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Salute

Neuromed, un corso innovativo per i giovani neurochirurghi

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Un nuovo corso di addestramento per giovani neurochirurghi specializzati e specializzandi si è appena concluso nel Centro di Medicina Necroscopica ‘Giampaolo Cantore’ dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli. Questa volta al centro della formazione sono state le tecniche di intervento mininvasive della fossa cranica anteriore e media, focalizzando l’attenzione sull’utilizzo delle tecnologie intraoperatorie. Specialisti internazionali e nazionali provenienti, oltre che dall’Italia, dalla Germania, Svizzera e Guatemala. Insieme ai Neurochirurghi Neuromed hanno illustrato ai partecipanti l’utilizzo dell’Esoscopio 3D in sala operatoria.

I corsi sono organizzati dal professor Vincenzo Esposito e dai dottori Paolo di Russo, Nicola Gorgoglione, Arianna Fava, Michelangelo De Angelis, del Dipartimento di Neurochirurgia Neuromed.

“Siamo molto contenti di aver organizzato questo ottavo corso di addestramento – ha detto Paolo di Russo – molti colleghi sono venuti da tutto il mondo per prendervi parte così come i partecipanti. Questa volta abbiamo voluto approfondire l’utilizzo degli Esoscopi 3D, tecnologia che si sta affiancando al microscopio intraoperatorio chirurgico. Gli esoscopi, inoltre, sono funzionali ai fini formativi sui preparati anatomici. Tutto questo è possibile grazie alla grande compattezza ed efficienza del nostro team, che ci permette di lavorare bene non solo in laboratorio ma anche in sala operatoria”.

 

Una migliore visione anatomica, quella garantita dagli Esoscopi 3D, che permette di affinare le tecniche chirurgiche e garantire un miglior approccio del neurochirurgo così come spiega il dottor Nicola Gorgoglione: “Così come avviene nelle nostre case, l’avanzamento tecnologico si ripercuote anche in una branca ad alto utilizzo di tecnologico come la neurochirurgia. Ora le nostre sale operatorie sono dotate di attrezzature che permettono una visione ad altissima definizione. Questo ci aiuta a vedere meglio le strutture del paziente, con un alto livello di precisione. Proprio per questo l’utilizzo degli esoscopi si è sposato bene con i nostri corsi di dissezione anatomica. Ricordiamo che il miglioramento della capacità di visione può portare ad un conseguente miglioramento dell’efficienza del gesto e quindi dell’outcome del paziente”.

Avviato verso un programma regolare e intenso, il Centro di Medicina Necroscopica vede una ricca offerta di corsi nel prossimo futuro, con le iscrizioni già praticamente al completo.

“Nel mese di marzo – precisa di Russo – avremo un altro corso di endoscopia in collaborazione con l’Università di Napoli. Abbiamo organizzato poi un corso di tecniche base per gli specializzandi dei primissimi anni e infine avremo un corso che vedrà la collaborazione dei neuroradiologi Neuromed. Quest’ultimo servirà per mostrare ai colleghi l’aspetto anatomico cerebrale da un altro punto di vista e cioè quello delle immagini radiologiche. Poi, ad aprile, continueremo con il Memorial Cantore e con un calendario successivo che ci accompagnerà fino alla fine dell’anno”.

“Questa attività è per noi motivo di grande orgoglio – commenta il professor Vincenzo Esposito, a capo della Neurochirurgia II Neuromed – perché il nostro gruppo ha lavorato molto per metter su questo laboratorio di anatomia. Sono solo 14 mesi che è aperto e questo è l’ottavo corso organizzato. Merito della Direzione del Neuromed e soprattutto dei neurochirurghi della mia equipe che hanno lavorato moltissimo per programmare i corsi. Un laboratorio che ha dimostrato di funzionare bene, di essere ben attrezzato, riuscendo ad attirare personalità della chirurgia internazionale. È difficile portare qui a Pozzilli persone da tutto il mondo, ci stiamo riuscendo e speriamo di continuare su questa strada”.

Poi i commenti di alcuni dei Neurochirurghi chiamati a tenere lezioni durante il corso.

“Sono molto impressionato da questo laboratorio del Neuromed – ha commentato il professor Marco Fontanella, Ordinario di Neurochirurgia presso l’Università e Direttore della UO di Neurochirurgia presso gli Spedali Civili di Brescia – una vera risorsa di alto livello per l’Italia, che potrà essere utile ai nostri giovani nella loro carriera universitaria e chirurgica, oltre ad affinare tecniche complesse. In neurochirurgia siamo passati dalla microscopia alla esoscopìa. Sistemi cioè che ci fanno vedere sui monitor le immagini anatomiche con la possibilità di ingrandire e illuminare al meglio zone profonde del cervello”.

“Sono pochi i Centri in Italia dove si fa formazione come qui – ha poi detto il professor Francesco Zenga, Direttore della Chirurgia del Basicranio e Ipofisaria della Città della Salute e della Scienza di Torino – Questo ben strutturato laboratorio è un’eccellenza per tutti coloro che vogliono sfruttarne le potenzialità. Durante il corso tutte le postazioni avevano un esoscopio, garantendo ai partecipanti la possibilità di provarlo per poi utilizzarlo in sala operatoria. La tecnologia è importante per noi neurochirurghi e il fatto di poterla provare è sicuramente un grande valore aggiunto”.

Il Centro di Medicina Necroscopica del Neuromed risulta essere uno dei pochi in Italia a promuovere una formazione pratica e teorica su preparati anatomici.
Diverse le discipline che possono essere approfondite tanto che, oltre a quelle Neurochirurgiche, il Centro riceve diverse richieste per accogliere momenti formativi nelle altre branche della chirurgia.

L’IRCCS Neuromed
L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Pozzilli (IS) rappresenta un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso. Un centro in cui i medici, i ricercatori, il personale e gli stessi pazienti formano una alleanza rivolta a garantire il miglior livello di assistenza possibile e cure all’avanguardia, guidate dagli sviluppi scientifici più avanzati.

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Politica

Regioni contro piano pandemico. Ministero, ‘confronto’

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Il piano pandemico 2025-2029 messo a punto dal governo potrebbe rivelarsi una nuova fonte di frizione tra il ministero della Salute e le Regioni. Rinviato all’esame della Conferenza delle Regioni, ha infatti ricevuto un netto stop dalla commissione Salute della Conferenza: è “ridondante”, “manca la catena di comando” ed è dunque necessaria una sua “revisione e ristrutturazione”. Critiche alle quali il dicastero risponde, ma aprendo al dialogo e con la richiesta di un “confronto immediato”.

Le osservazioni sul piano sono contenute in una nota della Commissione: il ‘Piano strategico-operativo di preparazione e risposta ad una pandemia da patogeni a trasmissione respiratoria a maggiore potenziale pandemico 2025-2029’, proposto dal ministero della Salute, “risulta “eccessivamente discorsivo, ridondante e di difficile consultazione” e “non presenta una catena di comando chiara e definita”, si legge. Le Regioni chiedono pertanto di “renderlo molto più sintetico e schematico per facilitarne la fruizione, evitando ridondanze e ripetizioni di concetti”. Critico il tema della catena di comando: il piano si limita “ad elencare sommariamente i vari possibili attori”. Inoltre, “non assume alcun valore decisionale né orientativo per le Regioni, ma rimanda a decisioni successive, non affronta gli aspetti relativi alla gestione della privacy e non propone scenari coerenti e sostenibili con la risposta che il Piano dovrebbe invece proporre”.

La Commissione Salute richiede anche lo stralcio di alcune parti e la loro inclusione in un documento successivo “concordato con le Regioni”. Si richiedono poi maggiori dettagli per “l’utilizzo del finanziamento soprattutto per l’assunzione di personale al fine di rafforzare le strutture regionali che si occupano della preparedness pandemica”. La nota è del 18 aprile scorso e si convoca una riunione tecnica in videoconferenza per il 21 maggio. Alla bocciatura delle Regioni risponde Maria Rosaria Campitiello, capo dipartimento prevenzione, ricerca ed emergenze sanitarie del ministero della Salute: “Apprendiamo delle nuove sopraggiunte esigenze rappresentate dalla Commissione salute in merito al nuovo piano pandemico, e per questo chiederò immediatamente un confronto con la Commissione, confidando che si possa arrivare nel più breve tempo alla chiusura del testo del nuovo piano nell’interesse della salute pubblica degli italiani”. Il piano, sottolinea, “è frutto di un lungo percorso di condivisione anche con i rappresentanti delle Regioni, le cui richieste sono state nella maggior parte recepite nella stesura del documento”.

Campitiello ricorda inoltre che l’ultima legge di bilancio stanzia i fondi necessari per l’attuazione del piano aggiornato: si tratta di 50 milioni di euro per l’anno 2025; 150 milioni per il 2026 e 300 milioni annui a decorrere dal 2027. Il nuovo piano – inviato alla Conferenza delle Regioni lo scorso febbraio e che introduce delle modifiche rispetto alle bozze precedenti – prevede, tra le misure indicate, l’impiego dei vaccini ma non come unico strumento per contrastare la diffusione dei contagi, restrizioni alla libertà personale solo in alcuni casi e unicamente di fronte a una “pandemia di carattere eccezionale”, ma senza ricorrere ai Dpcm come invece è avvenuto negli anni del Covid. Previsti anche test, isolamento dei casi, tracciamento dei contatti e la messa in quarantena degli individui esposti, così come la nomina di un Commissario straordinario. Il piano ipotizza poi 3 scenari, due dovuti a virus influenzali e considerati più probabili e il cosiddetto worst-case, il peggiore possibile, poco probabile ma che non può essere escluso. In quello più grave si stimano fino a 3 milioni di ricoveri e oltre 360mila persone in terapia intensiva.

“Le Regioni stroncano il piano del governo, ma danno l’ok alle misure di Conte”, commenta Andrea Quartini, capogruppo M5s in Commissione Affari Sociali: “Quello che non viene nominato dalla Commissione Salute – sottolinea – sono infatti le misure contenute nel piano, quelle su cui l’esecutivo ha fatto copia-incolla dagli strumenti messi in campo dal governo Conte durante il Covid e che vengono evidentemente giudicate positivamente”.

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Salute

Curare l’ipertensione riduce rischio demenza e declino mentale

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Combattere la pressione alta riduce del 15% il rischio di demenza e del 16% quello di declino cognitivo: lo rivela uno studio clinico di fase 3 che ha coinvolto quasi 34.000 pazienti, i cui risultati sono resi noti su Nature Medicine, evidenziando che un controllo più intensivo sui pazienti ipertesi, potrebbe ridurre l’impatto globale della demenza. Lo studio è stato condotto da epidemiologi e clinici dell’università del Texas a Dallas. Si stima che il numero globale di persone colpite da demenza raggiungerà 152,8 milioni entro il 2050.

Diversi studi hanno evidenziato che adottare uno stile di vita sano, dalla dieta all’attività fisica regolare, potrebbe essere il modo più efficace per ridurre l’aumento dei casi a livello globale. Si è anche visto che le persone con ipertensione non trattata hanno un rischio maggiore del 42% di ammalarsi nel corso della vita rispetto ai coetanei sani. Questo lavoro, però, è proprio uno studio clinico per testare l’effetto dei farmaci antipertensivi sul rischio di demenza. Diretto da Jiang He, lo studio ha valutato l’efficacia di un intervento condotto da operatori sanitari sul controllo della pressione, sulla demenza e sulla compromissione cognitiva, in 33.995 pazienti ipertesi in Cina.

I pazienti avevano almeno 40 anni, vivevano in zone rurali e soffrivano di ipertensione non gestita. I pazienti sono stati divisi in due gruppi: 17.407 pazienti hanno ricevuto farmaci antipertensivi e sono stati seguiti dal personale sanitario con consigli anche a casa relativi allo stile di vita (inclusi perdita di peso, riduzione del sale nella dieta e del consumo di alcol) e aderenza alla terapia farmacologica. I partecipanti nel gruppo di controllo sono stati formati nella gestione della pressione arteriosa ma con monitoraggi solo ambulatoriali. Nel corso di 48 mesi, gli autori hanno osservato che il gruppo di intervento ha ottenuto un miglior controllo della pressione sanguigna, con un numero maggiore di pazienti che ha raggiunto i livelli target rispetto al gruppo di controllo. Ma soprattutto è emerso che una gestione intensiva della pressione riduce sostanzialmente il rischio di demenza di qualsiasi tipo (non solo Alzheimer) del 15% e quello di declino cognitivo del 16%. Secondo gli autori questo tipo di intervento dovrebbe essere ampiamente adottato e ampliato per contribuire ad alleggerire il carico globale della demenza.

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Cronache

Aneurisma della vena renale: intervento da record al Santobono su un 17enne

Salvato il rene con un’operazione mininvasiva: è il primo caso al mondo in età adolescenziale.

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Un intervento mai eseguito prima al mondo su un paziente adolescente è stato portato a termine con successo all’Ospedale Santobono di Napoli. Un ragazzo di 17 anni è stato operato d’urgenza per un raro aneurisma della vena cava-renale, una patologia riscontrata finora solo in pochi casi al mondo, e sempre in età adulta. La straordinaria operazione ha permesso di salvare il rene, evitando l’asportazione dell’organo grazie all’utilizzo della chirurgia laparoscopica, tecnica mininvasiva d’eccellenza.

Il primo caso al mondo trattato in età pediatrica

Il giovane era stato trasferito d’urgenza da un altro ospedale dopo che la dilatazione anomala della vena renale destra, fino alla congiunzione con la vena cava, aveva compromesso seriamente la funzionalità renale. L’intervento è stato eseguito dal dottor Giovanni Di Iorio, direttore della Struttura complessa di Urologia pediatrica del Santobono, con la sua equipe altamente specializzata. Nessuno dei casi simili descritti in letteratura scientifica aveva mai consentito di salvare il rene. In questo caso, invece, è stata possibile una ricostruzione minuziosa della vena renale, senza occlusione e senza asportazione dell’organo.

Chirurgia mininvasiva e recupero record

L’intervento, reso ancora più complesso dalla posizione delicata dell’aneurisma e dalle sue dimensioni, è stato eseguito in laparoscopia, tecnica che ha ridotto notevolmente il dolore post-operatorio e permesso un recupero rapido. «Abbiamo scelto un approccio mininvasivo avanzato, grazie all’esperienza del nostro team e al supporto dell’equipe anestesiologica, riuscendo a garantire al paziente una soluzione efficace e sicura», ha dichiarato il dottor Di Iorio.

Una nuova frontiera per la chirurgia adolescenziale

«La fascia adolescenziale è spesso in una terra di mezzo tra pediatria e medicina per adulti», ha spiegato Rodolfo Conenna, direttore generale del Santobono-Pausilipon. «Per questo stiamo lavorando per ampliare i nostri percorsi assistenziali dedicati ai giovani fino ai 18 anni». Tutte le competenze acquisite saranno trasferite nel nuovo ospedale Santobono, in costruzione a Napoli Est, con spazi più ampi, nuove tecnologie e una forte spinta sulla ricerca scientifica.

Il giovane paziente, ora in ottime condizioni cliniche, sarà a breve dimesso e continuerà il percorso di recupero con un monitoraggio specialistico costante da parte del team del Santobono.

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