Iddu, in dialetto siciliano è lui, egli. Nel nuovo film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza rimanda a Matteo Messina Denaro, il super ricercato morto nel settembre scorso, otto mesi dopo il suo arresto avvenuto il 16 gennaio 2023, dopo quasi trent’anni di latitanza, in un vicolo nei pressi della clinica privata La Maddalena a Palermo, nel quartiere San Lorenzo. Due dei nostri più grandi attori, Toni Servillo e Elio Germano, coinvolti sin dall’inizio nel progetto, recitano insieme per la prima volta per questo film che liberamente ispirato a un periodo della vita del boss mafioso racconta “la storia del mondo che gli volteggia spericolatamente intorno e protegge il mistero tragico e farsesco della sua prolungata latitanza.
Un mondo nel quale gli azzardi e le crisi esistenziali non danno mai gli esiti sperati”. Il film dei due registi siciliani le cui opere precedenti sono andate in molti festival, incluso Cannes, uscirà al cinema nel corso del 2024 (dopo una premiere alla Mostra di Venezia?), distribuito da 01 Distribution e avrà le musiche originali composte da Colapesce. Nel cast anche Daniela Marra, Barbora Bobulova, Fausto Russo Alesi, Giuseppe Tantillo e con Antonia Truppo, con la partecipazione di Tommaso Ragno. Iddu è stato girato quest’estate interamente in Sicilia Occidentale coinvolgendo anche i territori dove prevalentemente il boss di Castelvetrano ha esercitato il suo potere criminale.
“Nella ricca storia criminale italiana, Matteo Messina Denaro e la sua trentennale latitanza sono un unicum. Quanto emerso nel corso degli anni dalle indagini e dalle cronache ci ha offerto – dicono Grassadonia e Piazza – la possibilità di scavare nella sua enigmatica personalità e fare luce sul variegato sistema di relazioni che la sua invisibile presenza ha nutrito. Nel nostro film, il latitante è il centro di una danza vorticosa di personaggi che nel sonno della ragione rincorrono sogni che finiscono sempre per trasformarsi in incubi. Incubi tragici e ridicoli”.
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Éva Henger(le foto sono di Imagoeconomica) ripercorre la sua carriera, dagli esordi nel mondo dello spettacolo alla controversa esperienza nel cinema per adulti, fino al recente debutto come sceneggiatrice e regista. Un racconto a cuore aperto in cui l’ex attrice ungherese parla anche del rapporto con il marito Riccardo Schicchi, figura chiave nell’industria del porno italiano, e delle amicizie con Moana Pozzi e Ilona Staller.
“Ho girato solo quattro film hard, poi basta”
Henger chiarisce un aspetto che, a suo dire, è sempre stato esagerato:
«Di film porno ne ho girati solo quattro. Mio marito Riccardo Schicchi non voleva, ma non so che mi era preso… Facevo foto e spettacoli sexy, però ovunque andassi mi dicevano: ho visto tutti i tuoi film. Non ne avevo fatto neanche uno, ma per tutti ero una pornostar. Così ho pensato: tanto vale, li faccio anche io».
Una scelta che ha avuto conseguenze legali e personali:
«Quei quattro film sono stati rimaneggiati fino a trarne oltre venti, e ne sono scaturiti anni di cause legali».
Nel frattempo, però, la sua carriera ha preso una svolta diversa, portandola alla conduzione di programmi tv per famiglie come Paperissima Sprint.
Il ritratto di Schicchi: “Era un visionario”
L’intervista approfondisce il legame con Riccardo Schicchi, descritto come un uomo geniale e fuori dagli schemi:
«Era folle, infantile. Voleva vivere in un mondo fatto di farfalle, gioia e amore. La sua era una lotta per la libertà e contro l’ipocrisia».
Un uomo capace di trasformare un settore marginale in un fenomeno di costume:
«Grazie a lui la morale è cambiata: ha portato Cicciolina in Parlamento e Moana Pozzi su tutte le televisioni».
Schicchi, però, era anche ingenuo in ambito finanziario:
«Si è fatto raggirare più volte e ha perso tutto, compreso il nostro appartamento».
Moana Pozzi e la leggenda sulla sua morte
Éva Henger parla anche del legame con Moana Pozzi, di cui è appena uscito un film biografico. Secondo Henger, la pornostar più famosa d’Italia potrebbe non essere morta nella data ufficiale:
«Non è morta il 15 settembre 1994. Credo che si sia data per morta anzitempo per poter morire in pace».
Un sospetto alimentato da una frase di Schicchi:
«Per il secondo anniversario della morte, gli chiesi se facessimo qualcosa per ricordarla e lui disse: no, tanto non è questa la data».
Eva Henger
Kevin Spacey e il nuovo film “The Contract”
Oggi, Éva Henger si dedica al cinema da dietro la macchina da presa. Ha scritto il film The Contract, che segna il ritorno di Kevin Spacey dopo le accuse di molestie sessuali:
«L’ho sempre immaginato per quel ruolo e mio marito gli ha mandato la sceneggiatura. Dopo tre giorni, mi ha chiamato dicendo: lo faccio».
Un’operazione rischiosa, visto il momento delicato della carriera dell’attore, ma Henger non ha avuto dubbi:
«Non ho creduto alle accuse, perché l’avevo conosciuto e mi era sembrato dolce e umile».
Il porno oggi: “OnlyFans? La libertà e il declino del settore”
Parlando dell’attuale industria dell’hard, Henger riflette su piattaforme come OnlyFans:
«È la libertà del porno perché chiunque può avere amicizie sessuali via Internet. Ma è anche il declino del porno, perché mostra scene brutte, con brutte luci e persone brutte».
Un mondo lontano da quello costruito da Schicchi:
«Per lui l’estetica era fondamentale. E non sopportava la violenza: smise di fare il regista quando vide una scena di Rocco Siffredi che metteva la testa di un’attrice nel Wc».
Il rapporto con i figli e il peso del passato
Infine, parlando della sua famiglia, Henger ammette che i figli non sono entusiasti del suo passato:
«Non gli fa piacere, ma lo accettano perché mi amano molto».
Un’intervista che racconta una vita fatta di successi, scandali e rinascite, con un futuro tutto da scrivere nel cinema.
Sarà presidiato ogni giorno da un contingente operativo di circa 370 appartenenti alle forze dell’ordine il 75/o Festival di Sanremo (11-15 febbraio). È questo il dato più significativo sulla sicurezza della manifestazione canora pianificata dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto di Imperia Valerio Massimo Romeo e del quale fanno parte, oltre ai vertici delle forze di polizia, anche rappresentanti degli enti interessati. Gli altri aspetti della sicurezza sono: il controllo preventivo sugli spettatori del Teatro Ariston; l’istituzione dell’ormai tradizionale zona rossa, alla quale si potrà accedere dopo controllo documentale e con il metal detector e l’istituzione da parte del prefetto di un Nucleo operativo permanente, che avrà sede in commissariato. “Abbiamo disposto una serie di controlli mirati – dichiara il prefetto – che riguardano innanzitutto la cosiddetta zona rossa, la quale sarà interdetta al pubblico, comprendente piazza Colombo, teatro Ariston, via Matteotti, via Mameli e piazza Borea D’Olmo”.
L’accesso verrà garantito da 10 varchi, che saranno vigilati per tutta la settimana del Festival da forze dell’ordine e steward Rai. Saranno sottoposti a controllo sia le persone che borse o valigie al seguito. “Chi abita in zona rossa – prosegue il rappresentante di governo – potrà accedere, dimostrando di essere residente mentre chi lavora avrà priorità di ingresso, esibendo un pass munito di timbro e foto che viene rilasciato dalla polizia municipale”. Discorso a parte per gli spettatori delle serate del Festival che sono sottoposti a un doppio controllo. Il primo è di tipo preventivo. Per acquistare un biglietto, infatti, è necessario compilare un form nel quale è inserito il proprio nominativo trasmesso alla questura prima del rilascio del titolo di ingresso per una verifica sulla persona. Il secondo controllo sarà quello ai varchi della zona rossa. L’obiettivo è garantire che chiunque entri nel perimetro del Festival non rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico, in pratica non sia un soggetto pericoloso. “Gli spettatori del teatro Ariston, che ha un numero di 1.332 posti, un po’ meno rispetto all’agibilità (per ragioni scenografiche alcuni posti sono stati temporaneamente eliminati), dovranno essere sottoposti a un approfondito controllo”.
In più la Prefettura ha disposto controlli nelle zone maggiormente interessate dai flussi di ingresso a Sanremo, come la stazione ferroviaria, i caselli autostradali e l’Aurelia. “In merito a questa tipologia di controlli rafforzati, che saranno effettuati da Polizia stradale e Polfer – prosegue il prefetto – applicheremo le indicazioni fornite dal ministro Piantedosi, consistenti nell’allontanamento di quei soggetti con gravi precedenti penali o pericolosi per la pubblica sicurezza”. Novità di quest’anno è la creazione di un Nucleo operativo permanente: “Si tratta di un Comitato più ristretto rispetto a quello per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, composto da rappresentanti delle forze dell’ordine e della Capitaneria di porto, più il responsabile della sicurezza Rai. Avrà il compito di monitorare, giorno e notte, le direttive impartite dal Prefetto e dal Questore e di comunicare immediatamente qualsiasi notizia che sia utile sotto il profilo della sicurezza, consentendo, se necessario, la tempestività degli interventi. Inoltre, potrà esaminare le centinaia di telecamere del servizio di videosorveglianza cittadino”. In ultimo, il controllo dell’ordine pubblico via mare sarà garantito dalle unità navali della Guardia di Finanza, mentre la Capitaneria si occuperà di sicurezza della navigazione. A questo si aggiungono le ordinanze comunali riguardanti, ad esempio, il divieto di sorvolo e la viabilità.
Che vinca o meno l’Oscar, il film Emilia Pérez segna un prima e un dopo nella storia del cinema. La pellicola di Jacques Audiard, che ha ottenuto 13 nomination, è il film non in lingua inglese più candidato di sempre. Tra le sue protagoniste spicca Karla Sofía Gascón, attrice spagnola che, in caso di vittoria, diventerebbe la prima persona trans a ottenere una statuetta dall’Academy Award.
Tuttavia, quello che sembrava un trionfo annunciato si è trasformato in un caso mediatico e politico, che intreccia talento, etica e il peso sempre più forte della cancel culture.
L’accusa di complotto e i tweet controversi
Tutto ha inizio il 23 gennaio 2025, quando Emilia Pérez riceve 13 candidature agli Oscar. Gascón festeggia sui social con un mantra buddista: «Nam Myoho Renge Kyo». Ma cinque giorni dopo, il sogno si incrina.
Il primo scossone arriva con una intervista al quotidiano brasiliano A Folha de Sao Paulo, in cui Gascón accusa il team dell’attrice Fernanda Torres – candidata all’Oscar con I’m Still Here – di screditare la sua immagine e quella del film. Il giorno dopo, la stessa Gascón si scusa pubblicamente.
Ma il colpo di grazia arriva il 30 gennaio, quando la giornalista Sarah Hagi ripubblica alcuni vecchi tweet della Gascón. Si tratta di post risalenti a 4-5 anni prima, contenenti commenti discriminatori e offensivi. Tra le frasi incriminate:
«L’Islam è un focolaio di infezione per l’umanità»
«Mia figlia dovrà imparare l’arabo invece dell’inglese»
«Il vaccino cinese viene fornito con il chip obbligatorio»
«George Floyd era un truffatore tossicodipendente»
«Gli Oscar? Un galà brutto»
Subito l’attrice si difende, parlando di parole mal interpretate o frutto di errori di gioventù. Ma la bufera è ormai inarrestabile.
Netflix e Audiard prendono le distanze
Gascón denuncia di essere vittima di una campagna d’odio e disinformazione:
«Più cercano di affondarmi, più mi fortificano».
Ma le sue parole non convincono Hollywood. Netflix, che distribuisce il film negli Stati Uniti, cancella le sue promozioni pubblicitarie, escludendola dagli eventi ufficiali. Niente più voli o soggiorni a Los Angeles pagati per promuovere il film.
Anche il regista Jacques Audiard si dissocia duramente:
«I suoi messaggi sono odiosi e ingiustificabili».
Audiard rivela di non voler più parlare con la sua protagonista:
«Ha un approccio autodistruttivo che non posso comprendere».
L’isolamento e le reazioni del cast
La co-protagonista Zoe Saldaña, candidata come miglior attrice non protagonista, esprime la sua delusione:
«Non tollero la retorica negativa nei confronti delle minoranze».
Nel frattempo, emerge anche un vecchio tweet contro Selena Gomez, in cui Gascón l’avrebbe definita «una ricca ratta che fa la povera disgraziata». La replica dell’attrice spagnola non tarda ad arrivare:
«Non è mio quel tweet, non parlerei mai di lei in quel modo».
L’ombra della cancel culture su Hollywood
A meno di un mese dalla notte degli Oscar, il caso Gascón rappresenta un nuovo capitolo nel dibattito sulla cancel culture e sul peso dei social network nel mondo dello spettacolo.
L’Academy premierà comunque la sua performance? O il suo passato social influenzerà irrimediabilmente la decisione?