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Lavoro

Lavoro: Ikea condannata per comportamento anti-sindacale

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Il sindacato FlaicaUniti-Cub e’ stato escluso dalle trattative per il rinnovo del Contratto integrativo aziendale nazionale: per questo motivo Ikea, azienda multinazionale svedese specializzata in vendita di mobili e complementi d’arredo che in Italia ha sede a Carugate (Milano), e’ stata condannata dal giudice del lavoro del capoluogo lombardo per comportamento anti-sindacale. Lo ha reso noto la Cub che ha prodotto la sentenza integrale. Una sentenza “rivoluzionaria – afferma Mattia Scolari, segretario milanese del sindacato -, perche’, riprendendo la pronuncia della Corte Costituzionale del 2013, chiarisce che il datore di lavoro deve scegliere i propri interlocutori sindacali in base alla loro effettiva rappresentativita’ e, pertanto, non puo’ escludere le organizzazioni sindacali che difendono in maniera intransigente i diritti dei lavoratori se queste hanno effettivo consenso. In pratica scardina un sistema anti-democratico delle relazioni sindacali”. La Flaica-Cub ha sottolineato di essere il terzo sindacato a livello nazionale in Ikea e che “si e’ contraddistinta per aver portato avanti numerose, legittime e pacifiche, iniziative sui diritti dei dipendenti” e “di aver elaborato una piattaforma rivendicativa per il contratto integrativo alternativa a quelle di Cgil, Cisl e Uil e per questo motivo e’ stata esclusa dagli incontri”. Il giudice ha stabilito che l’azienda debba far partecipare Flaica-Cub alle trattative e che deve convocare il sindacato entro 20 giorni.

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Lavoro

Su ricavi e occupati, il bilancio di Transizione 4.0

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Aumento dei ricavi fino a 25 euro per ogni euro di credito ricevuto, 40mila nuovi posti di lavoro creati, tasso d’investimento salito, soprattutto per le imprese micro: a quattro anni dal varo, Mef, Mimit e Bankitalia danno il primo bilancio intermedio di Transizione 4.0, il piano che ha assegnato alle imprese 29 miliardi di euro sotto forma di credito d’imposta a fronte di investimenti in beni strumentali materiali e immateriali, attività di ricerca, sviluppo, innovazione tecnologica (R&D&I), design e formazione del personale.

La quasi totalità degli incentivi è stato maturato da società di capitali: l’83% per gli investimenti materiali come macchinari e fabbricati, il 91% per gli investimenti immateriali in software e applicazioni, il 98% per ricerca e sviluppo e il 92% per la formazione. Nel triennio 2020-2022, le micro e piccole imprese hanno assorbito quasi il 50% del totale dei crediti, e superano di gran lunga il numero delle richiedenti grandi e medie. Le richieste arrivano soprattutto dal Nord (64%), poche dal Sud (14%).

E la maggior parte dei crediti (52%) sono stati maturati dalle manifatturiere. Eccezione per i crediti in R&D&I, dove le grandi imprese assorbono il 33% del totale, certificando la complessità delle attività di R&S che richiede l’impiego di notevoli risorse finanziarie e umane. Invece i crediti per la formazione piacciono molto alle micro e piccole che ne hanno ottenuti il 78%, e il 37% di queste realtà è al Sud. Il rapporto spiega anche che i beneficiari di Transizione 4.0 hanno aumentato il loro tasso d’investimento: è salito tra 0,5 e 0,8 punti percentuali per le imprese di grandi e medie dimensioni, mentre aumenta fino a 1,8 punti per le imprese piccole. L’effetto maggiore è stimato per le imprese micro, con incrementi tra 3,3 e 3,7 punti. Si tratta, spiega il rapporto, di effetti molto elevati, tenuto conto che il tasso medio di investimento medio nel periodo pre-incentivo è di circa il 2%. Buoni risultati anche per l’occupazione, aumentata fino all’8%. Complessivamente si stima che il piano finora abbia contribuito a generare circa 40.000 posti di lavoro.

Le imprese piccole e medie sono quelle che in termini assoluti hanno assunto di più (rispettivamente 18.000 e 15.000 occupati), seguite dalle imprese grandi (5.000) e dalle micro (1.600). Significativi gli incrementi di fatturato: circa 26 miliardi di euro ripartiti quasi equamente tra piccole, medie e grandi aziende. Ma sono le grandi che hanno massimizzato i ricavi: a fronte di ogni euro di credito concesso si stima siano stati generati ricavi per circa 24 euro nel 2020, poi dimezzati nel 2021 e 2022. Per le imprese di medie dimensioni, invece, ogni euro di credito ha fruttato un aumento di fatturato di 7,7 euro, per le piccole tra 2,5 e 4,8 euro.

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Economia

Poste, accordo su 7.500 posti. I sindacati spaccati

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Oltre 7.500 inserimenti a tempo indeterminato, tra assunzioni e stabilizzazioni, sperimentazione dell’orario a 5 giorni nelle aree metropolitane, indennità: ruota intorno a questi punti cardine l’accordo sulle politiche attive per il 2024/2025 raggiunto tra Poste Italiane e Cisl Slp, Confsal Comunicazioni, Failp Cisal e Fnc Ugl, sigle che rappresentano in totale l’80% dei lavoratori.

Per i sindacati firmatari si tratta di “un risultato eclatante”, che ha “vanificato il tentativo aziendale di ridurre progressivamente il personale”. Ma l’intesa segna una nuova spaccatura tra Cisl da una parte e Cgil e Uil dall’altra, con i sindacati di categoria di queste due organizzazioni, al tavolo come osservatori sulla base di un tecnicismo contrattuale, che accusano l’azienda di averli “buttati fuori dai tavoli negoziali” e parlano di “un accordo farsa”.

Nel dettaglio l’intesa prevede l’inserimento di 7.548 lavoratori a tempo indeterminato, 5.948 lavoratori nel settore della logistica e 1.600 destinati alla rete postale e commerciale. Sul fronte delle politiche attive del lavoro, è prevista l’attivazione di 9.318 interventi: le conversioni vengono incrementate di 811 in attività di recapito e 360 in smistamento, per un totale di 1.171 interventi; le stabilizzazioni previste sono 5.447 nel recapito e 500 nel settore smistamento, per un totale di 5.947 interventi.

Nel triennio 2024-2026, la rete postale sarà composta da una media di 32.000 addetti. L’azienda si è inoltre resa disponibile alla proroga dello smart working, rimandando i termini di dettaglio in una riunione apposita da tenersi a breve. L’accordo è “molto importante e positivo” a detta del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, secondo cui “è la prova concreta che il dialogo sociale e il confronto responsabile pagano, rispetto ad una linea esclusivamente protestataria ed antagonista”. Un messaggio implicito a Cgil e Uil, che a loro volta attaccano e annunciano “battaglia”.

Alla vigilia dello sciopero generale proclamato dai due sindacati confederali per domani, “Poste Italiane fa da promoter al governo” accusano i segretari nazionali con delega di Poste italiane di Slc Cgil e UilPoste, Nicola Di Ceglie e Claudio Solfaroli Camillocci, e “con artifici tecnici di dubbia legittimità”, dicono, “preferisce buttare fuori dai tavoli negoziali Slc Cgil e UilPoste, perché come l’azienda stessa ha dichiarato ha bisogno di chi le garantisce sintonia al tavolo”. Il risultato è, per i due sindacalisti, “un pasticcio a danno dei lavoratori”, perché sono state contrattate “tre maxi riorganizzazioni senza coinvolgere le rsu” e decise “nuove assunzioni in un numero talmente esiguo che non risolve la precarietà in Poste Italiane”.

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Economia

Sbarra critica Cgil e Uil: la protesta populista e partitica è contro i lavoratori

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cgil cisl uil

“Affidarsi a proteste sterili, demagogiche, populiste, dal sapore politico e partitico è un grande errore che pesa sui lavoratori e rischia di infiammare gli ambienti lavorativi, cancellando le relazioni sindacali. Operazione che come Cisl non accettiamo”: lo ha detto stamani, a Potenza, il segretario generale, Luigi Sbarra, riferendosi allo sciopero nazionale previsto domani e indetto da Cgil e Uil. “La via – ha aggiunto Sbarra che è nel capoluogo lucano per l’Attivo della Cisl Basilicata – è quella del dialogo e del confronto che produce risultati e che ci consente di restare come sindacato agganciati ai luoghi della decisione”. Sbarra ha ribadito che la Cisl “ha giudicato la legge di Stabilità positiva in molte misure e interventi”, ma che “non mancano cose da migliorare. Al governo – ha proseguito – stiamo chiedendo di tornare indietro sul taglio strutturale degli organici della scuola, sul blocco parziale del turnover negli enti locali, sull’aumento delle pensioni minime e stiamo chiedendo di tagliare le tasse sul ceto medio. Le risorse che entreranno col concordato preventivo devono servire a ridurre il peso delle tasse a chi fa fatica a salvaguardare il potere d’acquisto e sta scivolando verso condizioni di precarietà. Per più di due terzi la manovra è concentrata sulle rivendicazioni fatte come Cisl e mi riferisco al sostegno ai redditi e alle pensioni, a finanziare il rinnovo dei contratti, a sostenere la famiglia, ad assicurare l’indicizzazione pensioni concentrarer risorse sulla sanità”, ha concluso Sbarra.

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