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Meloni rincara su Gentiloni, guardi di più all’Italia

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Un attacco concentrico. Partito dai vicepremier e di fatto avallato da Giorgia Meloni, giusto alla vigilia del negoziato che si dovrà aprire con Bruxelles sulla manovra. Il governo, tutto, prende di mira il suo commissario europeo, il titolare degli Affari economici Paolo Gentiloni, che meglio sarebbe, ha sentenziato la premier, se avesse “di più” un occhio di riguardo per il suo paese, come fanno gli altri commissari. La sua presenza nella conferenza stampa dopo il Cdm che ha varato il decreto Caivano resta incerta per tutto il giorno (l’ultima volta era stata presente a Cutro, a fine febbraio). La conferenza comincia senza di lei, che arriva quando già buona parte dei ministri ha spiegato gli interventi contro i reati minorili. Inevitabili le domande sullo stato dell’economia e sulle decisioni che, a breve, l’esecutivo dovrà prendere per la legge di Bilancio. La congiuntura non è favorevole, ammette, e il Superbonus impatta con la sua “eredità pesante”. Cento miliardi che meglio sarebbero stati investiti sulla “sanità, i redditi, le famiglie”. Tutti i temi su cui l’esecutivo è intenzionato a “concentrare le risorse”, assicura Meloni, per dare alla crescita “un boost” di certo “maggiore di quella misura”. Che il governo non ama e che vuole provare a delimitare ancora.

Anche per recuperare ossigeno per la manovra che poco margine avrà, invece, in deficit. Anche perché incombe l’incognita del Patto di stabilità. Tornare alle vecchie regole, dice la premier, “sarebbe drammatico”. Quindi se non si dovesse trovare un accordo, annuncia, “proporrò di prorogare le attuali regole perché tornare ai parametri pre Covid produrrebbe una contrazione dell’economie già in sofferenza importante”. Meloni si mostra sicura della tenuta della sua maggioranza, anche di fronte alla prova dei conti pubblici. Derubrica a “normale dialettica” il rapporto tra Matteo Salvini e Antonio Tajani, leader di due forze politiche “che sono coese e che hanno legittime sfumature che rivendicano”. E ricorda che dal vertice di ieri è emersa già una prima sintesi sulle scelte politiche da mettere in campo. Ma non c’è solo la conferma del taglio del cuneo fiscale nel menu della manovra. Anche salari e sanità sono in cima alla lista, come ha ricordato lei stessa. E i partiti guardano alle liste di attesa, da ridurre per restituire ai cittadini la garanzia dei servizi pubblici, partendo dalle buste paga di medici e infermieri da rendere più pesanti con la detassazione degli straordinari (l’obiettivo è di arrivare a 4 miliardi in più per il settore, rispetto ai soli due miliardi già previsti in aprile con il Def).

E all’anticipo già a quest’anno il taglio delle tasse sulle tredicesime, per mettere in tasca più soldi a chi ha un reddito non troppo alto. Si farà se ci sarà lo spazio – ma la misura ancora è in via di quantificazione. Sarebbe un segnale per aiutare le famiglie più deboli e anche per sostenere i consumi a ridosso di Natale. La misura potrebbe essere inserita nel tradizionale decreto fiscale che accompagna la manovra, e che potrebbe essere il provvedimento in cui confluiranno, se davvero si vorrà intervenire ancora, nuove misure per sterilizzare gli aumenti delle bollette e deo carburanti. Il governo ci sta pensando, ha detto pubblicamente il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto.

Anche perché la luce già viaggia verso un aumento del 10%. Così come sta valutando l’ipotesi di introdurre un bonus benzina. Anche per questo agli uffici dei ministeri, già alle prese con la lista da presentare a Giancarlo Giorgetti per attuare la spending review (1,5 miliardi in tre anni, 300 milioni nel 2024), stanno passando al setaccio voci e fondi che magari sono stati sottoutilizzati o che si sovrappongono agli interventi di altri dicasteri. Per razionalizzare, ma anche per evitare di disperdere fonti di finanziamento che invece possono essere dirottate su altro. Così si dovrebbe fare, ad esempio, per gli stanziamenti dell’assegno unico, che si stanno rivelando superiori al reale tiraggio dello strumento (resterebbero tra 1 e 2 miliardi), che dovrebbero restare nell’ambito degli aiuti alle famiglie.

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Emiliano all’Antimafia: inopportuno io venga in audizione

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Il presidente della Puglia, Michele Emiliano, ha inviato una lettera alla Commissione parlamentare antimafia in cui spiega di non ritenere opportuna in questo momento una sua audizione, come richiesto già una settimana fa dall’ufficio di presidenza della stessa commissione. La motivazione del governatore sarebbe dovuta ad una serie di delicati impegni legati alla recente fase politica in Consiglio regionale, come la votazione della mozione di sfiducia nei suoi confronti. L’audizione avrebbe riguardato le vicende e le inchieste sui rischi di infiltrazioni mafiose nel territorio pugliese e in particolare a Bari.

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Da popolo di FdI standing ovation per Berlinguer

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Standing ovation del popolo di Fratelli d’Italia per Enrico Berlinguer. “Questa è la coerente continuazione dell’omaggio che il capo della destra rese a Enrico Berlinguer nel giorno della sua scomparsa”, chiama l’applauso Ignazio La Russa, Presidente del Senato intervistato dalla figlia di Berlinguer, Bianca. Tra la folla di un milione e mezzo di persone ai funerali di Enrico Berlinguer (ripresi dai più famosi registi italiani in un celebre documentario) c’era infatti Giorgio Almirante, storico leader della destra italiana venuto a rendere un commosso omaggio al segretario del Pci, accasciatosi sul palco di un comizio dopo un ictus. E’ un passaggio commosso, quello dei Fratelli d’Italia.

Un applauso lungo e sentito nella mattinata conclusiva della kermesse che per tre giorni li ha riuniti nel ‘villaggio’ sulla spiaggia dove Giorgia Meloni annuncerà la sua discesa in campo per le Europee. Anche se Bianca Berlinguer tiene a precisare di essere lì a titolo personale;: “mio padre non tiriamolo in ballo, parliamo di quello che mio padre ha fatto ma non di quello che avrebbe detto oggi”. E anche se poco dopo Maurizio Gasparri, capogruppo di Fi al Senato, vorrà sottolineare che “sono prive di fondamento” le lodi al segretario di un partito “oggi travolto dagli scandali” e allora beneficiario di “tre forme di finanziamento illegale”.”Non basta un’intervista sulla questione morale – affonda Gasparri citando la storica intervista di Berlinguer ad Eugenio Scalfari – per cancellare i plurimi finanziamenti illeciti che hanno costellato la storia del Partito comunista. E non si tratta solo dell’oro di Mosca ma anche dell’oro delle Coop e di quello proveniente da affari italiani”.

Ma Gasparri è fuori dal coro, perchè La Russa – che incassa la solidarietà di Sergio Mattarella per la foto sui social che ritrae a testa in giù il Presidente del Senato – oggi è qui per sostenere che la destra italiana ha rispetto dei miti politici avversari e non cerca neppure egemonie culturali.

“Nessuno vuole cacciare nessuno, neanche Scurati. Che anzi mi aspetto ora scriva di Stalin e di cui io avrei trasmesso il monologo. Senza dargli una lira però, perchè già fa un sacco di soldi parlando di Mussolini….” “Mettiamo finalmente una parola di pacificazione su tanti giovani che persero la vita”, negli anni di piombo, si prende un pezzetto di scena La Russa nella giornata di Giorgia. “Perchè vedo oggi qualche segnale brutto, di intolleranza nelle università, con la ‘caccia all’ebreo’. Vedo chi ci prova a far tornare quel clima”. Ma a differenza “degli anni ’70”, “da molte forze politiche c’è un alt a questo modo di concepire il contrasto, soprattutto dal presidente della Repubblica. Anche se c’è nelle università un piccolo focolaio che potrebbe diventare un incendio. Fermiamolo finché siamo in tempo”. Poche chiare parole di condanna anche sul generale leghista Vannacci: “Buon per lui che non ha un bambino portatore di handicap, altrimenti capirebbe di aver detto una sciocchezza”.

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Il giorno dopo di Vannacci, Salvini lo blinda

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Roberto Vannacci continua a far parlare di sé. Il segretario leghista Matteo Salvini lo blinda, annunciando che lo avrà al suo fianco a Roma, all’uscita ufficiale del libro ‘Controvento’. Da quando è stata ufficializzata la sua candidatura, il generale è rimasto nell’agone politico. Prima la bagarre sulla giornata scelta per l’annuncio, il 25 aprile, seguita dalla diatriba interna al partito, ancora in corso. Poi le frasi infelici di Vannacci a La Stampa, sulle classi separate per i disabili e quel Benito Mussolini “statista”, che hanno scatenato anche la ferma presa di distanza dei ministri leghisti. Dal canto suo Vannacci ha derubricato tutto a ‘beghe’ nella Lega. “Giorgetti? Diatribe interne al partito che reputo più che legittime ma che non mi interessano. Lasciamo che si esprimano i cittadini, quello conta”, la risposta ad Affari Italiani. Il generale, ormai incensato come candidato indipendente dal Capitano, si aspetta la vera legittimazione alle urne.

“E’ normale che chi ha militato per tanti anni in un partito veda con scetticismo una persona che, dall’oggi al domani, entra a farne parte anche con tanti consensi e ‘viene vista come usurpatrice’, ha affermato sul canale Youtube di Hoara Borselli, ribadendo che alla fine saranno “gli elettori a scrivere il nome sulla scheda a stabilire chi aveva ragione”. Così Vannacci tira dritto attraverso la bufera che ha scosso la Lega e il centrodestra. Tra gli alleati ci sono stati momenti di imbarazzo. Ed è dal palco di Pescara – alla kermesse di FdI ‘snobbata’ da Salvini – che è arrivata una stoccata dalla seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa: “Buon per lui che non ha un bambino portatore di handicap, altrimenti capirebbe di aver detto una sciocchezza”. Forti applausi del pubblico.

Il forzista e vice presidente della Camera Giorgio Mulè ha rincarato la dose: “Il generale Vannacci ha detto una solenne fesseria, per giunta gravemente offensiva”, ha detto Mulè, paragonando le frasi a quelle del partito di estrema destra tedesco Afd sui disabili a scuola, “del tutto sovrapponibili a quelle di Vannacci”. Vannacci non viene risparmiato nemmeno dall’uscente eurodeputata – compagna di lista – Susanna Ceccardi, in totale disaccordo con lui. O dalla Lega del Friuli Venezia Giulia e da quella del Veneto, che si uniscono al coro di chi non “voterà” il candidato scelto da Salvini. Vannacci, così come il segretario, non si curano delle critiche. E guardano a martedì, quando saranno a Roma, l’uno accanto all’altro, per l’uscita del libro di Salvini, “Controvento”. Intanto il generale traccia la linea della sua corsa, contro l’imposizione di “un pensiero unico” e promuovendo il “sogno italiano invece che quello americano”.

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