In attesa che Marcell Jacobs cominci il suo 2025 agonistico il 2 febbraio nel ‘New Balance Gran Prix’ di Boston e poi l’8 nei ‘Mellrose Games’ di New York (per entrambi i meeting diretta su Sky Sport), a volare sono i suoi ‘fratelli’. O sorelle. Che poi sarebbero ragazzi che guardano all’olimpionico di Tokyo come modello e punto di riferimento e nel frattempo sembrano piccoli figli del vento. E’ il caso di Kelly Ann Doualla, che a 15 anni non conosce sconfitte, infligge distacchi ‘alla Bolt’ alle coetanee e dice di voler vincere l’oro dei 100 ai Giochi di Los Angeles ’28. E’ un ‘fratellino’ di Jacobs anche Stephen Awuah Baffour, 21 anni, nato nel Lazio e residente in Inghilterra, che ieri ha corso i 60 in 6″61, sfiorando il minimo (6″60) per gli Euroindoor di inizio marzo in Olanda. Continuerà a spingere forte per regalarsi il sogno della maglia azzurra, intanto studia e lavora part time in un McDonald’s perché per lui l’atletica non è tutto, nel senso che non può ancora permettersi di dedicarcisi a tempo pieno.
E poi il lavoro, quello della gente comune, è anche maestro di vita. Sognano di battere Jacobs anche altri due italiani di ‘seconda generazione’, il vicentino Yassin Bandaogo, 21 anni appena compiuti, personale di 6″65 sui 60, studente modello oltre che sprinter, e un’autentica venerazione per Marcell, e soprattutto il comasco Chituru Ali, che ha già rappresentato l’Italia all’Olimpiade di Parigi. Rispetto agli altri è ‘vecchio’, perché ha già 25 anni, ma ha notevoli margini di miglioramento secondo chi lo conosce bene. Così ha deciso di fare come Jacobs: è andato a vivere e allenarsi in America, nel suo caso in California nel campus di Ucla a Los Angeles, dove a prenderlo sotto la sua ala sarà John Smith, 74 anni, uno degli allenatori storici del mondo dell’atletica, che ha fatto vincere tante medaglie a velocisti (in passato ha seguito campioni come Maurice Green, Ato Bolton e Maria José Perec) e specialisti degli ostacoli.
Con i quali sembra trovarsi a suo agio, parlando di grandi speranze azzurre, un’altra 15 enne come Doualla, quella Alessia Zucco che ha siglato il record italiano Under 18 dei 60 hs, con 8″19. Anche lei da tenere d’occhio, senza eccessi di pressione. In attesa che queste speranze si tramutino in certezze, c’è da seguire Jacobs, che il 2 febbraio a Boston tornerà a gareggiare su una pista indoor dopo quasi due anni: l’ultima volta fu agli Euroindoor di Istanbul ’23 quando, pur correndo in 6″50, fu preceduto per 2 centesimi dal carneade azzurro Samuele Ceccarelli, poi praticamente scomparso. Jacobs invece c’è, e a marzo vuole riprendersi il titolo continentale: “I miei obiettivi immediati per il 2025 includono una bella prestazione agli Europei in Olanda”, le sue parole dagli States.
Intanto c’è questo debutto stagionale da non perdere visto che a sfidarlo sui 60 metri a Boston sarà il suo successore nell’albo d’oro dei 100 delle Olimpiadi: Noah Lyles. Poi seconda uscita dell’anno nei ‘Millrose Games’ di New York, per un’altra sfida di altissimo livello, visto che avrà come rivali lo statunitense Trayvon Bromell, il britannico Zharnel Hughes e il giapponese Abdul Hakim Sani Brown, quest’ultimo suo compagno di allenamenti in Florida. Marcell è ottimista, dopo le vacanze alla Hawaii (“dove ti fanno pagare anche l’aria che respiri”) non vede l’ora di cominciare per capire a che punto si trova: “la scorsa stagione, nonostante i cambiamenti – ha spiegato -, sono tornato ai vertici e ho dato il meglio quando più contava, segno che i metodi di coach Reider fanno al caso mio. Ora devo consolidare il tutto. Non ho confermato l’oro olimpico, ma con quel 9″85 nei 100 più veloci della storia (la finale dei Giochi di Parigi ndr), sarei salito sul podio in tutte le precedenti Olimpiadi”. Così in attesa di sfidare i suoi ‘fratelli’ di maglia azzurra, che poi magari diventeranno i suoi eredi, corre contro i big di adesso, sognando il bis a Tokyo, questa volta a settembre e in chiave Mondiali. “I 100 metri sono diventati decisamente più competitivi dai Giochi di Tokyo in poi: la profondità del talento è incredibile, con tanti atleti capaci di correre sotto i 10 secondi. Ogni gara sembra una finale”. Ma per Jacobs è meglio così: se non sfida i migliori, non ci prova gusto.