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La morte di Maradona, i napoletani, Cruciani, Parenzo e le recite alla Zanzara

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La morte è un’usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare. Viale del riposo eterno è una strada che prima o poi imboccheremo tutti. Persino Giuseppe Cruciani e David Parenzo, eccellenti provocatori mediatici della società del nulla, quella che tutti noi abitiamo, prima o poi dovranno arrendersi a questa evidenza. In queste ore la loro attenzione, per suscitare le morbose attenzioni del gentile pubblico non pagante dei social (persino qualche penoso insulto ai due giornalisti-scrittori che ovviamente non meritano e che reputiamo squallidi) è andata alla morte di Diego Armando Maradona. Ora non è il caso di parlare di siparietti o teatrini dell’informazione perchè Parenzo e Cruciani meritano rispetto, come ogni essere umano, anche quando pensiamo che sbagliano. Comunque, a prescindere, ecco che cosa hanno partorito nel corso della fortunata trasmissione di Radio 24, la Zanzara. Ad un certo punto, tra la morte di Diego Maradona e il Covid, hanno creato un link che ha motivo di esistere. Può la morte del campione essere un moltiplicatore del contagio? Sì, certamente. Ogni occasione di assembramento è una occasione di contagio. Che tu faccia assembramento per il funerale di Maradona o per chiacchierare al parco o perchè ti fermi fuori al bar con la scusa dell’’asporto’ del caffè, magari con la mascherina indossata come sciarpa o esibita come una borsetta, dai una chance al covid di trovare ‘ospiti’ da infettare. Ma veniamo alla chiacchierata tra Cruciani e Parenzo in diretta a Radio 24.

“Il Covid adesso è meno grave della morte di Maradona. All’improvviso la morte di Maradona surclassa il Covid come importanza mondiale” ha fatto notare, correttamente, Giuseppe Cruciani. In effetti le prime pagine di ogni media al mondo è per la morte del Diez, mica per la pandemia che fa decine di miglia di morti al giorno? L’assist per David Parenzo è di quelli che solo Maradona nel rettangolo verde avrebbe saputo farne migliori. “Senza nulla togliere alla morte di Maradona, un grandissimo campione del calcio, oggi ci sono anche altre notizie” ha replicato quest’ultimo, interrotto dal collega, fintamente seccato. “Ma dai, ma non ce ne frega un ca**o, sveliamo tutto, tu prima hai detto ‘perché emozionarsi così tanto per la morte di una singola persona? Muoiono 700/800mila persone al giorno, perché stracciarsi le vesti?’, me lo hai detto tu, ‘era anche un cocainomane’, mi hai detto tu ‘non si può piangere un cocainomane’”. Parenzo puntualizza “non l’ho mai detto. Ho detto ‘poverino, è stato un grande eroe nazionale nel quale si sono rispecchiate generazioni’, dopodiché che fosse un noto cocainomane non lo dico certo io”. “Senti che retorica – lo ha fintamente  incalzato Cruciani – intanto a Napoli si radunano vicino al murales, e chissà se faranno le multe. Le multe le faranno o no a Napoli secondo te? Devono farle o no?”. E Parenzo: “Certo che devono farle. Ma Maradona è stato un campione straordinario ok, dopodiché adesso c’è una piccola cosa che si chiama ‘pandemia’”. Ora, rispetto a questo siparietto, certamente ben preparato, sicuramente ben recitato dai due amici-giornalisti-scrittori, occorre porsi con molta serenità alcune domande. E occorre farlo senza essere sguaiati, senza insultare, senza ironizzare troppo e senza scendere sul piano inclinato della sceneggiata in cui è facile cacciarsi quando invece di azionare i neuroni si lascia spazio agli ormoni. E allora, cari David Parenzo e Giuseppe Cruciani, è sbagliato il modo, sono sbagliati i tempi, riuscite a creare cortine fumogene là dove sarebbe il caso di diradare le nebbie che annebbiano la tramontana di ognuno di noi per fare chiarezza sulla morte (che è una cosa seria, sempre) e sulla morte per covid (altra questione di capitale importanza).

Diego Maradona è stato un cocainomane? Non è una notizia. L’hanno scoperto. L’ha ammesso. È stato arrestato. Ha pagato un debito con la giustizia terrena enorme. Ha dilapidato un capitale umano ed economico immenso. Ed ha pagato i suoi errori saldando ogni debito. Che cos’altro avrebbe potuto o dovuto fare Diego Maradona dopo aver sprecato la sua vita con la cocaina? E che cosa avrebbe dovuto o potuto fare di più la giustizia che gli ha presentato il conto che lui ha saldato? Forse Parenzo e Cruciani conoscono un’altra pena per un cocainomane reo confesso? Che so, la fucilazione sul posto? O qualche altra forma di condanna a risarcire i danni? Basta dirlo! Alcuni ordinamenti giuridici di certi paesi prevedono ergastolo o pena di morte per l’uso della cocaina, non per il traffico! E allora, se pensiamo questo, diciamolo. Quanto ai napoletani da multare per assembramenti, embè sarebbe giusto multare gli assembramenti ovunque si facciano, a qualunque latitudine. A Napoli come a Bolzano. Sono norme. Il guaio è che certe norme dei DPCM anti-contagio non prevedono sanzioni ma paternali, qualche rimbrotto, un “tornatevene a casa per favore e non uscite più per fare assembramenti altrimenti vi facciamo tottò sul culetto ”. Ecco, cari Cruciani e Parenzo, la provocazione va bene, gli insulti beceri che qualche deprivato mentale vi fa è esecrabile, ma anche voi, provate a suscitare comportamenti decenti non alimentate sempre e solo la panza del Paese. E poi, senza scomodare Totò, che forse manco vi piace, provate a capire anche voi che “morire è tremendo, ma l’idea di morire senza aver vissuto è insopportabile”. Credo l’abbia detto Erich Fromm. Maradona ha vissuto ed è morto. E per quel che ha vissuto malamente, ha pagato. Lasciatelo in pace.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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