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Economia

La riforma del fisco, flat tax per tutti e Iva zero

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Flat tax per tutti, Iva azzerata per pane, pasta e latte, riforma dell’Irpef con tre scaglioni e aliquote più basse, un fisco che lascia tranquilli i contribuenti nei mesi festivi di agosto e dicembre. La legge delega per la riforma fiscale è praticamente pronta sul tavolo del governo, che si prepara al varo in consiglio dei ministri la prossima settimana. Con un iter che parte ora e fissa un orizzonte di due anni per l’attuazione. E l’ambizione di replicare la grande riforma tributaria degli anni Settanta. Divisa in 4 parti e 21 articoli, la riforma mette mano a tutto il sistema, dai tributi agli accertamenti, dalla riscossione alle sanzioni. Nessun riferimento però alla riforma del catasto, che era contenuta nella delega fiscale di Draghi stoppata a settembre e su cui il governo di Giorgia Meloni non ha mai nascosto di non volere andare avanti. Il viceministro dell’economia Maurizio Leo, che ci ha lavorato in questi mesi, parla di “risultato ambizioso”, che si ispira a quella che fu la riforma degli anni Settanta”, in cui si tracciò “il fisco del futuro”. Consentirà di “avviare un graduale processo di riduzione del carico fiscale e rendere più appetibile e attrattivo l’investimento nel territorio nazionale”, sottolinea il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Ma le proposte del governo creano già i primi malumori. “Se si parla solo di rimodulazione di alcune aliquote non è questa la strada”, avverte il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che aspetta di vedere i testi, ma chiede “una riforma organica”, con “un fisco di impresa per la crescita”. In attesa di vedere nero su bianco il disegno di legge, i contenuti della riforma sono ormai definiti. Spiegati dettagliatamente in un plico di 32 slide messe a punto dal Mef, sono stati illustrati oggi dal viceministro Leo nel suo intervento alla presentazione dei risultati annuali dell’Agenzia delle Entrate.

La parte più significativa della riforma è legata ai procedimenti: si punta a spingere sempre di più sul meccanismo della dichiarazione (incentivando le precompilate) e per dare “un po’ di quiete al contribuente” arriva la moratoria ‘festiva’, con la sospensione delle comunicazioni del fisco ad agosto e dicembre. Si cambia pagina anche sugli accertamenti: le misure repressive con cui si è condotta fino ad oggi la lotta all’evasione non hanno intaccato il tax gap, che dal 2000 continua ad oscillare tra 75 e 100 miliardi, e quindi ora si punta tutto sulla tregua fiscale, attraverso una tax compliance volontaria. Con l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale è poi in arrivo la riforma dell’Irpef: gli scaglioni passano da 4 a 3 e le aliquote vengono ridotte. E se l’obiettivo “di legislatura” resta la flat tax per tutti, arriva l’estensione della tassa piatta incrementale anche per i dipendenti. E’ prevista poi la revisione delle tax expenditures, voce da cui si punta a ricavare risorse utili per finanziare le novità della delega: le agevolazioni oggi sono oltre 600 e per una spesa pubblica di 165 miliardi e l’ipotesi è di una forfettizzazione per scaglioni di reddito. Una misura destinata a toccare da vicino le famiglie è poi l’azzeramento dell’Iva per alcuni beni di prima necessità: “è una delle ipotesi perché la prevede la normativa Ue”, spiega Leo.

E la sottosegretaria Lucia Albano assicura che “tra qualche mese” sarà realtà per pane, pasta e latte. Un azzeramento dell’Iva su alimentari e beni di prima necessità, calcola il Codacons, produrrebbe risparmi diretti fino a 300 euro annui a famiglia. Per le imprese invece è in arrivo la nuova Ires a due aliquote per far pagare di meno chi più assume ed investe. Parte anche il graduale superamento dell’Irap, mentre si potrà dire addio all’imposta di bollo, a quelle ipotecaria e catastale, ai tributi speciali catastali e alle tasse ipotecarie, che saranno sostituite da un tributo unico. Per i redditi da fabbricati arriva – con il plauso di Confedilizia – la cedolare secca anche per gli immobili non abitativi. Si lavora poi sul fronte della riscossione, per svuotare i 1.150 miliardi che riempiono il magazzino cartelle. Buoni segnali, infine, dalla rottamazione introdotta in legge di bilancio: le domande sono già a quota 600mila.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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