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Medici h24 e cure a casa, rivoluzione sanità postcovid

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Cure a casa quando possibile, anche attraverso la telemedicina; infermieri di famiglia per gestire le cronicita’ e Case della Comunita’ dove si potranno trovare medici h24 e 7 giorni su 7 e si potranno effettuare esami diagnostici e visite, ricevendo assistenza nei casi meno gravi. Ed ancora: non solo grandi ospedali ma anche ospedali di comunita’ come ‘snodo intermedio’ per evitare ricoveri impropri. Sono le principali novita’ della nuova assistenza sanitaria territoriale, dunque extra-ospedaliera, alla quale si punta nell’era post Covid. A fotografarla è il decreto del ministero della Salute sulla ‘definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale’ pubblicato oggi in Gazzetta ufficiale. Si punta dunque a rafforzare l’assistenza extra-ospedaliera e sul territorio, considerando anche il crescente invecchiamento della popolazione che impone un nuovo modello di gestione delle malattie croniche: non piu’ solo l’ospedale, appunto, ma sempre di piu’ una ‘sanita’ a casa del paziente’. Una ‘rivoluzione’ da 20 miliardi di euro, ovvero gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza Pnrr nella missione 6 ‘Salute’. Una svolta secondo il ministro della Salute Roberto Speranza: “Con la pubblicazione in Gazzetta del decreto di riforma della assistenza territoriale tutti gli obiettivi del Pnrr Salute, in scadenza il 30/6, sono stati conseguiti. Ora – afferma – possiamo investire risorse senza precedenti per rafforzare il nostro Ssn”. Ecco come sara’ la nuova sanita’ del territorio:

  • – DISTRETTO: e’ un’articolazione delle Asl e comprende circa 100.000 abitanti. Deve prevedere alcuni standard: una Casa della Comunita’ hub ogni 40-50.000 abitanti, un infermiere di famiglia ogni 3.000 abitanti, un Ospedale di Comunita’ con 20 posti letto per 100mila abitanti. All’interno, una funzione di coordinamento avra’ la Centrale operativa territoriale.
  • – CASA DELLA COMUNITA’: e’ il luogo fisico al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria. Sono presenti infermieri, assistenti socio-sanitari, medici, pediatri, specialisti. La presenza medica nelle sedi principali (Hub) e’ h24, 7 giorni su 7. Il cittadino potra’ usufruire di varie prestazioni: servizi diagnostici con strumentazione diagnostica di base (ecografo, elettrocardiografo, retinografo, oct, spirometro) anche attraverso strumenti di telemedicina (telerefertazione); servizi ambulatoriali specialistici (cardiologia, pneumologia, diabetologia, ecc.); ambulatori infermieristici per la gestione della cronicita’ e per la risposta ai bisogni occasionali; Consultori Familiari e l’attivita’ rivolta ai minori; attivita’ di profilassi vaccinale; sistema integrato di prenotazione collegato al Cup.
  • – INFERMIERE DI FAMIGLIA O COMUNITA’: uno ogni 3.000 abitanti. Ha l’obiettivo di rafforzare il sistema assistenziale sul territorio.
  • – NUMERO EUROPEO DI ASSISTENZA 116117: La Centrale Operativa 116117 sede del Numero Europeo Armonizzato (NEA) per le cure mediche non urgenti offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo h24 e 7 giorni su 7 per tutte le prestazioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensita’. Individua e trasferisce le richieste di soccorso sanitario urgente al 118/112. Prevista una Centrale Operativa ogni 1-2 mln di abitanti o comunque regionale.
  • – ASSISTENZA DOMICILIARE: L’obiettivo e’ l’erogazione al domicilio di interventi assistenziali nell’ambito di specifici percorsi di cura personalizzati. Si punta a coprire il 10% della popolazione over 65.
  • – OSPEDALE DI COMUNITA’: e’ una struttura sanitaria di ricovero e svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero vero e proprio, con la finalita’ di evitare ricoveri ospedalieri impropri o di favorire dimissioni protette in luoghi piu’ idonei e piu’ prossimi al domicilio. Lo standard e’ di un Ospedale di Comunita’ con 20 posti letto ogni 100.000 abitanti. Prevista pure 1 Unita’ di Cure Palliative Domiciliari ogni 100.000 abitanti.
  • – TELEMEDICINA: per l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie a distanza attraverso l’uso di dispositivi digitali, internet e software.
  • – UNITA’ DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE: e’ un’e’quipe mobile distrettuale per la gestione e la presa in carico di individui in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessita’. Prevista un’Unita’ ogni 100mila abitanti.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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