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Cronache

Monopattino contro moto, 27enne muore

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Si e’ scontrato con una moto mentre viaggiava su un monopattino elettrico, e l’impatto gli e’ stato fatale. A perdere la vita la notte scorsa a Firenze un 27enne, Mohamed Fahim Abdul Rahuman, originario della Sri Lanka. L’urto lo ha sbalzato lontano dal mezzo, facendolo atterrare sull’asfalto. Nella caduta ha battuto la testa contro il marciapiede, procurandosi una ferita mortale. Il giovane non aveva il casco, che non e’ previsto dalla legge. E’ la quarta vittima di incidenti su monopattini verificatisi nel 2021. Lo scontro e’ avvenuto all’altezza di un grande incrocio regolato da un semaforo, lungo viale Don Minzoni, fuori dal centro storico. Solo l’analisi delle telecamere, in corso da parte della polizia municipale, potra’ stabilire quale dei due mezzi non abbia rispettato il rosso. In seguito all’urto il conducente della motocicletta, un 23enne, e la passeggera, di 27 anni, sono scivolati per decine di metri sull’asfalto. Entrambi sono ricoverati in gravi condizioni per fratture multiple, ma per loro pare scongiurato il pericolo di vita. Per il 27enne cingalese invece non c’e’ stato nulla da fare. I sanitari del 118 hanno tentato di rianimarlo sul posto, ma i loro sforzi sono stati vani. Il monopattino su cui viaggiava probabilmente era di sua proprieta’. Il pm di turno, Giacomo Pestelli, ha disposto l’autopsia e iscritto il conducente della moto sul registro degli indagati per omicidio stradale. Un atto dovuto, in attesa degli esiti dei rilievi che stabiliranno l’esatta dinamica dei fatti. L’incidente mortale ha rilanciato il dibattito sulla necessita’ di introdurre norme per garantire maggiore sicurezza per viaggiare con i monopattini elettrici, sempre piu’ diffusi nelle citta’. Battaglia che Firenze sta portando avanti da tempo. Proprio Palazzo Vecchio nei mesi scorsi aveva adottato un’ordinanza che introduceva l’obbligo del casco. Provvedimento pero’ poi bocciato a febbraio dal Tar, a cui si erano rivolte le due societa’ che si sono aggiudicate la gestione dello sharing a Firenze: i giudici amministrativi hanno ritenuto non sussistere “una concreta ed effettiva situazione di emergenza locale” per un provvedimento quale un’ordinanza comunale. All’epoca, ha oggi ricordato il sindaco di Firenze Dario Nardella, “decidemmo di non fare ricorso” contro la decisione del Tar, “ma di chiedere al Parlamento un intervento rapido e decisivo con una norma che rispondesse alle proposte avanzate dalla nostra citta’”: obbligo del casco, assicurazione e “una sorta di targa dei mezzi”. Ma “sono passati diversi mesi e nonostante lo sforzo di alcuni parlamentari”, “non e’ stata emanata una norma”. Per questo Nardella, esprimendo il cordoglio ai familiari del 27enne, ha rivolto loro anche le sue “piu’ profonde scuse per l’inaccettabile lacuna normativa” e promesso una “raccolta firme per una legge di iniziativa popolare se Governo e Parlamento” non provvederanno “in tempi brevissimi a una legge nazionale”. “Non molleremo su questa battaglia – ha concluso -. Le norme attuali sono assolutamente insufficienti e inadeguate”, ed “e’ paradossale” che sotto i 18 anni il casco sia obbligatorio” per chi va in monopattino ma non per i maggiorenni: “E’ una regola beffa”. Al momento sulla regolamentazione dell’uso dei monopattini c’e’ una proposta di legge all’esame della commissione trasporti della Camera. Previsti tra l’altro obbligo del casco, eta’ minima di 18 anni per i conducenti, e precisi limiti di velocita’: 20 km/h sulle ciclabili e 30km/h sulle strade urbane, 6 km/h in quelle pedonali, oltre al divieto di transitare sui marciapiedi. Al vaglio anche il divieto di circolare di notte, mentre il Codacons ha chiesto l’introduzione dell’obbligo di assicurazione. Un appello alla politica ad accelerare i tempi e’ stato rinnovato anche dall’associazione di consumatori Consumerismo.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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