Antonello Nicosia e Accursio Dimino sono due dei destinatari del fermo emesso dalla Dda di Palermo eseguito dal Ros dei carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza – che riguarda 5 persone nell’ambito dell’operazone “Passepartout”. Ad entrambi i pm del capoluogo siciliano contestano il reato di associazione mafiosa. Per altri tre l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i pubblici ministeri Nicosia avrebbe veicolato all’esterno messaggi provenienti da mafiosi detenuti nei penitenziari sparsi nella Penisola. Accessi quest’ultimi che avvenivano grazie al suo ruolo di direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti, nonche’ di assistente parlamentare. Cariche da insospettabile, ma sarebbe stato in stretto contatto con boss, a partire dal superlatitante Matteo Messina Denaro.
Il boss dei boss. Matteo Messina Denaro, il capomafia apparentemente inacciuffabile
Nicosia, 48 anni, di Sciacca, nel novembre scorso è stato inoltre eletto nel Comitato Nazionale dal XVII Congresso di Radicali Italiani. Sulla sua pagina Facebook si autodefinisce promotore di un Osservatorio internazionale dei Diritti umani Onlus. Ma è anche assistente parlamentare giuridico-psicopedagogico alla Camera dei deputati, in particolare della ignara deputata eletta tra Leu e passata tra le fila di Italia Viva Giuseppina Occhionero. In virtù anche di questo ruolo sottolineava che riusciva ad accedere più agevolmente negli istituti penitenziari assieme ai parlamentari. La deputata Giuseppina Occhionero – che non e’ indagata – dovrebbe essere sentita nei prossimi giorni dai pubblici ministeri del capoluogo siciliano. Nicosia oltre che essere in contatto diretto con il boss Accursio Dimino, scarcerato nel 2016 e detenuto anche al 41 bis, ritenuto molto vicino al defunto capomafia di Castelvetrano, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, sarebbe stato anche in contatto con il boss latitante, Matteo Messina Denaro, “il primo ministro”, come lo chiamava. Nicosia faceva anche il conduttore in tv (Aracne Tv) della trasmissione “Mezz’ora d’aria”. Gli inquirenti, il procuratore aggiunto Paolo Guido dei sostituti Francesca Dessì e Calogero Ferrara, che coordinano questa delicata inchiesta, definiscono Antonello Nicosia “organico alla famiglia mafiosa di Sciacca”. Gli approfondimenti investigativi – è scritto negli atti d’indagine – hanno consentito di documentare “il pieno inserimento di Nicosia nel contesto mafioso saccense, emerso con evidenza anche dalle conversazioni intercorse tra l’indagato e il boss Accursio Dimino; una riservata riunione effettuata a febbraio del 2019 a Porto Empedocle tra Nicosia e due pregiudicati di cui uno fedelissimo di Messina Denaro Matteo, nel corso del quale i tre affrontavano alcuni argomenti, chiamando in causa direttamente il latitante al quale doveva essere destinata una somma di denaro che gli interlocutori stavano recuperando.
Antonello Nicosia. L’assistente parlamentare ritenuto contiguo a Matteo Messina Denaro
“L’uso strumentale del rapporto di collaborazione instaurato da Nicosia con una parlamentare – scrivono i magistrati -, rapporto questo utilizzato per accedere all’interno di diverse carceri del territorio nazionale ed avere contatti anche con altri esponenti reclusi di Cosa nostra”; l’impegno di Nicosia “per la realizzazione di un non meglio delineato progetto che, afferente il settore carcerario, interessava direttamente il latitante Messina Denaro da cui l’indagato si aspettava di ricevere un ingente finanziamento non ritenendo sufficienti i ringraziamenti che asseriva di avere ricevuto dallo stesso ricercato”. Nicosia, inoltre, spendendo titoli docenza anche internazionali (si vantava di essere professore di storia della Mafia presso l’università statunitense di Santa Barbara, in California), nonchè quale appartenente al Comitato Nazionale dei Radicali Italiani e direttore della Onlus Osservatorio Internazionale dei Diritti dell’uomo, ha operato nell’ambito assistenziale del settore carcerario, accedendo all’interno di alcuni istituti di detenzione e intrattenendo rapporti con operatori penitenziari. Ha così favorito alcuni detenuti rientranti nel circuito del latitante Messina Denaro, tra cui Filippo Guttadauro; nella prima puntata del suo programma televisivo e via web “Mezz’ora d’aria”, intitolata “Misure di Sicurezza – il caso Tolmezzo” e trasmessa da una emittente locale, ha intervistato un avvocato con cui si soffermava a disquisire in ordine ad un’asserita anticostituzionalità della procedura di applicazione delle misure di sicurezza (fenomeno dei cosiddetti ergastoli bianchi) con particolare riguardo agli internati sottoposti al 41 bis della Casa Circondariale di Tolmezzo (dove si trova ristretto lo stesso Guttadauro); si proponeva inoltre di veicolare messaggi dei boss all’esterno. In virtù del suo incarico di assistente parlamentare, ha partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari e ha sicuramente fatto accesso all’interno delle carceri di Sciacca, Agrigento, Trapani e Tolmezzo, “senza la preventiva autorizzazione del Dap”.
Antonello Nicosia . Tra le sue esternazioni c’è quella secondo cui lo sterminio di Falcone, compagna e scorta “è stato un incidente sul lavoro”
Sempre dagli atti di indagine emergerebbe che Antonello Nicosia avrebbe sostenuto (ma qui non possiamo sapere il modo della intercettazione) che il latitante Matteo Messina Denaro era “il primo ministro”, ma non aveva lo stesso ‘rispetto’ per le vittime di mafia. L’assistente parlamentare, conduttore in tv della trasmissione “Mezz’ora d’aria”, parlava di legalita’ e diritti mentre dalle intercettazioni degli investigatori risulterebbe che insultasse il giudice Giovanni Falcone: “E’ stato un incidente sul lavoro”, chiosava. Era in contatto con diversi boss, in virtu’ del suo ruolo di assistente parlamentare e di direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti, e fra questi il boss di Sciacca, Accursio Dimino, e a quanto pare Filippo Guttadauro, cognato del super boss di Castelvetrano.
La strage dell’amianto continua, 7 mila vittime lo scorso anno in Italia, 60 mila in 10 anni. E il nostro paese, superando Germania e Francia, ha il triste record europeo per decessi da mesotelioma, il male invisibile. Più di 200 mila mila sono i decessi per malattie correlate nel mondo, dati rilevati con preoccupazione dall’Onu che secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto possono essere sottostimati perché non considerano gli Stati ‘canaglia’ che omettono di segnalare e registrare i casi di malattia e morte per amianto, e dei decessi per esposizione ambientali. Domani si celebra la giornata per ricordare le vittime di questa sostanza ed Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, riferisce: “Sono stati 7 mila i morti solo nel nostro paese nell’ultimo anno, e il bando globale dell’amianto che semina morte è ancora una utopia. Sono numeri che non appartengono al passato. Sono volti, storie, famiglie spezzate oggi.
Molti non sapevano, altri sono stati ignorati. Troppi sono stati sacrificati nel nome del profitto. Non è più ammissibile che ci governi la lobby dei produttori del minerale killer e che le bonifiche vadano a rilento, nonostante la chiara presa d’atto di tutte le Istituzioni”. Il mesotelioma maligno è un tumore raro che colpisce prevalentemente gli uomini. In Italia rappresenta lo 0,8 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell’uomo e lo 0,3 per cento di quelli diagnosticati nelle donne. Il 90 per cento dei mesoteliomi è dovuto all’esposizione ad amianto, materiale utilizzato soprattutto negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Poiché intercorrono di solito alcuni decenni tra l’esposizione e l’eventuale insorgenza del mesotelioma, ci si attende che il numero di diagnosi continuerà a salire nei prossimi anni per raggiungere il picco tra la seconda e la terza decade degli anni Duemila. Tutti i casi di mesotelioma vengono segnalati al Registro nazionale mesoteliomi. L’Italia ha messo al bando l’amianto nel 1992. “Ma l’amianto non ha ancora messo al bando l’Italia – aggiunge Bonanni -. Questa giornata nazionale non è solo memoria. È un grido. Un richiamo alla responsabilità, alla bonifica, alla giustizia per le vittime e alla tutela di chi oggi vive, lavora, studia in luoghi contaminati. In questa giornata, ricordiamo i caduti invisibili dell’amianto. E riaffermiamo un impegno: mai più profitto sulla pelle delle persone. Mai più silenzio. Mai più vittime”.
L’indice di mortalità è di circa il 93% dei casi. Ogni anno ci sono 10mila nuove diagnosi, in prevalenza uomini, per motivi professionali, operai negli stabilimenti o nei siti militari e in particolare nelle regioni a maggior rischio. Lombardia, Piemonte, Liguria e Lazio che rappresentano oltre il 56% dei casi segnalati. Secondo le statistiche dell’Oms sono circa 125 milioni i lavoratori in tutto il mondo ancora esposti alla sostanza cancerogena, e più di 107mila che muoiono ogni anno a causa dell’amianto. Per quanto riguarda l’Italia nel 2024, sono presenti “40 milioni di tonnellate di amianto all’interno di un milione di siti e micrositi, di cui 50mila industriali, e 42 di interesse nazionale.
La situazione è ancora più drammatica – aggiunge l’Osservatorio – in quanto il pericoloso cancerogeno è presente anche negli edifici di 2.500 scuole (stima 2023), all’interno delle quali sono esposti più di 352.000 alunni e 50.000 soggetti del personale docente e non docente. Ancora, 1.500 biblioteche ed edifici culturali compresi almeno 500 ospedali (stima per difetto perché la mappatura Ona è ancora in corso), hanno componenti in amianto nelle strutture e negli impianti tecnici, in particolare termici, elettrici e termoidraulici”.
“Auto e moto che sfrecciano a tutta velocità, impennate, drift e acrobazie folli si ripetono nelle notti di Afragola, in particolare nella zona dell’Ipercoop”. E’ quanto hanno segnalato diversi residenti al deputato Francesco Emilio Borrelli. “I cittadini sono esasperati e terrorizzati. Non possiamo aspettare che si verifichi una tragedia per intervenire. Raduni illegali, corse clandestine, manovre pericolosissime con auto, moto e scooter sono ormai un’abitudine inaccettabile nelle notti afragolesi – sottolineano in una nota il deputato Francesco Emilio Borrelli, e i consiglieri comunali di Afragola e Casoria, per Europa Verde, Antonio Iazzetta e Salvatore Iavarone – Chiederemo alle autorità competenti di rafforzare immediatamente i controlli nella zona, predisponendo presidi fissi e monitoraggi mirati nelle ore notturne. Servono identificazioni, multe e sequestri dei mezzi. Non si può tollerare che il diritto alla sicurezza dei cittadini venga messo a rischio dall’incoscienza di chi pensa di poter trasformare le nostre strade in piste di velocità”.
“La verità e le eventuali responsabilità le definirà la magistratura nella quale ho massima fiducia. Se qualcuno ha sbagliato pagherà. Ma le eventuali responsabilità vanno ricercate scientificamente e dimostrate giuridicamente. Chi si occupava della funivia lo faceva con dedizione ed amore, sino a prova contraria. Vi sono stati errori, omissioni, superficialità? Vengano fuori, sia fatta giustizia”. Lo scrive Umberto De Gregorio, presidente Eav, la società di gestione della Funivia del Faito ritornando sulla caduta della cabina verificatasi lo scorso 17 aprile con la morte di quattro persone e il ferimento di un’altra. Nelle parole di De Gregorio nessun cenno diretto a quanto accaduto durante i funerali di ieri del macchinista Eav, Carmine Parlato. La moglie, Elvira, ha preso la parola dall’altare sottolineando che quanto accaduto “non è stata una fatalità” chiedendo che “chi ha messo a repentaglio al vita di esseri umani, ne risponda”.
Il presidente Eav sottolinea che “giustizia è cosa diversa dal giustizialismo , secondo cui ‘qualcuno comunque deve pagare’. Per quanto mi riguarda il mio compito è assicurare le risorse finanziarie per garantire la sicurezza: sotto questo aspetto ho la coscienza pulita in merito all’incidente sulla funivia: mai lesinato sulle risorse. La coscienza è a posto, il cuore è a pezzi”. Poche ore prima, De Gregorio aveva lanciato la proposta di un premio alla memoria di Carmine Parlato aggiungendo che l’inchiesta della Procura di Torre Annunziata che vede indagate 4 persone tra dirigenti e dipendenti Eav con le ipotesi di omicidio colposo plurimo e disastro colposo “si preannuncia complessa vista anche la zona impervia in cui la cabina della funivia improvvisamente è precipata”.
Oggi a Castellammare è arrivata per il riconoscimento delle salme che si trovano in obitorio la sorella del 65enne Derek Winn e cognata di Elaine Margaret, 58 annni, coppia britannica morta nel crollo della cabina. Momenti di commozione per la donna che si è recata nella stazione da dove partiva la Funivia, deponendo dei fiori, poi ha incontrato il sindaco Luigi Vicinanza. Con i due inglesi e con Parlato è morta la 25enne israelo palestinese Janan Suliman mentre il fratello Thabet, di 23 anni, con il quale stava viaggiando in Italia, unico sopravvissuto della tragedia, ancora ricoverato nella terapia intensiva nell’ospedale del Mare di Napoli, sta migliorando: in ripresa i parametri della respirazione del ragazzo, dopo la sospensione della sedazione.