armi nordcoreane alla Russia, l’Angara, è attualmente ormeggiata in un porto cinese.

La Reuters scrive di avere ottenuto e ha pubblicato sul suo sito immagini satellitari del cargo, che si troverebbe all’ancora nel porto della provincia orientale di Zhejiang. Il think tank britannico Royal United Services Institute (Rusi) afferma che la nave ha già trasferito in passato nei porti russi migliaia di container che si ritiene contengano munizioni nordcoreane. Prima dell’arrivo di Blinken, la Cina ha respinto le affermazioni degli Usa, definendo “estremamente ipocrita e del tutto irresponsabile” l’approccio di Washington, che ha approvato “una legge sugli aiuti su larga scala per l’Ucraina lanciando allo stesso tempo accuse infondate contro il normale commercio tra Cina e Russia”.

Sulla questione ucraina, “la Cina ha sempre mantenuto una posizione obiettiva e giusta, ha sostenuto attivamente i colloqui di pace e ha spinto per la soluzione politica”, ha rincarato Pechino. La visita annunciata in Cina in maggio sarà per Putin l’occasione per il terzo incontro in presenza in poco più di un anno con Xi, in coincidenza con un deciso sviluppo dei rapporti commerciali che hanno visto l’interscambio bilaterale toccare il record dei 240 miliardi di dollari nel 2023. L’annuncio è stato dato dal presidente russo durante il congresso dell’Unione degli industriali e imprenditori a Mosca. Un partecipante gli ha chiesto di portare in dono al leader cinese una copia del romanzo ‘Che fare?’ dell’esponente rivoluzionario democratico del XIX secolo Nikolai Chernyshevsky, che in una visita a Mosca Xi aveva definito il suo libro preferito.

“Lo porterò sicuramente con me e lo darò al nostro amico, che è un governante forte e un vero uomo”, ha risposto il capo del Cremlino. Chernyshevsky è stato tra l’altro tra gli ispiratori di Lenin, autore a sua volta di un pamphlet politico con lo stesso titolo del romanzo. Che le tensioni internazionali attorno al conflitto ucraino rimangano a livelli di guardia è testimoniato da dichiarazioni fatte dal presidente ucraino Alexander Lukashenko, secondo il quale ormai “diverse decine” di testate nucleari russe sono schierate nel suo Paese. Armi che Minsk e Mosca sono pronte ad usare in caso di attacco alla Bielorussia. Lukashenko ha messo in guardia da possibili “provocazioni armate” dell’Ucraina, che ha accusato di avere ammassato non meno di 120.000 soldati alla frontiera bielorussa.

Un’affermazione che suscita un certo scetticismo tra gli osservatori, a fronte delle evidenti carenze di truppe con cui Kiev si trova a fare i conti anche lungo la linea di contatto con le forze russe. Mosca ha intanto risposto all’annuncio fatto da Washington di aver già inviato segretamente all’Ucraina missili balistici Atacms affermando che ciò conferma che gli Stati Uniti sono “direttamente coinvolti” nel conflitto. Ma le nuove forniture non potranno cambiare la situazione sul terreno e “causeranno ulteriori problemi alla stessa Ucraina”, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Lettura opposta quella fornita dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che in visita a Berlino ha affermato “che non è troppo tardi per far prevalere l’Ucraina”, a patto che gli alleati mantengano le promesse sulle armi.

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Veto russo a bozza Usa contro armi nucleari nello spazio

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La Russia ha bloccato con il veto la risoluzione elaborata da Usa e Giappone sulla prevenzione delle armi nucleari nello spazio. La bozza intendeva “rafforzare e sostenere il regime globale di non proliferazione, anche nello spazio extra-atmosferico, e riaffermare l’obiettivo condiviso del suo mantenimento per scopi pacifici”. Il testo ha ottenuto 13 voti a favore, il veto della Russia e l’astensione della Cina.

Oltre a ribadire gli obblighi ai 115 Stati parte del Trattato sullo spazio extra-atmosferico – compresi tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – “di non posizionare in orbita attorno alla Terra alcun oggetto che trasporti armi nucleari o altre armi di distruzione di massa”. Mosca e Pechino volevano un emendamento che riecheggiava una proposta del 2008 delle due potenze, e aggiungeva un paragrafo che vietava “qualsiasi arma nello spazio”, ma e’ stato bocciato avendo ottenuto solo 7 voti a favore.

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